O di qua o di là: così ci si scopre diversi da quel che si era
Destra, sinistra, centro: con la valanga gialloverde è saltata ogni categoria politica a cui eravamo abituati. Ecco che attori, intellettuali, opinion maker che fino a ieri ci rassicuravano con i loro ruoli e valori, all’improvviso ribaltano lo schema con
Nasce il governo Gialloverde - comunque la pensiate - e saltano tutte le geometrie e le coordinate, sia per chi lo ama che per chi lo odia: vanno in crisi le categorie classiche, le classificazioni storiche tra destra e sinistra, tra Nord e Sud, gli automatismi dati, le solidarietà più antiche e le inimicizie più recenti. Giuliano Ferrara abbandona il suo garantismo indefesso degli ultimi anni per auspicare provocatoriamente «arresti» a Roma dopo lo scandalo dello stadio, i democratici occhieggiano ai berlusconiani e scoprono motivi di sintonia sorprendente e profonda, uomini di storia confindustriale come Carlo Calenda invocano solidarietà operaie, bandiere di sinistra e «fronterepubblicano». Nulla è più come sembra, nulla è più com’era, nulla è come dovrebbe essere. E uno come Stefano Fassina sostiene, dalla sinistra radicale, la politica economica di un governo sovranista a egemonia leghista suscitando scandalo («Alcuni compagni applaudono» racconta «ma molti dicono che mi vorrebbero linciare!»).
Come sempre, quando si arriva al
cambio di stagione, come per i «sacchi di sabbia/vicino alla finestra» con cui Lucio Dalla raccontò in un verso l’angoscia degli anni di piombo (mentre ancora ci eravamo dentro, con mani e piedi), come per il Nuntareggae più con cui Rino Gaetano intuiva la fine della Prima Repubblica (nel lontano 1978). Proprio come per il Sabato
italiano con cui Sergio Caputo raccontò la «Milano da bere» degli anni Ottanta (prima ancora che qualcuno inventasse la categoria), esattamente come per la
Povera Patria di Franco Battiato che divenne l’inno dell’Italia civile durante la stagione di Mani pulite (pur essendo stata composta prima), come sempre, c’è una canzonetta che anticipa con leggerezza profetica e versi icastici il respiro di una nuova stagione. Tra gli accordi ragtime e le chitarre elettriche di Ligabue, ancora non lo sapevamo, si nascondeva il segno della premonizione: «G come giungla/ La notte comunque si allunga/ Le regole sono saltate/ Le favole sono dimenticate».
Per gli archivi delle redazioni, il vecchio racconto e i vecchi schemi i si sono infranti in modo visibile e plateale, e, quando un attore indubbiamente e storicamente icamente di sinistra come Claudio Amendola ola se n’è andato ospite a L’aria che tira, , su La7, dichiarando: «Salvini è il miglior r politico degli ultimi venti anni». Il volto simbolo mbolo dei Cesaroni, ovviamente non voleva va voltare gabbana, come cercò di insinuare e qualcuno a caldo, ma spiegare perché il leader della Lega era entrato in sintonia ia (a suo avviso) con i ceti più popolari un tempo vicini al Pci. Una volta subissato di insulti, soprattutto sui social, Amendola la invece di recedere, ci aveva messo il carico: rico: «Ho detto degli ultimi venti anni? Mi sbagliavo. bagliavo. Avrei dovuto dire degli ultimi trenta». enta».
E di nuovo accordi di piano ragtime e chitarre elettriche per raccontare re la sinistra che infrange il politicamente e corretto - G-come-giungla - quando meno no di un mese dopo, Riccardo Scamarcio, , altro attore da sempre vendoliano, ribelle, le, vicino a Rifondazione e amico degli immigrati, mmigrati, prende parola pubblicamente e stupisce tutti. Scamarcio parla durante l’odissea della nave Aquarius, proprio quando ndo intellettuali e militanti mettono sul banco nco degli imputati Matteo Salvini, proprio o quando L’Espresso titola in copertina Uomini mini e No (dove il No, non umano vittoriniano, ano, si riferisce al segretario della Lega). Scamarcio camarcio va ospite a Un giorno da Pecora. E anche lui stupisce: «Le regole sono saltate. Non sono assolutamente d’accordo con chi hi semplifica dicendo che questo sia un governo
razzista». E ancora, reincarando la dose: «A tutti i pensatori di sinistra che si fanno abbindolare dalla stampa “mainstream” dico che all’interno di questo governo ci sono persone che hanno sempre votato a sinistra, che sono degli intellettuali, che si sono candidati con la Lega e con i M5s». Ma allora questo non è un governo di destra? Gli chiedono Geppi Cucciari e Giorgio Lauro: «No, questo è un governo che ingloba, nel senso più nobile del termine, una larga parte del pensiero nazionalista». Un direttore come Pietro Senaldi, spiega la posizione inedita di Libero, sia pro che contro il governo con una battuta e un sorriso: «Che c’è di strano? Le cose brutte le fa il M5s, quelle belle la Lega».
Le regole sono davvero saltate, ai mi
crofoni dei programmi radiofonici, dove ogni giorno va in onda lo spiazzamento degli ascoltatori. Come mi capita quando apriamo lo spazio di 24mattino alle telefonate in diretta, raccogliendo pareri che lasciano a bocca aperta. Sorpresa numero uno, a caldo, il giorno dopo il voto. Sondaggio sul Twitter del programma il giorno dopo le politiche: «Siete favorevoli a un governo gialloverde?». Il 67 per cento dice di sì, con telefonate dal Sud: «Sono le due forze nuove, devono governare insieme». E i napoletani puzzoni? E il sovranismo filo-borbonico? E il Nord antimeridionale? Tutto dissolto nella nuova narrazione, le favole sono dimenticate.
