L’Europa conta poco, i mercati di più
Il debito non cala, incombe l’aumento dell’Iva e la Commissione europea alza la voce sui conti pubblici italiani. Ma è inutile fare proclami bellicosi contro Bruxelles. Perché il giudizio che pesa davvero è quello dei capitali internazionali. E con loro n
Nessuno sa ancora con certezza chi, nei prossimi mesi sarà alla guida del governo. Non sappiamo se si tornerà al voto fra due mesi, fra un anno o alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023. Alcune cose, però, le sappiamo. La prima è che le due forze più populiste e ostili all’Europa, ossia Cinque stelle e Lega, hanno la maggioranza dei seggi in Parlamento, e circa il 50 per cento dei consensi nel Paese. La seconda cosa che sappiamo è che le autorità europee stanno perdendo un po’ la pazienza con l’Italia; il commissario agli Affari monetari Pierre Moscovici ha fatto notare che l’Italia non sta facendo alcuno sforzo per ridurre il deficit, nonostante gli impegni più volte sottoscritti dai suoi governi.
Non è tutto. Il Documento di economia e finanza (Def) è sostanzialmente vuoto, in attesa che si insedi un governo. L’inflazione non accenna a ripartire, con gravi effetti sulle prospettive del debito pubblico. Le previsioni di crescita, a dispetto dell’ottimismo euforico dei governi degli ultimi anni, ci collocano all’ultimo posto nella zona euro. Il rapporto debito/Pil è inchiodato al 132 per cento, e non ne vuol sapere di scendere. Come se non bastasse, le clausole di salvaguardia prevedono un aumento automatico dell’Iva, che nessuno ha ancora detto se e come potrà essere evitato. Sullo sfondo, poi, incombe la fine del Quantitative easing della Banca centrale europea che finora ci ha permesso di «comprare tempo», ma non può durare in eterno.
In queste condizioni, non ci vuole molta fantasia per immaginare che la pazienza delle autorità europee possa esaurirsi molto presto, forse già il 23 maggio, quando partiranno le «Raccomandazioni» ai Paesi membri, che la Commissione potrebbe accompagnare con un rapporto sul debito eccessivo. Qualcuno, fra gli autoproclamati vincitori di queste elezioni (Cinque stelle e Lega), forse incline a pensare che, nel caso l’Europa tiri le orecchie all’Italia e pretenda il varo di una manovra correttiva, basterà battere i pugni sul tavolo, e dire semplice- mente «no». Purtroppo non è così. Non tanto perché le autorità europee pazientano da anni, e il duo Renzi-Padoan ha già ottenuto (peraltro senza litigare) tutta la flessibilità possibile, quanto perché il vero problema dell’Italia non è l’Europa, ma sono i mercati finanziari. La grande crisi del 2011 proprio questo dovrebbe aver insegnato: le autorità europee non contano quasi nulla, l’umore dei mercati conta tantissimo.
Nel 2011 le autorità europee passarono, nel giro di pochissime settimane, dalle lodi alla politica economica del duo BerlusconiTremonti agli ultimatum all’Italia (ricordate la lettera della Bce?).
Che cos’era successo?
Semplicemente che i mercati finanziari fino alla primavera del 2010 erano stati in sonno, mentre a partire dall’estate si erano improvvisamente risvegliati, e per di più di pessimo umore. Ecco perché Di Maio e Salvini si illudono. Quando uno Stato membro dell’Unione vuol fare di testa sua, le autorità europee o abbozzano, o sono costrette a mostrare tutta la loro impotenza. Basta ricordare il penoso tentativo di punire l’Austria, che (nel 2000) aveva osato eleggere un governo nazional-liberale sostenuto dal partito (presunto) «fascista» di Joerg Haider, o i recenti infruttuosi tentativi di imporre la redistribuzione dei rifugiati fra i Paesi membri. Ma quando a fare di testa propria sono i mercati finanziari, le autorità europee alzano bandiera bianca e si adeguano.
L’unica occasione in cui questo non è avvenuto è stata nel luglio 2012, allorché, essendo a rischio a sopravvivenza dell’euro e non la salute di un singolo Paese, a Mario Draghi fu concesso di pronunciare il suo famoso «whatever it takes» che riuscì rapidamente a spegnere la speculazione.
Il problema dell’Italia è precisamente questo: se nei prossimi mesi, e specialmente in autunno quando dovrà essere varata la manovra finanziaria, i mercati si risvegliassero, non ci sarà benevolenza delle autorità europee che potrà proteggerci.