Panorama

Franceschi­ni: «Noi Br eravamo nel torto e ci hanno anche manovrato»

I viaggi a Parigi di Moretti. Le avance del Mossad. I «nemici» della trattativa. Alberto Franceschi­ni, fondatore delle Brigate rosse, ripercorre una delle stagioni più controvers­e della storia italiana. La Balzerani? «Farebbe meglio a tacere». E ai giovan

- di Raffaella Fanelli

Le Brigate Rosse hanno sbagliato,

« mi sembra talmente chiaro. E ai ragazzi che oggi si chiedono il perché di tanta violenza, che cercano una spiegazion­e a episodi così gravi come il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, dico di fare cose diverse da quelle che ho fatto io, e persone come me, all’epoca». Alberto Franceschi­ni, co-fondatore e, insieme a Renato Curcio, capo storico delle Brigate Rosse, confessa che la lotta armata fu un errore. Che i brigatisti «sbagliaron­o». Lo ammette senza reticenze. A dispetto di chi ancora si aggrappa a un passato di sangue, di chi, come Barbara Balzerani o Raffaele Fiore, continua a provocare e a mentire trincerand­osi dietro al falso memoriale Morucci-Faranda. «Le persone fanno fatica a cambiare rispetto alle loro ragioni di vita. È difficile per questi ex compagni dichiarare di aver sbagliato. Anche se dovrebbe essere da persone intelligen­ti ammettere un errore palese come il nostro». Errore, sbaglio. Franceschi­ni lo ripete, con una voce ferma che ha la stessa aria di calma determinaz­ione che porta in

volto. Lo incontriam­o a Milano, in un giardino pubblico chiuso tra i palazzi di piazza Wagner. Gli chiedo di Barbara Balzerani, che non contenta del clamore suscitato da un suo post ironico sull’anniversar­io del sequestro Moro («Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?»), ha rincarato la dose con una battutacci­a sul «mestiere di vittima» che ha suscitato l’indignazio­ne dei familiari delle vittime, e non solo. «Farebbe bene a tacere», taglia corto Franceschi­ni, uomo spigoloso e riservato. Qui parla di quello ha visto e di quello che ha capito e sentito nei suoi anni di carcere. Quindi adesso condanna la lotta armata? Sì, assolutame­nte. Fiore, membro del commando che rapì Moro e uccise la scorta, disse che in via Fani c’erano persone che non conosceva... che erano altri a gestire. L’ho incontrato in carcere. Nel periodo in cui negava addirittur­a di aver partecipat­o all’agguato. Fu Patrizio Peci a tirarlo in ballo. Che al sequestro Moro abbiano partecipat­o altre persone è ormai assodato... Valerio Morucci e Mario Moretti avevano rapporti con «altri». Rapporti mai chiariti. Durante i 55 giorni di prigionia, Moro fu sottoposto a lunghi interrogat­ori da parte di Moretti. Chi preparò quelle domande? Moretti non aveva grandi doti di analisi politica e di scrittura. Andava spesso a Parigi, anche durante il sequestro Moro. Non è escluso che l’interrogat­orio sia stato preparato altrove. Moretti e Morucci hanno avuto un ruolo determinan­te nella vicenda Moro. Tra loro c’è stato un accordo sulle cose da dire. Non so se l’accordo c’è stato anche sulle cose da non dire. Ha mai incontrato Francesco Delfino (generale dei carabinier­i e ufficiale del Sismi) o Alessio Casimirri (l’unico brigatista del commando di via Fani che è ancora latitante, vive in Nicaragua)? No. Le Brigate rosse hanno mai avuto contatti con i servizi segreti italiani o stranieri? I servizi segreti israeliani ci hanno cercato nel ‘74. Ci furono due o tre incontri ma rifiutammo di avere rapporti stretti con loro, volevamo conservare la nostra autonomia. Ci avrebbero dato soldi e informazio­ni importanti. Ma abbiamo rifiutato. È probabile che abbiano cercato un nuovo aggancio dopo il mio arresto e quello di Renato ( Curcio, ndr). Cosa avrebbe dovuto fare lo Stato per salvare Moro? Liberare almeno una persona. In questo modo avrebbero messo in difficoltà i brigatisti... tanto che hanno fatto di tutto per non liberare nessuno. Bettino Craxi indicò a Benigno Zaccagnini i nomi di due detenuti da graziare, la brigatista Paola Besuschio e il nappista Alberto Buonoconto. Fu Giulio Andreotti a bocciare qualsiasi ipotesi di mediazione. Le Br avrebbero potuto sequestrar­e anche Andreotti... Perché presero Moro? Qualcun altro voleva Moro morto. Aldo Moro era pericoloso per una serie di soggetti... Il famoso lodo Moro dava fastidio a certe forze internazio­nali di destra. Per loro e anche per gli americani, Moro era pericoloso. E per eliminarlo si sono mosse una serie di pedine. Cioè lei crede che le Br da lei fondate siano state strumental­izzate? Certo. C’era qualcuno dietro, a muovere le fila... La nostra storia è durata 20 anni, e ha avuto una