Sorpresa numero due, nel pieno della polemica sui porti chiusi: «Buongiorno, sono pugliese, voto da sempre Pd, e non smetterò mai di votare Pd. Però devo dirvi che oggi, sulla vicenda della nave Aquarius sono d’accordo con Salvini. Se si tratta di riequilibrare i rapporti di forza in Europa, a me va bene». Alè.
Per un movimento parallelo e contrario, nella comune trincea dell’opposizione si moltiplicano i contatti tra la destra e la
sinistra di un tempo. Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato, ha raccontato la sua storica diversità in famiglia con grande autoironia, quando riferiva che accompagnando a votare il suo compagno Alessandro De Angelis, aveva scoperto che lui (bersaniano doc), non la votava: «Sono i momenti in cui» sorrideva la senatrice azzurra «capisci di aver fallito sul piano umano». Ma adesso i riformisti di destra e di sinistra fanno muro contro i gialloverdi, e la famiglia De Angelis-Bernini torna a stringersi nella solidarietà comune a Sergio Mattarella (il giorno della minaccia di impeachement da parte di Luigi Di Maio): «La denuncia a Mattarella» dice De Angelis, vicedirettore di Huffington post a CartaBianca «è una fesseria colossale».
Ma già la denuncia al capo dello
Stato, a ben vedere, è il segno che le regole saltano. Così come le parole di Luigi Di Maio che il giorno dopo, riapre al presidente della Repubblica come se nulla fosse: «Siamo pronti a dialogare con il Quirinale». Un ex sindacalista, ed ex senatore di centrodestra come Giuliano Cazzola esprime addirittura disagio esistenziale per l’avvento del nuovo potere gialloverde: «Sono schifato e sono depresso. Mi darei fuoco come Jan Palach. Spero di morire presto!». Proprio lui che con la Lega solo pochi anni fa ci andò al governo. Ma era un’altra Lega. I neo borbonici di destra aprono alla Lega. I sovranisti di sinistra dialogano con la Lega, gli ex democristiani di centro si spostano a sinistra contro i pentastellati, Roberto Saviano sfida Salvini dandogli del «tu» e apostrofandolo come un politico al suo rivale, e molti pensano che il leader della sinistra in cerca d’autore possa diventare lui: «Buffone non ho paura, di te!».
Cantava Giorgio Gaber: «Che cos’è la destra, cosa la sinistra?». Tutto mentre un altro attore, Ivano Marescotti, che aveva votato e fatto campagna elettorale («con entusiasmo») a favore di Grillo, dopo la nascita del governo Conte si ribella: «Sono all’opposizione di questo governo! Non posso accettare Salvini, disapprovo la scelta del M5s». Al suo opposto un intellettuale strutturato e serio come l’economista Vladimiro Giacché, seguendo un percorso coerentemente sovranista si è sorprendentemente avvicinato alle posizioni No-euro presenti nella Lega. Giacché scherza su Twitter dopo la Caporetto del Pd alle comunali: «Un altro grande successo per i giornalini e le armate savianee». Giacché si chiama Vladimiro in onore di Lenin, ha un padre che fu senatore comunista, e prima di dedicare stoccate a Saviano era candidato nella Lista Ingroia.
Nulla è come deve, nulla è come potremmo immaginare. Un tempo la coerenza con i valori di un partito era un valore, adesso, nel tempo della politica liquida sono un handicap. Un tempo l’esperienza era una virtù, adesso una macchia sul curriculum. Annalisa Chirico, opinionista senza gabbie e in prima fila nella battaglia su «Siamo tutte puttane!» (ai tempi delle olgettine) adesso dice: «La mia più grande preoccupazione è che un partito come il Pd tenga. Altrimenti è un rischio per la democrazia».
Nulla è dove ti aspetti, nulla è come
dovrebbe. Ma per Pietrangelo Buttafuoco si tratta di uno spaesamento catartico e positivo. «Le coordinate» sostiene lui che scrive sia per un quotidiano che sta al governo che per uno che sta all’opposizione (cosa che nella Prima Repubblica sarebbe stata impossibile) «vengono riscritte perché il Novecento è finito. Le sue ideologie sopravvivono solo come atteggiamento strumentale o come riflesso condizionato». E conclude: «Adesso c’è un governo con idee di sinistra e con valori di destra, e questo è un paradosso sicuramente positivo, che produce libertà e opportunità. Segno che dopo il governo gialloverde l’Italia potrebbe addirittura ritrovare un destino».
Al suo opposto Francesco Merlo, editorialista di Repubblica e amico di lunga data di Buttafuoco: «Ma quale destino? Quale libertà? Quando questo governo mostrerà tutta la sua faccia illiberale i primi a pagarne le conseguenze saranno quelli come Pietrangelo».
E mentre aspettiamo i prossimi tweet di Salvini e Di Maio, mentre la giostra continua a girare e a far girare la testa, ecco che torna Ligabue. «G come guerra/ E giù tutti quanti per terra/ Non basta restare al riparo/ Chi vuol sopravvivere deve cambiare».
«G come guerra/ E giù tutti quanti per terra/ Non basta restare al riparo/ Chi vuol sopravvivere deve cambiare»