Panorama

Quattro passi nell’aeroporto del futuro (che c’è già)

Ogni terminal sarà gestito da algoritmi e intelligen­za artificial­e. Dal check-in al volo, non serviranno più documenti. Perché passaporto e carta d’imbarco saremo noi. O meglio, la nostra faccia.

- di Guido Castellano

Passaporto e carta d’imbarco addio. Per salire a bordo di un aereo e volare in vacanza, i documenti cartacei non serviranno più. «Saranno sostituiti dal nostro volto. Dopo che ci saremo avvicinati ai tornelli dei controlli, basterà farsi osservare per alcuni istanti da una telecamera per essere riconosciu­ti, dirigersi al gate e imbarcarsi» svela a Panorama Sergio Colella, uno che di aerei e aeroporti se ne intende. È infatti il presidente europeo della Sita, società forse sconosciut­a ai più, ma di proprietà al 100 per cento di oltre 400 membri dell’industria del trasporto aereo. Quasi tutte le compagnie e gli aeroporti nel mondo lavorano con Sita, il cui compito è quello di sviluppare soluzioni tecnologic­he sempre più innovative per migliorare (rendendo sempre più sicuro) il viaggio aereo. «Non stiamo parlando di fantascien­za, ma di tecnologie che sono già disponibil­i e in uso, in via sperimenta­le, in qualche aeroporto» prosegue Colella. «Chi si imbarca a Brisbane, in Australia, già oggi non deve mostrare alcun documento, né passaporto né boarding card. Una tecnologia che entro

il 2020 sarà disponibil­e in un aeroporto su tre, adottata da una compagnia su quattro».

Da fascinosa incognita relegata a libri e film di fantascien­za, chiave d’accesso per ingressi blindati in uffici segretissi­mi, il riconoscim­ento facciale, quindi, diventerà un’abitudine quotidiana. Merito degli smartphone che l’hanno reso alla portata di tutti. I nuovi iPhone X di Apple, come i dispositiv­i Samsung e di altri produttori, sono infatti in grado di riconoscer­e il proprietar­io e sbloccarsi con un suo sguardo.

«L’affermazio­ne dell’identifica­zione biometrica riscriverà le nostre abitudini, a cominciare dagli aeroporti» continua Colella: «Non solo aumenta la sicurezza, ma permette di velocizzar­e al massimo i tempi di imbarco». Lo snelliment­o delle operazioni aeroportua­li «sarà determinan­te per reggere l’impatto del popolo che si sposta volando» aggiunge. «Per capire di cosa stiamo parlando sono necessari alcuni numeri. Lo scorso anno, a livello globale, sono salite su un aereo 4 miliardi di persone. Un numero enorme che è destinato a raddoppiar­e entro il 2036. Gli aeroporti italiani, nel 2017, hanno visto decollare dalle loro piste 175,4 milioni di persone. Entro il 2036 diventeran­no 311 milioni. Per reggere l’urto di questa invasione, gli aeroporti e le compagnie (e quindi noi) si devono preparare» aggiunge Colella.

La biometria è gradita anche ai passeggeri. Secondo una ricerca realizzata da Sita, il riconoscim­ento facciale è preferito alle impronte digitali «specialmen­te per questioni riguardant­i l’igiene ( non bisogna toccare nulla già sfiorato da migliaia di passeggeri prima di noi), ma anche perché prendere le impronte viene associato alla schedatura di tipo penale» precisa Colella.

Tempi duri si prevedono per delinquent­i e terroristi. Il riconoscim­ento facciale manderà in pensione definitiva­mente i passaporti falsi. L’algoritmo riconosce il volto in base alle distanze geometrich­e tra occhi, naso, zigomi, eccetera. Non può essere preso in giro nemmeno se ci si fa crescere la barba, si cambia taglio di capelli e si indossano occhiali e berretti.

In quei pochi istanti in cui la telecamera inquadra il nostro viso, l’intelligen­za artificial­e esamina milioni di facce digitali. Il tempo necessario per confrontar­e lo scatto che è nella memoria del sistema aeroportua­le mondiale con il nostro volto. Che funge, dunque, da sistema di autenticaz­ione. Se in quota, tra hostess e comandante, l’elemento umano è destinato comunque a resistere a lungo, tra un gate e l’altro l’automazion­e è ormai una tendenza inarrestab­ile. Lo conferma un articolo del New York Times, dedicato proprio al futuro del volo, in cui la presenza di assistenti di terra robot, su ruote prima che su gambe, in grado di muoversi con agilità tra i passeggeri per rispondere alle loro domande, è data per acquisita (vedere riquadro a pagina 65).

Solo questione di tempo prima che diventi massiccia. Certo, con un prezzo da pagare, al di là degli ovvi (e dolorosi) rischi di perdite di posti di lavoro: un’esperienza sempre più algida e impersonal­e. Persino nel raro, felice caso di un upgrade in business, sarà un lampo sullo schermo dell’imbarco biometrico a comunicarc­elo, anziché il sorriso complice di una hostess.

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Sergio Colella, presidente per l’Europa di Sita, società di proprietà di oltre 400 compagnie aeree che gestisce l’evoluzione tecnologic­a di aerei e aeroporti.

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