Il salotto di vetro dell’auto elettrica
Viaggio nella futuristica fabbrica Volkswagen dove, nel silenzio più assoluto, si producono 15 mila e-Golf all’anno. In attesa di portare sul mercato la vera rivoluzione che cambierà i paradigmi del trasporto: la Vw ID.
La prima sensazione, non si può negare, è di spaesamento. L’edificio immerso nel verde al limitare del centro di Dresda, in Sassonia, città che per la sua bellezza barocca fu soprannominata la Firenze dell’Elba, tutto può sembrare tranne quello che è: una fabbrica di automobili. E per di più dedicata al futuro della mobilità, le vetture elettriche.
Attraversi un prato, a dieci minuti dal ponte di Federico Augusto il forte, principe elettore, nella zona più verde della città, e ti trovi davanti a grandi vetrate sormontate da una torre di 40 metri. A sinistra un ristorante con tavolini all’aperto. Al centro l’ingresso: disposte a ventaglio ci sono le macchine elettriche che escono da questa singolare struttura costruita da Volkswagen, primo produttore mondiale di veicoli: le e-Golf, attaccate alle stazioni di ricarica, che si possono provare con prenotazione. Così come, sempre prenotando, si può visitare la fabbrica. Perché la Glaeserne Manufaktur, questa fabbrica di vetro unica al mondo, è trasparente nell’edilizia e nella comunicazione, produce e accoglie chiunque, democratica nella forma e nella sostanza. Un esempio: a lato c’è una stazione di ricarica per le auto a batteria: è gratuita perché l’energia viene fornita da fonti rinnovabili ed è aperta a tutti, a chiunque abbia una vettura elettrica, anche di altra marca.
Prima di fare il passo decisivo ed entrare nella fabbrica, ne facciamo uno indietro. La Glaeserne Manufaktur è stata inaugurata l’11 dicembre 2001, su progetto dello studio di architettura di Monaco di Baviera Gunter Henn: lo scopo era di coronare il piano espansionistico dell’allora presidente del gruppo Volkswagen, Ferdinand Piech, nipote del fondatore Ferdinand Porsche, con una struttura avveniristica per produrre l’ammiraglia della casa, la Phaeton. L’auto non ebbe la fortuna che forse avrebbe meritato, soprattutto in Europa, e nel 2016 fu sospesa la produzione.
Lo stabilimento venne chiuso, ma per riaprirlo dopo un anno (aprile 2017) con un obiettivo ancora più ambizioso, farne il primo sito produttivo (dei 16 che verranno) per le auto a zero emissioni. Così ora escono dalla linea di montaggio 15 mila e-Golf l’anno (72 al giorno, con 380 addetti), ma poi si passerà a produrre la prima vera auto elettrica progettata da zero, la Volkswagen I.D. Vw ha annunciato che vuole investire 34 miliardi di euro entro il 2022 nell’elettromobilità.
Perché la e-Golf è una versione magi-
stralmente elettrificata di una Golf, ma è pur sempre un adattamento. La I.D. sarà altra cosa, con più autonomia, più tecnologia, anche dal punto di vista della guida autonoma. Perché i tedeschi sono ben decisi a portare a termine, nei tempi annunciati, il primo passo della rivoluzione della mobilità elettrica: offrire agli automobilisti, entro il 2020, una macchina a zero emissioni con le stesse dimensioni e lo stesso prezzo di una Golf turbodiesel, con un’autonomia superiore ai 400 km e con uno spazio interno (dato che non ci sono le parti meccaniche tradizionali) superiore, pari a quello di una Vw Passat.
Le dimensioni della fabbrica di vetro non sono poca cosa: la superficie trasparente è di 27.500 metri quadrati su un totale di 55 mila. La pavimentazione della linea e di molti ambienti è tutta in parquet, per circa 24 mila metri quadrati. E dunque sembra di visitare un loft con piani sovrapposti, grandi ascensori per muovere i pezzi, catena di montaggio a terra e linea aerea che porta le scocche nelle stazioni di montaggio e poi le auto finite all’ultima zona, quella del controllo qualità.