serie di relazioni a livello europeo, impossibil­e che non sia stata monitorata da nostri Servizi e dai Servizi segreti europei. Il nostro gruppo era quello più radicato socialment­e e ci sono state operazioni diverse e di diverso tipo da parte di soggetti, diciamo così, extra istituzion­ali. Cosa intende per «operazioni»? Contatti. Per impedire l’omicidio di Moro sarebbe bastato liberare un detenuto. Anche lei era in carcere in quel periodo... Ero detenuto a Torino. Dall’esterno mi arrivarono dei messaggi attraverso gli avvocati e da altre persone che erano in contatto con i compagni fuori. Noi eravamo per la trattativa. E ci aspettavam­o anche una vendetta. Pensavamo che se avessero ammazzato Moro avrebbero ucciso anche noi in carcere. Lo ritenevamo molto probabile. C’erano già state le uccisioni dei compagni della Raf in Germania, in carcere a Stammheim ( alcuni capi della Raf si suicidaron­o il giorno dopo l’assassinio del presidente degli industrial­i tedeschi Hanns-Martin Schleyer in circostanz­e non del tutto chiare, ndr) e Ugo La Malfa lo diceva espressame­nte: con Moro morto lo Stato avrebbe dovuto restituire cadaveri. Perché le verità di Moro su Gladio, sui finanziame­nti della Cia alla Dc non furono rese pubbliche dai brigatisti? Hanno raccontato una loro verità di comodo, accettano di passare per ignoranti, di aver visto ma di non aver capito il valore di quelle dichiarazi­oni. Davanti ai magistrati si sono definiti dei cretini... ed è assurdo pensare che un evento tragico di tale portata che ha segnato la storia mondiale, e non solo di questo Paese, fosse in mano a dei cretini.

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I fondatori delle Brigate rosse: Alberto Franceschi­ni (a sinistra) con Renato Curcio.
 ??  ?? Alberto Franceschi­ni, 70 anni, fondatore delle Brigate rosse assieme a Renato Curcio. Arrestato nel ‘74 e condannato a oltre 60 anni di carcere (ma non per omicidio), nel 1982 si dissocia dalla lotta armata. Nel 1987 ottiene i primi permessi premio e...
Alberto Franceschi­ni, 70 anni, fondatore delle Brigate rosse assieme a Renato Curcio. Arrestato nel ‘74 e condannato a oltre 60 anni di carcere (ma non per omicidio), nel 1982 si dissocia dalla lotta armata. Nel 1987 ottiene i primi permessi premio e...
 ??  ?? Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, fotografat­o dai terroristi durante la prigionia. Rapito il 16 marzo 1978, venne ucciso il 9 maggio.
Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, fotografat­o dai terroristi durante la prigionia. Rapito il 16 marzo 1978, venne ucciso il 9 maggio.

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