Panorama

L’età dell’oro

- di Raffaele Leone raffaele.leone@mondadori.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’unica persona che ho visto spirare è stato mio nonno Raffaele. Ero un ragazzo ai piedi del letto e l’ultimo suo gesto prima di andarsene è stato quello di dire con la mano a mio padre di allontanar­mi per evitarmi quella vista. Io sono rimasto, è stato lui ad allontanar­si sgranando gli occhi. Quando poi per vestirlo lo si è dovuto spostare da quel letto al soggiorno, l’ho preso in braccio e l’ho portato nella stanza accanto. Pesava pochissimo il nonno, ma è stata la leggerezza più pesante che abbia mai sentito. Nei pochi chili di quel gran nonno c’era tantissimo. C’erano la vita, la storia, i racconti, le radici sue, di tutta la nostra famiglia e un po’ del mondo intero.

I vecchi, e per me in questo caso vecchio non significa superato ma vissuto, sono un grande patrimonio. È meraviglio­so quel celebre detto africano che dice: «Ogni vecchio che muore è una biblioteca che brucia». Gli africani, che sul tema hanno una filosofia e una cultura che noi ci sogniamo, quella cultura e quella filosofia l’hanno tramandata per generazion­i. Quando tanti anni fa giravo il mondo in lungo e in largo, ricordo ancora quei villaggi fantasmago­rici e poverissim­i dell’etnia Dogon del Mali in cui si veniva tenuti in consideraz­ione man mano che si cresceva d’età. I più vecchi li riconoscev­i subito per quell’aria di rispetto sacro che li circondava. Ci si rivolgeva a loro per un dubbio, per un consiglio, per una disputa da risolvere. Seduti sulla sabbia, col bastone accanto e con quei poveri abiti elegantiss­imi, sembravano dei re.

A casa in Sicilia abbiamo con noi un eritreo, Aron, diventato praticamen­te l’angelo custode

di mia mamma vecchina vecchina. Sbirciando­lo mentre la mette a dormire la sera, ho recentemen­te scoperto che le rimbocca le lenzuola e le dà la buonanotte con un baciamano. Uno spettacolo. Mamma, oltre ad essere stata una brava mamma, finché le forze glielo hanno permesso è stata una brava nonna non soltanto per i suoi quattro nipoti. A settant’anni inoltrati girava ancora in motorino e per l’Epifania si vestiva da Befana andando a distribuir­e caramelle per strada e a consegnare regali ai bambini degli amici. L’anno scorso mentre eravamo in auto vicino casa a fare rifornimen­to, un giovane benzinaio a me sconosciut­o si è avvicinato per farle festa. Gli ho chiesto: perché? «Perché sua mamma, quando ero piccolo, si fermava sempre col motorino e aveva sempre una parola o un regalo da darmi. Per me è stata una nonna, una nonna in più. Nonna vuol dire affetto e casa, che cosa c’è di più importante nella vita?».

I vecchi sono l’esperienza e, se ci pensate, sono un libro di fiabe e di racconti. Interrogar­li vuol dire farsi condurre in mondi che non ci sono più, in epoche e costumi cambiati, in dinamiche psicologic­he e sociali diverse. Sono una macchina del tempo vivente che può portarci indietro di un secolo. A maggior ragione oggi che tutto accelera e che le tappe si bruciano in fretta, ci danno ancor più la percezione concreta del passaggio su questa terra e della storia, ci aiutano ad avere il senso della misura, ci insegnano a vivere bene l’oggi guardando al domani. Ci ricordano che quell’oggi e quel domani diventeran­no presto ieri. E che sarà così sempre e per tutti. Bisognereb­be che le scuole facessero un’ora di lezione in cui i vecchi salissero in cattedra per raccontare le loro vite. Sarebbe istruttivo nel santuario dell’istruzione.

In questi tempi in cui si diventa più longevi, poi, i nonni sono ormai compagni

di viaggio più attivi che in passato. Seguono i nipoti in tratti di strada più lunghi, sostituisc­ono noi genitori nella vita quotidiana, diventano aiutanti indispensa­bili. Anche quando fanno smuovere i nervi li si guarda poi con affetto. Quante volte nella mia giornata di padre indaffarat­o, la soluzione l’ho trovata nelle tre parole magiche: chiediamo-ai-nonni. Sono «nonniprese­nti» e così ho voluto titolare l’articolo di copertina in vista della festa dei nonni.

Da quando sono direttore ricevo un numero di lettere inaspettat­o da parte di lettori. Molti sono anziani. Acuti, attenti, partecipi, stimolanti, severi, pacati. E spesso affettuosi in modo disarmante. Leggono di tutto e scrivono di tutto. Rafforzano la mia convinzion­e che invece di metterli da parte e considerar­li il passato dovremmo seguirli di più, valorizzar­li di più, restituire loro di più. Non solo in famiglia. Perché senza nulla togliere ai ragazzi, anch’essi una fantastica scuola di vita, i vecchi sono spesso la nostra meglio gioventù.

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foto di Jens Lucking/Getty Images In copertina:

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