Tutto è radicalmente lontano dalla fabbrica metalmeccanica, fatta di ciminiere, saldature, presse, ferro e fuoco e operai in linea, come da ricetta Ford, la prima a inventare la catena di montaggio.
L’ingresso intanto: desk di accoglienza e zona didattica. A sinistra una grande sfera, dove vengono proiettati video, che ricorda un edificio storico di Dresda, la Kugel. La zona educativa è un piccolo viaggio nel tempo della mobilità elettrica, dalla prima Volkswagen a batterie, la Elektro Golf del 1976 alla XL1, ibrida da 100 chilometri con un litro di carburante. Per capire a che punto si è spinta l’innovazione tecnologica basta leggere il cartello che ricorda le prestazioni della Elektro Golf: 50 chilometri di autonomia, velocità massima 100 km/h. Come dire: ci abbiamo provato, ma questo ci consente lo stato della tecnologia… Per i ragazzi, e non solo, c’è anche uno spazio ludico con tanto di pista per automobiline elettriche per mettersi alla prova.
Al primo piano inizia la produzione. Anche rispetto alle più recenti fabbriche del gruppo tedesco ad elevata automazione, qui regna il silenzio, si assembla senza rumore: dalla zona stoccaggio dei pezzi, a livello meno uno, piattaforme rettangolari, lunghe un paio di metri e larghe un metro, si muovono in autonomia, con motori elettrici, seguendo il tracciato di binari elettromagnetici collocati sotto i pavimenti in parquet e portano i pezzi là dove servono. Poi tocca ai robot (i giganteschi bracci meccanici sviluppati dalla tedesca Kuka) o agli addetti in camice bianco.
Fa da guida Lars Dittert, direttore della fabbrica. Per lui, senza dubbio, i capisaldi della mobilità di domani saranno, in ordine di apparizione: connettività, elettrificazione e guida autonoma. E il piano Volkswagen, la Roadmap E 2022, prevede proprio che entro quella data l’azienda sia pronta
con modelli che soddisfino questi requisiti.
E poi c’è la condivisione. Dittert ha in serbo un altro asso: il Volkswagen future mobility incubator, ovvero il luogo, sempre nella massima trasparenza, per dar vita ai progetti delle start up. Il meccanismo è essenziale: chi vuole partecipare ha cinque minuti per convincere una sorta di giuria dell’azienda. Se l’idea viene considerata degna di sviluppo, Volkswagen finanzia con 15 mila euro e sei mesi di strumenti di lavoro, compreso l’accesso al know how aziendale. Da parte sua, il Land della Bassa Sassonia, in accordo con la Casa tedesca, offre l’ospitalità.
«La nostra convinzione» dice Dittert «è di fare una sorta di Silicon Valley a Dresda, attirando da tutto il mondo giovani talenti e dando loro l’opportunità di veder nascere le loro idee sull’innovazione della mobilità. Per esempio, qui sono al lavoro tre ragazzi della start up Carl&Carla che hanno ideato un nuovo servizio di renta-van con i Transporter VW». Racconta l’ideatore Marco Weiss: «Mettiamo a disposizione una piccola flotta di Transporter in nove città tedesche per i piccoli carichi, dal mini trasloco agli strumenti musicali di una band. Carl è la versione furgone, Carla è quella passeggeri fino a nove posti. E poi c’è Carlchen (Carlino) un piccolo camper. Si possono noleggiare con 49 euro al giorno via Internet, nella città dove si risiede o in quella dove si va. Così si offre ai più giovani un servizio facile ed economico. Di notte il noleggio costa la metà».
Resta la curiosità che non ci ha mollato da quando abbiamo varcato la soglia della fabbrica. Provare la e-Golf. Detto fatto. Si sale e si va a fare un giro di un’ora. Fatica, studio, robotica e ingegno hanno prodotto una vettura che è una Golf in tutto e per tutto. Però non inquina e non fa rumore. Direbbe il filosofo Catalano della banda Arbore: scusate se è poco.