A Bologna è lite anche sul sesso
Pillola e preservativi per le categorie più fragili. La Regione Emilia-Romagna ha avviato il più rilevante piano pubblico mai realizzato in Italia per fronteggiare le gravidanze indesiderate. E tra sostenitori e oppositori è guerra aperta.
Amore, sesso e contraccettivi gratuiti. La Regione EmiliaRomagna ha una ricetta per ridurre le gravidanze inaspettate e di conseguenza anche gli aborti di carattere volontario, un fenomeno peraltro in costante calo nella regione dal 2006. L’iniziativa, partita a fine maggio, costituisce una novità assoluta in Italia (qualcosa è stato fatto in Puglia, ma non paragonabile). A beneficiarne sono gli under 26, le donne disoccupate fino a 45 anni e i richiedenti asilo, purché residenti e iscritti al Servizio sanitario nazionale. Tutti fruitori potenziali dei numerosi metodi contraccettivi erogati gratuitamente dalla Regione attraverso i Consultori: dai preservativi alla «pillola del giorno dopo» o «dei cinque giorni dopo».
Sul piano pro-contraccettivi, ovviamente, non c’è unanimità. Anzi, si scatenano le polemiche. Secondo i critici, la platea di coloro che in Emilia-Romagna oggi possono praticare sesso protetto senza spendere un euro è fin troppo vasta. I farmacisti, per cominciare, temono che in questo modo il loro fatturato si assottigli ulteriormente: in regione la distribuzione diretta dei medicinali agita già da tempo la categoria. E con questa iniziativa viene sottratta al mercato un’altra fetta di popolazione: i giovani e le donne con meno di 46 anni vanno a sommarsi agli anziani e ai malati cronici che già si approvvigionano di farmaci nelle Asl. «Se da un lato c’è un danno economico e un impatto negativo per la nostra attività» spiega Achille Gallina Toschi, presidente regionale di Federfarma «dall’altro stupisce l’investimento di risorse in questo progetto, tanto più a fronte dei tagli sui Lea, i livelli essenziali di assistenza, e l’assenza di fondi per le terapie per patologie importanti o per ridurre le liste d’attesa».
Ad aver alzato la voce non ci sono solo i farmacisti. Per Giancarlo Tagliaferri, presidente del gruppo di Fratelli d’Italia in Regione, in questa maniera «si autorizza in maniera strisciante l’aborto continuato e ripetitivo». Sul piede di guerra anche le tante
associazioni pro-vita, unite come mai prima nel parlare di «incentivo all’iper-sessualizzazione» e denunciano l’assenza di una correlazione favorevole tra l’aumento della contraccezione e la diminuzione degli aborti. Al contrario, per il responsabile dei Consultori di Bologna, Claudio Veronesi, si tratta di «una misura epocale». Il progetto, che prende spunto da una petizione lanciata sulla piattaforma internet Change.org dal «Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole», era stato illustrato un anno fa dall’assessore regionale alla Sanità Sergio Venturi. Partito a gennaio, come detto è operativo da maggio. L’erogazione avviene in tutti i consultori dell’Emilia-Romagna. Previsto un impegno di spesa pari a un milione di euro. Almeno 400 mila i giovani potenzialmente coinvolti, sommando tutti quelli con un’età compresa tra i 14 ai 25 anni.
L’Udi, l’Unione donne italiane, ha invece sottolineato l’importanza di far conoscere il più possibile questo provvedimento alla popolazione. A Bologna, al Poliambulatorio Roncati, dove sorge lo spazio giovani del distretto cittadino, in un mese hanno fatto richiesta di contraccettivi gratis 103 donne, quasi tutte italiane, per la maggior parte under 19 (appena il 10 per cento aveva tra i 20 e i 26 anni). Secondo la Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostretricia, nel nostro Paese il 42 per cento delle ragazze al di sotto dei 25 anni non ricorre ad alcun contraccettivo durante i primi rapporti sessuali. La Regione guidata dal dem Stefano Bonaccini, per motivare la propria decisione, ha anche scritto: «La quota di donne residenti che nel 2016 ha già avuto un’esperienza di interruzione volontaria di gravidanza è stata del 31 per cento». Inoltre ha considerato l’Atlante europeo della contraccezione, pubblicato dall’European parliamentary forum on population & development (Epf), che prende in considerazione 45 Paesi europei, tra cui pure la Turchia e la Russia; sempre da questo Atlante emerge infine che l’accesso ai contraccettivi in Italia riguarda solo il 55,8 per cento della popolazione. Di più. In Italia solo il 16 per cento delle donne usa la pillola: una percentuale simile si riscontra in Stati come Botswana o Iraq. In Francia invece l’asticella sale, e di molto, arrivando a sfiorare il 42 per cento, mentre in Germania e in Portogallo oltrepassa addirittura la soglia del 50 per cento. Tuttavia, in Emilia-Romagna la Regione non si limita a fornire gratuitamente i contraccettivi. Ha anche pubblicato, per esempio, un opuscolo di quaranta pagine, intitolato La contraccezione. Conoscere per scegliere, al cui interno vengono descritte tutte le differenti tecniche contraccettive, evidenziandone pro e contro. Anche questo diventerà motivo di polemica, statene certi.