BAKHTYAR ALJAF
Direttore dell’International Institute for Middle-East and Balkan studies di Lubiana, Slovenia.
Il portale sulla politica europea, Eurobser
ver, riporta le affermazioni del ministro delle Finanze greco Euclid Tsakalotos: «Dopo tre salvataggi in otto anni, con 273,7 miliardi di euro erogati finora, una quasi uscita dall’euro nel 2015 e un calo del Pil del 25 per cento, la Grecia sta voltando pagina». Kathimerini, il principale quotidiano greco, dà spazio alla posizione del Fondo monetario internazionale, per cui la Grecia ha «ampiamente eliminato gli squilibri macroeconomici», ma la crescita è stata ancora ostacolata da «significativi lasciti della crisi e un programma di riforma incompiuto». In Grecia l’80 per cento dell’economia è composta dai servizi, perché il Paese non ha una importante industria produttiva. La disoccupazione al 20 per cento rende tutto più complesso. La Grecia non è neanche tra le prime 10 economie più avanzate d’Europa. Atene quindi non aveva altra scelta se non accettare le regole imposte da Bruxelles. È anche vero che le sono stati concessi altri 15 miliardi di prestiti. Tsipras ha fatto importanti riforme, ma non è stato facile farle accettare alla popolazione, perché i cambiamenti sono stati molto duri. La Grecia deve anche cedere alle regole imposte da un altro soggetto, il Fondo monetario internazionale, con il quale è costretta a cooperare se vuole gli aiuti. Questa è la situazione economica del Paese.