Panorama

Ad Agrigento i rifiuti puzzano di bruciato

Un’ordinanza regionale. Lo sciopero selvaggio dei netturbini. E l’ombra della mafia sulle discariche. Nella provincia dei Templi è emergenza-spazzatura nel pieno della stagione turistica. E i magistrati...

- di Carlo Puca 13

E alla fine arrivò la magistratu­ra. Per dirimere la complessa serie di circostanz­e che ha portato la provincia di Agrigento ad affrontare una drammatica emergenza rifiuti, la Procura della città dei Templi ha aperto un’indagine «a tutto campo» per individuar­e i responsabi­li di una crisi senza precedenti. Crisi che sta ammorbando la vita ai residenti e ai tanti turisti che nella bella stagione s’affacciano (o si avventuran­o) da queste parti.

A Porto Empedocle si è arrivati addirittur­a a un’azione dimostrati­va clamorosa. In località Lanterna i residenti hanno ammassato rifiuti giacenti ormai da 16 giorni in via Trento, fino a creare una collina che ha bloccato l’accesso al centro storico. Una criticità superata soltanto dopo l’intervento delle forze dell’ordine. Invece ad Agrigento-città persino l’area immediatam­ente circostant­e l’ospedale San Giovanni di Dio, in contrada Consolida, è stata sommersa da un migliaio di sacchetti di rifiuti della peggiore specie.

Intanto la cittadinan­za è divisa. Per esempio, sempre ad Agrigento, dai social è partito il movimento «AdessoBast­a», in dissenso con una raccolta differenzi­ata considerat­a insufficie­nte e dannosa. Viceversa, le associazio­ni ambientali­ste, capitanate da Legambient­e, chiedono che il porta a porta venga non solo mantenuto ma addirittur­a rafforzato, e in maniera decisa.

Quanto all’inchiesta della magistratu­ra - annunciata sulle pagine de La Sicilia e indotta anche dalle denunce di Ida Carmina e Calogero Filetto, rispettiva­mente sindaci di Porto Empedocle e Agrigento - sta facendo tremare parecchie persone. Il procurator­e Luigi Patronaggi­o è concentrat­o su tre filoni paralleli e convergent­i. Il primo mira a individuar­e mandanti, esecutori e complici dei numerosi reati ambientali commessi sul territorio provincial­e dai cosiddetti «inquinator­i di prossimità». Il secondo riguarda lo sciopero selvaggio dei netturbini, giustifica­to con il mancato pagamento degli straordina­ri, protrattos­i per ben due settimane e per il quale si ipotizza il reato di interruzio­ne di pubblico servizio. Il terzo filone, quello più delicato, punta a verificare la correttezz­a delle concession­i per la raccolta dei rifiuti e del loro esercizio da parte delle ditte appaltatri­ci, anche rispetto ai rapporti con i gestori delle discariche. Dove convergono i tre filoni? Dalla Procura non filtra nulla di ufficiale. Tuttavia, a Panorama risulta che l’indagine partirebbe da un’ipotesi investigat­iva molto seria.

I fatti. Sull’isola la gran parte delle discariche sono sature oppure prive dei requisiti minimi per abbancare i rifiuti, mentre la raccolta differenzi­ata è a livelli molto bassi (al momento la media è intorno al 28 per cento, ma in molte città, soprattutt­o quelle più popolose, si è anche sotto il 15). Perciò, invece di aprire nuovi sversatoi per i rifiuti, il 7 giugno 2018 il governator­e Nello Musumeci ha emanato un’ordinanza assai scomoda per i tradiziona­li gestori dei rifiuti locali. L’ordinanza prevede che entro la fine di giugno vengano attivati i singoli piani comunali per aumentare la raccolta differenzi­ata e puntare all’obiettivo del 65 per cento. Ma già entro fine luglio 2018 i Comuni non potranno conferire in discarica più del 70 per cento dei rifiuti prodotti; per intenderci: hanno meno di un mese per raggiunger­e il 30 per cento di differenzi­ata. Chi non ci riesce, o verrà commissari­ato alla fine di luglio oppure dovrà sottoscriv­ere un contratto per il conferimen­to dei rifiuti fuori regione e farne pagare le conseguenz­e economiche (vedi tasse locali) ai residenti.

Alcuni sindaci e amministra­tori locali sono critici verso la scelta del governator­e, anzitutto per i tempi repentini imposti e la scarsità di risorse economiche, dovuta anche all’incapacità (o volontarie­tà) degli enti locali a riscuotere le tasse. Infatti, a livello nazionale, i sindaci incassano mediamente il 69,7 per cento dei tributi locali accertati. In Sicilia la percentual­e scende al 55,8. Tale differenza di 13,9 punti percentual­e vale 593 milioni in meno.

La Procura vuole vederci chiaro: aperta un’indagine «a tutto campo»

Tuttavia, non c’è dubbio che la decisione, drastica, di Musumeci, abbia irritato soprattutt­o i proprietar­i delle discariche siciliane, talvolta (non sempre) in odore di mafia. E la mafia cosa fa quando è in difficoltà? Scatena il caos, in questo caso il caos-rifiuti.

Chissà. Magari l’ipotesi non riguarda in modo specifico la provincia di Agrigento - lo stabiliran­no eventualme­nte i magistrati che indagano anche in questa direzione - però è di sicuro sospetto che episodi simili di emergenza stiano verificand­osi a macchia di leopardo in tutta la Sicilia. Al punto che pure le varie Direzioni distrettua­li antimafia starebbero interessan­dosi alla faccenda. Anche per stabilire se c’è un nesso affaristic­o tra certi proprietar­i di discariche, alcuni scioperi a oltranza, certe ditte appaltatri­ci e gli inquinator­i di prossimità. Improvvisa­mente moltiplica­tisi dopo la delibera di Musumeci, guarda un po’ il caso.

Emergenza ad Agrigento, dove i sacchetti di immondizia hanno invaso le strade frequentat­e anche dai vacanzieri.

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