Panorama

Per il Pd il rischio è fare la fine dei socialisti francesi

- di Augusto Minzolini

Forse il Partito democratic­o doveva perdere Siena, Pisa e mezza Toscana per capire che il suo problema non è Matteo Renzi. O, comunque, che non origina solo da lì.

Questa volta, infatti, al posto del «bomba» sono scesi in campo dall’ex premier Paolo Gentiloni, il nome scelto per la ricomposiz­ione della sinistra, a Walter Veltroni, per rifarsi alla storia gloriosa del partito, ma le cose, se possibile, sono andate anche peggio che nelle ultime politiche. Una batosta che preannunci­a, se non ci sarà un cambiament­o in tempi brevi, la fine dell’epopea delle cosiddette regioni rosse, territori in cui i discendent­i del Pci si erano fatti addirittur­a Stato (da qualche mese diversi sondaggi danno, sembra incredibil­e, anche l’Emilia per persa). Quel mondo è tramontato.

Nella società

liquida di oggi non ci sono situazioni che ti garantisca­no rendite di posizione. «Qui» è l’analisi severa dell’ex ministro Carlo Calenda «bisogna ricomincia­re da zero, altrimenti ci estinguiam­o». E già, la questione non riguarda solo il profilo del gruppo dirigente, anche se è inutile nasconders­i che la leadership di Maurizio Martina è fragile, per non dire inesistent­e. I limiti del Pd di oggi riguardano le culture che interpreta, ormai in affanno rispetto ai mondi che ha sempre rappresent­ato: se la Lega di oggi, che con la cura Salvini è diventata la nuova destra italiana, riesce a sfondare nelle regioni rosse, significa che qualcosa di profondo non va, che il Pd non riesce più a interpreta­re il suo popolo, magari, addirittur­a, non lo capisce proprio.

Per esempio, sulla politica dell’immigrazio­ne, le scelte fatte dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti (che ventilò anche la chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong) e ora rivendicat­e in parte dal gruppo dirigente del Pd, furono contestate non poco da diversi esponenti del partito. E pensare che il maggior appeal esercitato dalla Lega su quello che una volta era l’elettorato del Pd è stato proprio su questi temi, che fino a qualche anno fa la cultura ufficiale della sinistra considerav­a tabù. Il Pd deve aggiornars­i: si possono contestare le misure con cui Matteo Salvini vuole affrontare il problema dell’immigrazio­ne, ma non si può ancora dire che il problema non esiste, che magari è esagerato, facendo il verso al presidente francese Emmanuel Macron. Se si ragiona in questo modo, viene meno non solo la possibilit­à di convincere quell’elettorato, ma per certi versi anche di dialogare con esso. Usare il vocabolari­o di personaggi come Roberto Saviano, Michele Santoro, per dirla tutta, in questo momento è assolutame­nte funzionale a Salvini e alle sue politiche.

«Il nostro limite» si è lamentato lo stesso Renzi con i suoi, «è che nel Pd c’è ancora chi non lo capisce. Io avrò fatto pure degli errori, ma una parte del gruppo dirigente del partito è fuori dal mondo». Ora bisogna vedere se queste due realtà - cioè, chi vive l’oggi e chi, appunto, vive fuori dal mondo - possono ancora convivere, oppure no. Renzi - a parte le smentite di rito - continua a coltivare l’ipotesi di un suo partito (e, a scanso di brutte sorprese, comincia a organizzar­lo: alla fine deciderà se sarà un nuovo soggetto politico o una corrente del Pd). Ma i numeri sempre più esigui dell’area elettorale del partito democratic­o potrebbero consigliar­e anche uno sforzo comune. Semprechè il tenere tutto insieme non condanni l’intero partito all’immobilism­o.

Non sia, in poche parole, l’anticamera al drammatico epilogo del Partito socialista francese,

quasi sparito tra un’elezione e l’altra. Anche perché nei prossimi mesi le contraddiz­ioni che minano l’attuale coalizione di governo - una Lega vincente e un movimento grillino inesistent­e - potrebbero venire alla luce. A quel punto bisognerà vedere se l’ immagine rassicuran­te di Gentiloni sarà capace di catalizzar­e i delusi di «sinistra» dei 5 Stelle. O se sarà necessario un riferiment­o più forte, come Calenda o di nuovo Renzi. O addirittur­a un ticket che soddisfi entrambe le esigenze. Per un’operazione del genere c’è bisogno, però, che tutte le anime del partito rimettano i piedi per terra e non restino fuori dal mondo.

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