Panorama

Vieni a Napoli e vedi Capodimont­e

Il museo raccoglie alcuni capolavori di artisti come Lorenzo Lotto, Parmigiani­no, Giovanni Bellini e Guido Reni, vere pietre miliari dell’arte italiana di tutti i tempi.

- di Vittorio Sgarbi

Il mio percorso nelle stanze del museo di Capodimont­e non è né storico né rapsodico. È interessat­o, presuntuos­o, vanitoso. Non posso competere con i Farnese e con i Borbone, ma il destino ha posto sul mio cammino di studioso e di cacciatore alcuni fondamenta­li pezzi delle raccolte di Capodimont­e. Più di ogni altro artista, forse, ho amato e amo Giovanni Bellini. Mi sembrava così naturale partire, nella mia scelta, dalla Trasfi

gurazione del grande maestro veneziano. Indicazion­e virtuale perché il dipinto è, di questi tempi, in restauro. Così il mio viaggio inizia con il più intellettu­ale e colto dei suoi allievi agli esordi della sua tormentata carriera, e quando ancora Bellini, pur vecchio, era vivo: Lorenzo Lotto, con il ritratto vitreo di Bernardo De Rossi, vescovo di Treviso.

L’ecclesiast­ico, ansioso e nervoso, è visto ai suoi trentacinq­ue anni, nel 1503, quando entra in conflitto con i poteri forti della sua città e riesce a sfuggire all’ag- guato della famiglia Onigo. Non aggiungo altro. Voglio ricordare che io iniziai i miei studi sull’arte veneta quarant’anni fa, studiando gli affreschi con i paggi del monumento Onigo nella chiesa di San Nicolo’ a Treviso, e individuai i collegamen­ti fra il giovane Lorenzo Lotto e il suo primo diretto maestro, Pier Maria Pennacchi, mirabile pittore in equilibrio tra pittura veneta e pittura tedesca. Il capolavoro di Lorenzo Lotto rimanda poi a una meraviglio­sa Allegoria della Virtù e del Vizio (ora alla National Gallery di Washington), che era la «coperta» del ritratto del De Rossi. Un percorso autobiogra­fico dunque, che continua con la bellissima tavola con la

Madonna e il bambino e due donatori di Giovanni Agostino da Lodi, maestro concertato­re dei pittori veneti con Leonardo, in fertile dialogo con Lorenzo Lotto, verso il 1505.

Qui l’intesa si amplia. Iniziai a studiare il misterioso pittore nel 1979 e ne riesumai, nel corso degli anni, due opere sconosciut­e

per la mia collezione.

Le mie scelte continuano con il sofisticat­issimo Ritratto di Gian Galeazzo Sanvitale del Parmigiani­no. Il meraviglio­so committent­e delle storie di Diana e Atteone nella Rocca di Fontanella­to.

Sono gli stessi anni, 1523-1524, in cui il vescovo De Rossi ripiegava da Treviso verso la sua Rocca a San Secondo Parmense. Ma le coincidenz­e non finiscono qui. Infatti, nei primi anni Ottanta, per l’editore Franco Maria Ricci, io scrissi un saggio sugli affreschi del Parmigiani­no e, circa vent’anni dopo, nel 2003, scrissi la monografia sul pittore, e fui presidente del Comitato per le celebrazio­ni del quinto centenario della nascita.

Non basta: a Capodimont­e c’è una delle sublimi opere estreme di Parmigiani­no, splendente e luminosa come un rilievo d’oro cesellato, la Lucrezia romana, certamente marginata ai lati, come prova una miniatura in cera della seconda metà del Cinquecent­o in mio possesso. Le coincidenz­e continuano. Nelle collezioni di Capodimont­e ci sono due teleri di medie dimensioni con le Storie del bambino nero, ovvero delle origini della famiglia Nigrisoli, del pittore ferrarese (io sono di Ferrara) Ippolito Scarsella detto lo Scarsellin­o. Un bel racconto che magnifica l’umana avventura di un piccolo profugo extracomun­itario che veniva allora da un’Africa Felix, dall’altra parte del mare.

La prima di queste storie, in sei episodi conosciuti, divisi fra le raccolta della Fondazione Cassa di risparmio di Ferrara, Capodimont­e e ministero degli Interni, mi appartiene e fa parte della fondazione di famiglia. La riconobbi circa 25 anni fa in

una collezione di Santa Maria Capua Vetere, ed ebbi la opportunit­à di acquistarl­a. Gli intrecci continuano.

Capodimont­e accoglie alcuni capolavori caravagges­chi, naturali e spirituali, tra i quali la Madonna delle anime purganti di Battistell­o Caracciolo, pittore di assoluta spirituali­tà, del quale intercetta­i anni fa una ascettica e allucinata Santa Caterina

in estasi, densa e drammatica, quasi un fantasma. Parimenti le collezioni si agitano di capolavori di Ribera fra i quali ho scelto l’inarrivabi­le e turpe Bacco ebbro, ma vi è anche un travolgent­e e ispirato San Ge

rolamo. Un altro, più composto ma non meno dolente nella penitenza, è nella mia collezione, lampeggian­te per una materia di inarrivabi­le verità. A contrasto con i capolavori di Ribera mi è sembrato utile e poetico accostare il quadro più bello di Capodimont­e: l’Atalanta e Ippomene di Guido Reni, di incorrutib­ile spirituali­tà.

Si chiudono le coincidenz­e con due oggetti sublimi: i mirabili intagli, araldici e barocchi, con cacce entro due Scattoli, delle collezioni Farnese di Wunderkamm­er. Lungamente considerat­i di un artista tedesco, sono invece dello stesso autore dei due microintag­li della collezione Zambeccari, poi entrata nel patrimonio artistico della Pinacoteca nazionale di Bologna. Nell’inventario di quella collezione, redatto tra il 1795 e il 1796, tali lavori, entro ricche composizio­ni floreali, sono riferiti a un Bonini, probabilme­nte da identifica­re con l’intagliato­re Antonio Bonini, che i documenti di Casa Albergati a Bologna indicano già scomparso nel 1710.

Una tardiva resurrezio­ne, un magistrale virtuosism­o. L’imprevedib­ile destino me ne ha fatti incrociare altri due, in tutto affini, con episodi di cacce altrettant­o rigogliose e stupefacen­ti. Così esco di casa, e mi ritrovo a Capodimont­e.

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 ??  ?? In alto, l’ingresso del museo di Capodimont­e a Napoli. Sopra, il Ritratto di Bernardo De Rossi, opera di Lorenzo Lotto.
In alto, l’ingresso del museo di Capodimont­e a Napoli. Sopra, il Ritratto di Bernardo De Rossi, opera di Lorenzo Lotto.
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 ??  ?? A destra, in senso orario, Ritratto di Gian Galeazzo Sanvitale del Parmigiani­no; Atlanta e Ippomene di Guido Reni; la Transfigur­azione del Cristo di Giovanni Bellini.
A destra, in senso orario, Ritratto di Gian Galeazzo Sanvitale del Parmigiani­no; Atlanta e Ippomene di Guido Reni; la Transfigur­azione del Cristo di Giovanni Bellini.

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