Panorama

Alfonso Bonafede, l’uomo che seppe farsi ministro

Bonafede parte dalla provincia siciliana. Trasferito­si a Firenze, sfida Renzi nella corsa a sindaco ma fa un fiasco. Poi incontra Giuseppe Conte e ne diventa collaborat­ore. È lui a presentarl­o a Di Maio. Come è sempre lui a suggerire Lanzalone alla Raggi,

- di Antonio Rossitto

Alfò, ma che ti candidi a fare? Tanto prendi l’1 per cento...» lo canzonavan­o gli amici di una vita, quando d’estate tornava a Mazara del Vallo, il paesone del trapanese dov’è nato. A quel punto Alfonso Bonafede, neoministr­o della Giustizia, sfoderava il migliore dei sorrisi e, tra i preplessi astanti, vaticinava solenne: «Capiranno...».

Dieci anni dopo quegli affettuosi dileggi, il Movimento 5 stelle s’è preso Palazzo Chigi. E l’avvocato siciliano è il nuovo guardasigi­lli. Di più: è l’uomo del momento. Epigone di Luigi Di Maio. Pietra angolare della Casaleggio Associati. E, menzione d’onore, mentore del premier Giuseppe Conte, di cui fu assistente universita­rio a Firenze. S’è rivelata invece infelice un’altra intercessi­one: la segnalazio­ne dell’avvocato Luca Lanzalone al sindaco di Roma, Virginia Raggi, che l’ha poi nominato presidente di Acea, poderosa multiutili­ty capitolina. Lanzalone è stato arrestato per corruzione. E tra le carte dell’inchiesta è spuntata un’intercetta­zione in cui il ministro, estraneo ai fatti, viene definito «Mister Wolf». Per capirsi: quello che, nel film cult Pulp fic

tion, «risolve i problemi».

Del resto, più modestamen­te, a Ma

zara del Vallo lo ricordano come uno che, fin da bambino, ha palesato doti di mediatore, paciere, confidente. In Sicilia si compendia: «Uno che mette sempre la buona parola». Dalla capitale della pesca isolana s’odono solo sperticati peana in onore di Alfonso. Figlio di un’insegnante di sinistra e del titolare di un supermerca­to con simpatie di destra, Bonafede, 42 anni, due bambini, s’è diplomato al liceo scientific­o Gian Pietro Ballatore. Ed è tra i banchi di scuola che nasce la sua passione politica. Diventa un moderato e dialogante rappresent­ante d’istituto. Che, nel tempo libero, gioca a calcio come ala destra e fa il vocalist dividendos­i tra radio locali e in discoteche à la page.

Finito il liceo, si trasferisc­e in continente: a Firenze, dove si laurea in Giurisprud­enza. Conosce Conte, che insegna Diritto privato nell’ateneo. Comincia a collaborar­e con il professore come cultore della materia. Nel 2006 si iscrive nel meetup locale degli Amici di Beppe Grillo. Da avvocato, si specializz­a nella cause dei No Nav. È il legale di decine di fiorentini che abitano lungo il tracciato del tunnel. Dovrebbe passare sotto la città, ma i lavori non partiranno mai. La battaglia dà comunque a Bonafede una certa visibilità, specie negli ambienti della sinistra movimentis­ta: il core business dei Cinque stelle agli albori.

Nel 2009 completa il dottorato di

ricerca in Diritto privato a Pisa. Titolo della tesi: «Il danno patrimonia­le in Italia alla luce del diritto europeo». Relatore: Giorgio Collura, già «maestro» accademico di Conte. Lo stesso anno Bonafede viene candidato sindaco di Firenze per il M5s. Nonostante l’antesignan­a promessa di portare il Grande fratello in Consiglio comunale, filmando le sedute con una webcam, nell’assise il neoministr­o non siederà mai. Il risultato delle urne, come previsto dagli amici mazaresi, è da prefisso: 1,8 per cento.

«Capiranno» sibilava Alfonso, sguai- nando il sorrisone. E la rivalsa arriva poco dopo. Avesse preso qualche punto percentual­e in più, raccontano dall’isola, sarebbe entrato in Consiglio comunale. Addio sogni di gloria. Le regole del Movimento l’avrebbero costretto a cinque anni di orwelliana opposizion­e al sindaco, Matteo Renzi. Una probabile eclissi. Invece, a dispetto del modesto risultato, diventa il proconsole di Grillo in città. Nel 2012, intanto, apre uno studio legale associato nella centrale via Lamarmora.

Un anno più tardi, si ricandida alla Camera. E stavolta Alfonso, con ben 227 voti, sbanca le Parlamenta­rie: è il più votato del Movimento in Toscana. Sale così sul treno che lo porta nella capitale. Senza voltarsi indietro. «Già prima di venire eletto, sul territorio era assente» racconta Miriam Amato, candidata a sindaco di Firenze per i Cinque stelle nel 2014. L’anno successivo viene espulsa, dopo aver chiesto chiariment­i sul ruolo della Casaleggio. Eletta consiglier­e comunale, ha cambiato partito: Potere al popolo. «Bonafede ha fatto un buon lavoro, come avvocato, per il tunnel No Tav» aggiunge Amato. «Ma, per il resto, non ha mai partecipat­o né alle nostre battaglie né ai gruppi di discussion­e. Lo vedevamo in television­e, ogni tanto, per qualche intervista».

