Benoît Gouez. Cantina con vista
Creando champagne, Benoît Gouez ha affinato il suo gusto per l'eleganza. Fatta di ristoranti giapponesi, blazer blu e vacanze avventurose in Sudafrica.
Il suo volto è stato spesso paragonato a quello di Richard Gere ma, somiglianze fisiche a parte, il suo alter ego cinematografico più calzante è Russell Crowe nei panni dell'irresistibile vignaiolo di Un'ottima annata. Se il film del 2006 era ambientato tra i vitigni della Provenza, il regno di Benoît Gouez è invece a Epernay, nello Champagne, dove da 13 anni è chef de cave, maestro di cantina, di Moët & Chandon: colui che assaggia, seleziona e bilancia i campioni che danno vita ai 28 milioni di bottiglie prodotte ogni anno dall'azienda. Puntando a riprodurre, nonostante la diversità di maturità e aroma delle varie vendemmie, lo stesso gusto che le rende riconoscibili nel mondo. Un sacerdote dello champagne, insomma, anche se Gouez, cresciuto in Normandia e approdato a Epernay dopo aver lavorato tra i vigneti di California, Australia e Nuova Zelanda, si definisce più modestamente un «guardiano del carattere e dello spirito di Moët & Chandon». Quanto tempo le serve per creare un nuovo champagne? Per dare vita a una bottiglia di Moët Imperial, la bandiera della nostra azienda, sono necessari circa tre anni, per champagne innovativi come il MCIII ne servono anche 15, tra ricerca, sviluppo e maturazione nelle cantine di Epernay. Il tempo è il lusso dello champagne. E la sua idea di lusso qual è? Anche la mia è legata al potermi concedere del tempo. Uno dei miei lussi preferiti è il relax estivo notturno nel giardino della mia casa di campagna, immerso nella vasca idromassaggio a contemplare la natura e il cielo stellato dello Champagne. Ha lavorato un po' in tutto il mondo, qual è la città dove si sente più a suo agio? A Sydney, per la sua vicinanza all'Oceano e alla natura selvaggia. E per il suo stile di vita rilassato ma allo stesso tempo sofisticato. Dove ha trascorso la sua vacanza da incorniciare? La migliore è sempre l'ultima. In Sudafrica, un
Paese che si è molto evoluto recentemente. Ho guidato intorno alla regione di Cape Town, scoprendo straordinari paesaggi mozzafiato. Anche i vini locali stanno migliorando parecchio.
L'hotel dove le piace svegliarsi?
Il Raffles, a Singapore. Inaugurato nel 1887, è uno dei pochi grandi alberghi del secolo scorso ancora molto attraenti. Ci hanno dormito in tanti, da Joseph Conrad a Ava Gardner. Il suo stile coloniale va a braccetto con un'opulenza esotica.
Dove consiglierebbe di andare a cena, invece?
Al Pavillon Ledoyen di Parigi, dallo chef Yannick Alleno, tre stelle Michelin e ambasciatore Moet & Chandon. E, a Tokio, Da RyuGin, tre stelle Michelin. Lo chef Seiji Yamamoto è un vero maestro della cucina Kaiseki.
Quando è a casa qual è il suo piatto preferito?
L'aragosta blu della Bretagna, la mia regione. Non per niente mio nonno era un pescatore di aragoste. La mia famiglia non ha mai avuto niente a che fare con il mondo dei vitigni, mi considero un autodidatta dello champagne.
Però anziché un rude pescatore lei è diventato un enologo molto elegante. Per il suo look su cosa punta?
Rinuncio raramente alla giacca blu sartoriale. È sempre nella mia valigia, per i viaggi di lavoro e di piacere.
La sua vita è immersa negli aromi dello champagne, qual è invece il suo profumo?
Dior homme, un classico dell'eleganza.
La lettura è una fonte di ispirazione?
È soprattutto un arricchimento dei miei viaggi, divoro romanzi quando sono in vacanza. Recentemente ho scoperto uno scrittore parigino che mi piace molto, Franck Courtès. Ho finito da poco di leggere il suo Sur une majeure partie de la
France e ho appena iniziato La dernière photo, basato sulla sua precedente vita da fotografo.
Essere esteticamente accostato a Richard Gere la lusinga o la imbarazza?
Ovviamente mi lusinga, Gere è anche molto carismatico. Mi paragonano anche a Robert De Niro. Ma il mio preferito è un altro, l'attore neozelandese Sam Neill.