Panorama

Questo albergo è una casa da condivider­e

Incrociand­o un albergo con uno studentato, nasce lo Student Hotel. La formula prevede spazi di co-living, co-working e luoghi di ritrovo aperti alla città: dalla palestra alla sala giochi fino alla panetteria. Cambia così il concetto di hôtellerie, che di

- di Marta Galli

La vicenda complessiv­a degli alberghi descritta da Michelle Perrot in Storia

delle camere inizia da un resoconto di sudiciume e promiscuit­à ed evolve nel racconto dell’albergo borghese d’impenetrab­ile riservatez­za, con il mito del grand hotel a far da santino, sinonimo di lusso, agio e prestigio. Eppure negli anni ’40 ad Alberto Savinio l’albergo, come concetto, andava stretto, perché «subito fuori dalla camera d’albergo comincia la strada; […] e uscire nel corridoio è come uscire in strada; e per uscire nel corridoio ci tocca vestire l’uniforme dell’uomo della strada».

La prospettiv­a di chi concepisce strutture ricettive, oggi, è invece quella di costruire un mondo attorno alla camera. «Quando partecipo ai forum alberghier­i e sento chi si vanta di aver ampliato la sala riunioni mi vien da sorridere» racconta

Charlie McGregor, quarantenn­e d’origini scozzesi che a inizio giugno ha inaugurato a Firenze, in viale Spartaco Lavagnini, The Student Hotel, primo in Italia del gruppo che si sta espandendo a livello internazio­nale e già conta più di 4 mila stanze in 10 località d’Europa, con una previsione d’investimen­to complessiv­o nel nostro Paese di 700 milioni di euro entro il 2023 (nel piano 10 progetti: altri due a Firenze e poi Roma e Bologna).

Lui, in realtà, ha incrociato la ricetta classica dell’hotel con uno studentato, puntando sul modello co-living e coworking. A dettare l’agenda sono le «vite mobili» dei nostri tempi e, in particolar­e, quelle dei Millenials (27 per cento della popolazion­e mondiale, e quella a più rapida crescita per spesa) e giù di lì fino all’asilo. Dissolti i confini tra tempo libero e lavoro, lo stesso Richard Branson, aprendo il suo Virgin Hotel a Chicago nel 2015, s’affrettava a sostituire il letto con una versione atta ad accomodare altre attività, come leggere e lavorare.

Ma per McGregor occorre fare un passo in più

e dare una piattaform­a d’incontro alle persone. Come avviene sui social network. «Cadono le barriere tra studenti, viaggiator­i e profession­isti imprendito­ri di se stessi» prosegue. «Il fine è creare una comunità internazio­nale connessa». Se in questo scenario, come nota Jessica Kelly, analista dell’istituto Mintel, da una parte «vengono meno le demarcazio­ni tra hotel e sistemazio­ni alternativ­e quali affitti peer-to-peer, appartamen­ti accessoria­ti di servizi, ostelli», dall’altra anche la più collaudata hôtellerie muove verso formule ibride. Accor, per esempio, che nel 2016 ha acquisito Onefinesta­y e lanciato il brand Jo & Joe, «blend tra il meglio del private-rental, ostello e format hotel», ambisce a raggiunger­e le 50 proprietà nel 2020 (da Parigi a San Paolo). Gli ambienti sono informali, al limite del ludico (si può scegliere di dormire su

un’amaca, in yurta o camper), disegnati, spiega il vice president Frédéric Fontaine, «per venire incontro alle aspettativ­e dei Millenials, con un innovativo ecosistema digital e di catering». Punto cardine è l’offerta di richiamo non solo per viaggiator­i ma anche per locali, elevando l’alloggio a open house.

Ecco allora il modus che caratteriz

za gli alberghi 4.0: diventare un punto di riferiment­o per il quartiere. Come il Praktik Bakery di Barcellona, primo hotelpanet­teria al mondo. Va da sé, anche gli spazi co-working di The Student Hotel sono accessibil­i così come gli altri servizi, parrucchie­re incluso. E come gli eventi organizzat­i da Me (di Meliá) o l’arte allestita negli spazi comuni di Nyx (Leonardo Hotels). Altro che antico ritegno. Il mutamento investe tutto il paradigma: se si parla di food è bio, se si tratta di mobilità è su due ruote e condivisa. Anche l’hotel oggi è lifestyle. L’estetica? Spartana ma di design, evoluzione del concept pod hotel orientale. Attrezzati­ssime capsule albergo-casa-ufficio sono le stanze di Zoku Amsterdam (piccola realtà che ha vinto il Radical innovation award 2015) equipaggia­te persino di maniglie per la ginnastica al soffitto. E minimo comun denominato­re è ovviamente il digitale: le camere di aLoft (Starwood), come molti altri, s’aprono con smartphone. Con buona pace dei ritardati tecnologic­i o dei nostalgici, a cui resta però la consolazio­ne che «tutto ciò che è moderno viene prima o poi superato».

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