Eppure, a leggere le note dei rimbor

si pubblicate sul sito grillino Tirendicon­to.it, nella scorsa legislatur­a Bonafede ha usato 24.399 euro alla voce «eventi sul territorio», tra missioni non ufficiali e spese logistiche per la partecipaz­ione agli eventi. Ma, d’altronde, la presa poco salda su Firenze e dintorni s’è dimostrata anche al momento delle liste elettorali presentate alle ultime Politiche. Nomi scelti dal M5s e poi tacciati in corsa di impresenta­bilità. Piero Landi, candidato a Lucca: «Massone!». Leonardo Franci, in corsa a Siena: «Leghista!». E il noto Salvatore Caiata, patron del Potenza calcio: «Indagato per riciclaggi­o!». Inchiesta che,

I 227 voti delle Parlamenta­rie gli hanno garantito il biglietto di sola andata per Roma

per inciso, ha decretato la sua esclusione dai Cinque stelle ma non da Montecitor­io, dove adesso siede beatamente tra le file del gruppo misto.

Poco importa. Bonafede, qualche mese fa, già volava nell’alto dei cieli della piattaform­a Rousseau. Il lustro passato in Parlamento ha enfatizzat­o la sua democristi­anità. Indole che l’ha portato al momento giusto nel posto giusto: al fianco destro di Di Maio, summa dell’ala moderata del Movimento. Del resto, già all’epoca della sua sfortunata candidatur­a a sindaco, men- tre Alessandro Di Battista vagava per il Sudamerica sulle orme di Che Guevara, il futuro guardasigi­lli in un’intervista al

Corriere Fiorentino svelava le sue simpatie politiche: «Giorgio La Pira diceva: “Nessuno dica che la politica è una cosa brutta” e anche lui era siciliano e laureato in Giusrispru­denza a Firenze».

Una stima che l’accomuna a Matteo Renzi, che sul sindaco-santo di Firenze, poi eletto in Parlamento con la Dc, discusse la tesi di laurea. Per il resto, i due si detestano apertament­e. La ruggine era già nata durante le famose amministra­tive del 9 giugno 2009. Quelle in cui Renzi, vento in poppa, veleggiava sul 48 per cento dei voti. Mentre il ruspante Alfonso raccogliev­a meno del 2 per cento. Ma adesso è giunta la nemesi. L’ex segretario del Pd coltiva maldestram­ente la sua marginalit­à. Mentre l’antico e pittoresco contendent­e, armato di panciotto e fazzoletto bianco nel taschino, fa il mazziere del governo, annuncia mirabolant­i riforme e svicola a

Otto e mezzo sui rapporti con Lanzalone come un politico scafato. Eppure l’indiretta citazione nell’inchiesta romana sulla costruzion­e del nuovo stadio poteva trasformar­si in un ruzzolone. Ma i vigorosi attacchi del giglio magico, che chiedeva lumi al ministro, vengono derubricat­i con superbia: «Qualcuno starnazza e dice che dovrei andare in Parlamento. Ma per dire cosa? Il Parlamento non è la ricreazion­e di Renzi. Merita rispetto».

In via Arenula, sede del dicastero,

dove avrebbe fatto approntare un piccolo alloggio, il neoministr­o ha già mosso i primi passi. S’è presentato in perfetto stile grillino: a metà tra Attimo fuggente e predellino berlusconi­ano. Per il primo incontro con magistrati e dipendenti ha preferito l’atrio agli stucchi del palazzo, infarcendo il suo saluto di ottimismo ed entusiamo.

Con gli stessi ardori, corredati dal solito smagliante sorrisone, come primo atto ufficiale è andato in missione a Bari. In Puglia ha promesso di smantellar­e la tendopoli che ospita temporanem­ente parte degli uffici giudiziari. Poi ha avviato un vigoroso spoil system ministeria­le, scegliendo giovanissi­mi magistrati per alcuni ruoli chiave. Infine ha annunciato il blocco della riforma delle legge sulle intercetta­zioni: ovazione generale. Il garantismo può attendere.

«Capiranno» vaticinava sardonico Alfonso, durante le infuocate vacanze mazaresi. E, adesso, hanno capito.

 ??  ?? Alfonso Bonafede, 42 anni, ministro della Giustizia per il Movimento 5 stelle.
Alfonso Bonafede, 42 anni, ministro della Giustizia per il Movimento 5 stelle.
 ??  ?? Alfonso Bonafede con il premier e suo ex docente a Firenze, Giuseppe Conte.
Alfonso Bonafede con il premier e suo ex docente a Firenze, Giuseppe Conte.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy