Ad Agrigento i rifiuti puzzano di bruciato
Un’ordinanza regionale. Lo sciopero selvaggio dei netturbini. E l’ombra della mafia sulle discariche. Nella provincia dei Templi è emergenza-spazzatura nel pieno della stagione turistica. E i magistrati...
E alla fine arrivò la magistratura. Per dirimere la complessa serie di circostanze che ha portato la provincia di Agrigento ad affrontare una drammatica emergenza rifiuti, la Procura della città dei Templi ha aperto un’indagine «a tutto campo» per individuare i responsabili di una crisi senza precedenti. Crisi che sta ammorbando la vita ai residenti e ai tanti turisti che nella bella stagione s’affacciano (o si avventurano) da queste parti.
A Porto Empedocle si è arrivati addirittura a un’azione dimostrativa clamorosa. In località Lanterna i residenti hanno ammassato rifiuti giacenti ormai da 16 giorni in via Trento, fino a creare una collina che ha bloccato l’accesso al centro storico. Una criticità superata soltanto dopo l’intervento delle forze dell’ordine. Invece ad Agrigento-città persino l’area immediatamente circostante l’ospedale San Giovanni di Dio, in contrada Consolida, è stata sommersa da un migliaio di sacchetti di rifiuti della peggiore specie.
Intanto la cittadinanza è divisa. Per esempio, sempre ad Agrigento, dai social è partito il movimento «AdessoBasta», in dissenso con una raccolta differenziata considerata insufficiente e dannosa. Viceversa, le associazioni ambientaliste, capitanate da Legambiente, chiedono che il porta a porta venga non solo mantenuto ma addirittura rafforzato, e in maniera decisa.
Quanto all’inchiesta della magistratura - annunciata sulle pagine de La Sicilia e indotta anche dalle denunce di Ida Carmina e Calogero Filetto, rispettivamente sindaci di Porto Empedocle e Agrigento - sta facendo tremare parecchie persone. Il procuratore Luigi Patronaggio è concentrato su tre filoni paralleli e convergenti. Il primo mira a individuare mandanti, esecutori e complici dei numerosi reati ambientali commessi sul territorio provinciale dai cosiddetti «inquinatori di prossimità». Il secondo riguarda lo sciopero selvaggio dei netturbini, giustificato con il mancato pagamento degli straordinari, protrattosi per ben due settimane e per il quale si ipotizza il reato di interruzione di pubblico servizio. Il terzo filone, quello più delicato, punta a verificare la correttezza delle concessioni per la raccolta dei rifiuti e del loro esercizio da parte delle ditte appaltatrici, anche rispetto ai rapporti con i gestori delle discariche. Dove convergono i tre filoni? Dalla Procura non filtra nulla di ufficiale. Tuttavia, a Panorama risulta che l’indagine partirebbe da un’ipotesi investigativa molto seria.
I fatti. Sull’isola la gran parte delle discariche sono sature oppure prive dei requisiti minimi per abbancare i rifiuti, mentre la raccolta differenziata è a livelli molto bassi (al momento la media è intorno al 28 per cento, ma in molte città, soprattutto quelle più popolose, si è anche sotto il 15). Perciò, invece di aprire nuovi sversatoi per i rifiuti, il 7 giugno 2018 il governatore Nello Musumeci ha emanato un’ordinanza assai scomoda per i tradizionali gestori dei rifiuti locali. L’ordinanza prevede che entro la fine di giugno vengano attivati i singoli piani comunali per aumentare la raccolta differenziata e puntare all’obiettivo del 65 per cento. Ma già entro fine luglio 2018 i Comuni non potranno conferire in discarica più del 70 per cento dei rifiuti prodotti; per intenderci: hanno meno di un mese per raggiungere il 30 per cento di differenziata. Chi non ci riesce, o verrà commissariato alla fine di luglio oppure dovrà sottoscrivere un contratto per il conferimento dei rifiuti fuori regione e farne pagare le conseguenze economiche (vedi tasse locali) ai residenti.
Alcuni sindaci e amministratori locali sono critici verso la scelta del governatore, anzitutto per i tempi repentini imposti e la scarsità di risorse economiche, dovuta anche all’incapacità (o volontarietà) degli enti locali a riscuotere le tasse. Infatti, a livello nazionale, i sindaci incassano mediamente il 69,7 per cento dei tributi locali accertati. In Sicilia la percentuale scende al 55,8. Tale differenza di 13,9 punti percentuale vale 593 milioni in meno.
La Procura vuole vederci chiaro: aperta un’indagine «a tutto campo»
Tuttavia, non c’è dubbio che la decisione, drastica, di Musumeci, abbia irritato soprattutto i proprietari delle discariche siciliane, talvolta (non sempre) in odore di mafia. E la mafia cosa fa quando è in difficoltà? Scatena il caos, in questo caso il caos-rifiuti.
Chissà. Magari l’ipotesi non riguarda in modo specifico la provincia di Agrigento - lo stabiliranno eventualmente i magistrati che indagano anche in questa direzione - però è di sicuro sospetto che episodi simili di emergenza stiano verificandosi a macchia di leopardo in tutta la Sicilia. Al punto che pure le varie Direzioni distrettuali antimafia starebbero interessandosi alla faccenda. Anche per stabilire se c’è un nesso affaristico tra certi proprietari di discariche, alcuni scioperi a oltranza, certe ditte appaltatrici e gli inquinatori di prossimità. Improvvisamente moltiplicatisi dopo la delibera di Musumeci, guarda un po’ il caso.
Emergenza ad Agrigento, dove i sacchetti di immondizia hanno invaso le strade frequentate anche dai vacanzieri.