Così abbiamo cominciato a vestirci all’italiana
Dal ’68 al ’78 la sartoria si è trasformata in prêt-à-porter. Una mostra a Casa Zegna (Trivero) racconta questo straordinario decennio.
C’era una volta un prestigioso congresso mondiale di sarti che nel 1966, nelle sale del Palazzo Imperiale di Vienna, toccava l’apice della partecipazione. C’era una volta un ambito Festival della moda maschile che si teneva a Sanremo e che portava in passerella le creazioni sartoriali dei maggiori maestri internazionali. Il sarto era lo stilista e l’artigiano, lo stylist e il consigliere personale dei maschi. Ricchi e meno ricchi. Perché l’abito su misura era, quasi, per tutte le tasche. La differenza di costi dipendeva dai tessuti.
E tra i migliori fornitori di tessuti per dei sarti d’alta perizia c’era un marchio italiano, sinonimo di qualità e gran gusto: Ermenegildo Zegna. In quel di Trivero, in provincia di Biella, la vicenda personale di un uomo appassionato di telai, figlio di un orologiaio, si intreccia con la storia di un marchio e di una strategia imprenditoriale che, di generazione in generazione, è riuscita ad imporre lo stile italiano a livello globale. Snodo importante di tale strategia il passaggio dal tessuto all’abito pronto: i due figli di Ermenegildo, Angelo e Aldo Zegna, intuiscono la necessità di tradurre su scala seriale il savoir faire sartoriale. In fondo, i ritmi si sono velocizzati e i rituali delle prove dal sarto diventano estenuanti perdite di tempo.
Fino a quando l’abito maschile da artigianale diventa industriale, ma senza perdere in qualità. Fu così che nel 1968 Zegna esordì nelle confezioni con una propria linea di abbigliamento pronto. E proprio ai primi 10 anni di prêt-à-porter, dal ’68 al ’78 è dedicata la mostra Uomini all’italiana 1968 (6 maggio-28 ottobre) allestita a Casa Zegna, a Trivero. Un preciso racconto di come nasce un modello produttivo che ha creato il mito globale del gusto italiano.