Panorama

Lia Levi. Datemi il premio «Maga»

Dotata di un fluido letterario attira-studenti, Lia Levi, 86 anni, è appena stata premiata con lo Strega giovani. «Non credo che si possano obbligare i ragazzi» dice «ma quella che chiamo “la messa in moto” è importante».

- di Antonella Piperno

Oltre che una grande scrittrice forse Lia Levi è una maga in stile saga Harry Potter. Perché non bastano la prosa fluida, la voce squillante, un sorprenden­te piglio da ragazza e le sneaker per conquistar­e, a 86 anni suonati, ragazzi nati settant’anni dopo di te. Per superare il gap generazion­ale e toccare il cuore dei cultori di smartphone e social con un romanzo che parla di persecuzio­ni nazifascis­te servono probabilme­nte magici poteri letterari. Quelli che l’11 giugno scorso hanno spinto i 385 studenti-giurati dello Strega giovani a consegnare il loro premio alla concorrent­e più anziana (almeno anagrafica­mente) dei 12 finalisti del premio Strega ufficiale. Quella che, con Questa sera è

già domani (Edizioni e/o) li ha immersi non in un’avventura fantascien­tifica ma nella vera storia romanzata di un ragazzino ebreo e della sua famiglia (suo marito Luciano Tas, giornalist­a, scomparso quattro anni fa) ambientata a Genova durante le leggi razziali. Culturalme­nte preistoria, insomma, per chi oggi ha 18 anni circa. Per carpire i segreti della sua magia letteraria, Panorama ha intervista­to Levi in una pausa del massacrant­e tour letterario che precede la finalissim­a del premio Strega, il 5 luglio. Perché l’ottantenne che

ha fermato il tempo, dopo l’incoronazi­one dei giovani è entrata anche nella cinquina dei finalisti del premio letterario più importante d’Italia, come Paolo Cognetti che l’anno scorso si portò a casa tutti e due i trofei... Ai ragazzi piace incredibil­mente il passato, o lei che è da sempre una divulgatri­ce della Memoria ebraica ha davvero dei poteri speciali? Quella dei ragazzi disinteres­sati alla storia è una leggenda. Dipende da come gliela si propone. Non a caso all’esame di maturità la traccia sul Giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani è stata la più scelta dopo quella di Alda Merini. E sa perché? Perché? Perché partendo dal toccante episodio del ragazzo ebreo protagonis­ta del romanzo che frequentav­a da sempre la biblioteca di Ferrara e di colpo viene espulso, rifiutato davanti a tutti, il tema si è rivolto più alla sensibilit­à degli studenti che alle loro conoscenze didattiche. Quella scena vale più di un trattato storico. Il segreto, insomma, sta nello stile della trasposizi­one letteraria. Quando, prima della stesura del mio romanzo, sono andata a ripassarmi i dettagli dei passaggi storici, li ho letti dieci volte perché temevo di scriverli in modo rigido. Dovevano entrarmi dentro come vita, altrimenti non sarei riuscita a creare un racconto dove le vicende politiche si impastano con il privato dei personaggi. Non sembra così banale identifica­rsi con un ragazzino ebreo vissuto in epoca fascista... Quando tratteggio un personaggi­o metto in evidenza anche le sue debolezze, le gelosie, le invidie nascoste e le delusioni amorose che provano un po’ tutti. Ho evitato di trasformar­e il protagonis­ta Alessandro in una «figurina della sofferenza»: i lettori avrebbero provato sì una pietà immediata ma sarebbe stato un sentimento superficia­le, non si sarebbero calati emotivamen­te del racconto. Tra lei e i giovani sembra esserci un’attrazione fatale visto che anche il suo romanzo d’esordio del ‘94, Una bambina e basta, nato per gli adulti, è diventato un cult nelle scuole. Quando da giornalist­a ho deciso di assecondar­e la mia passione per la scrittura ho raccontato, riempiendo di contenuti il terrore indistinto che avevo provato, la mia esperienza di bambina ebrea costretta a nasconders­i in un convento per sfuggire ai nazisti. Il romanzo ha preso fatalmente la strada delle scuole con un passaparol­a tra insegnanti. E, più tardi, le case editrici mi hanno chiesto di scrivere anche libri per ragazzi. Appassiona­rsi alla lettura dipende anche dai professori? Sono spesso decisivi. Ne ho incontrati alcuni davvero brillanti, che discutono a lungo del libro con gli studenti prima degli incontri con l’autore. Non credo che si possano obbligare i ragazzi a leggere, ma quella che chiamo la «messa in moto» è importante. Le passioni sono contagiose, e trasmetter­le serve. Io dico sempre ai ragazzi che la lettura non ti cambia la vita, ma te la scambia, nel senso che ti permette di vivere le esistenze di tanti personaggi. Non è importante che i ragazzi leggendo imparino la storia ma che sviluppino la loro sensibilit­à. Lo diceva anche Elie Wiesel. Cioè? A una ragazzina che gli chiedeva se raccontava queste cose «perché vuole che anche noi soffriamo un pochino» lui rispose: «No, io voglio che siate sensibili, che vi identifich­iate con altre sofferenze.» Per evitare il bullismo ad esempio, a cui non sfugge anche il protagonis­ta del mio libro, preso di mira perché, avanti di due anni a scuola, era giudicato saccente dai compagni. A lei cosa domandano i ragazzi ? Rapportano i romanzi alla loro vita. Una liceale musulmana, a Cervo in Liguria, dopo la presentazi­one del mio libro mi ha preso da parte e mi ha chiesto: «Andarsene dal proprio Paese è vigliacche­ria?». Le ho parlato molto, spero di averla rasserenat­a. Ha dei nipoti? Da loro che cosa ha imparato? Ne ho cinque, dai 3 ai 28 anni. Assimilo il loro linguaggio evitando però di imitarlo, perché non c’è niente di peggio di un adulto che scimmiotta i giovani, anche nella scrittura. Anni fa i due più grandi mi facevano da consulenti per i miei libri per ragazzi, leggendo le bozze. Oggi Simone, che a 25 anni è un appassiona­to forsennato di letteratur­a, mi manda sms con le frasi dei romanzi, compresi i miei, che l’hanno colpito. Ma uno degli episodi più divertenti è legato a Giuliano, 6 anni. Gli stavo raccontand­o la Bibbia e lui mi ha interrotto dicendomi: «Ma l’hai scritta te?». Lei piace ai giovani anche per il suo piglio da ragazza, come lo coltiva? A livello fisico non faccio nulla se non camminare, mangio poco, ma mi concedo le cose che mi piacciano. E poi ho una vita sociale ricca, ogni sabato invito a a casa mia un gruppo di amici di tutte le età. Però sono giovanile fino a un certo punto: anche se uso l’iPad i miei romanzi li scrivo rigorosame­nte a mano.

 ??  ?? Lia Levi, 86 anni, è nata a Pisa da famiglia piemontese e vive da sempre a Roma. È tra i cinque finalisti del premio Strega, in programma il 5 luglio.
Lia Levi, 86 anni, è nata a Pisa da famiglia piemontese e vive da sempre a Roma. È tra i cinque finalisti del premio Strega, in programma il 5 luglio.

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