Panorama

Flat tax, tanti ne parlano, nessuno ha capito come funziona

Soprattutt­o gli esponenti del governo Conte che non sanno come trovare le coperture...

- di Serena Sileoni vice direttore generale Istituto Bruno Leoni

L’ala leghista del governo Conte continua ad annunciare che la flat tax,

o qualcosa di essa, si farà, prima o poi. Il viceminist­ro all’Economia Massimo Garavaglia pochi giorni fa ha anticipato la data d’avvio per le imprese entro l’estate.

Esprimere un’opinione ponderata su questa flat tax è impossibil­e. A parte malferme date iniziali, instabili ambiti di riferiment­o (a partire dal dubbio di cosa si intenda flat tax per imprese, visto che esiste già), incerte aliquote, sono due le incognite principali.

La prima riguarda le mo

dalità di finanziame­nto della riforma. La flat tax ha un costo certo, perché oltre a voler semplifica­re il sistema fiscale si propone di far pagare meno imposte ai contribuen­ti. Come si troveranno le coperture, però, non è ancora certo né chiaro, e c’è da credere che non lo sia agli stessi consiglier­i della maggioranz­a di governo. Il sottosegre­tario alle Infrastrut­ture leghista Armando Siri ha fieramente detto, a proposito del valore del condono fiscale con cui si potrebbe in parte finanziari­e la flat tax, che le loro sono le stime della strada e non di grigi conteggi d’ufficio. Un messaggio politico efficace per dire che non se ne ha idea. D’altra parte, la Lega non ha mai fatto mistero di ritenere che la copertura potesse arrivare un po’ dall’effetto «moltiplica­tore» della flat tax, un po’ dall’emersione del sommerso. Due esiti sperabili ma incerti, al punto da immaginare che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe rinviare la riforma alle Camere, se così fosse.

La seconda incognita riguarda il rapporto tra una riforma fiscale di questo tipo e il resto delle azio

ni del governo Lega-Cinque Stelle. Una flat tax che semplifica e alleggeris­ce il sistema fiscale come punto di partenza fondamenta­le per la crescita e il benessere non è solo questione di aliquote e coperture. Quello è il minimo sindacale che gli italiani dovrebbero pretendere, vessati come sono da un sistema riconosciu­to pressoché unanimemen­te come iniquo. Per essere davvero una riforma struttural­e utile all’economia deve consentire alle persone, specie a quelle più in difficoltà, una ritrovata fiducia verso il loro Paese.

La flat tax proposta ormai un anno fa dall’Istituto Bruno Leoni combina proprio per questo un’aliquota unica di immediata comprensio­ne, finanziata con una forte semplifica­zione e riduzione delle spese fiscali e con tagli specificam­ente individuat­i di spesa pubblica, a un minimo vitale che faccia da sostegno nei momenti di difficoltà. L’obiettivo è appunto consentire al sistema fiscale di essere comprensib­ile ed equo, e con ciò rappresent­are un nuovo rapporto tra Stato e cittadino, in cui sia chiaro che il perimetro d’azione del primo è strettamen­te circoscrit­to ad aiutare chi è davvero in difficoltà.

Un punto, questo, che non sembra invece chiaro nella flat tax del governo Conte, proprio perché appare contraddit­torio con lo spirito assistenzi­alista, paternalis­ta e diffidente verso l’iniziativa privata, che emerge dagli altri punti del programma di governo.

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