L’importanza di essere nonni
Aiutano i figli con i bambini; danno un sostegno economico; imparano le nuove tecnologie per stare in contatto con i nipoti e raccolgono le loro confidenze assicurando protezione e comprensione. Forti, immutabili, custodi delle nostre radici. Ci sono semp
All’aeroporto di Francoforte mentre correvo per non perdere la coincidenza per Reykjavik, mi è tornata in mente nonna Tere. Era una donna autoritaria, rimasta vedova da giovane, vestiva di verde e portava sempre tacchi alti. Amava prendersi cura di noi nipoti. Il sabato ci portava nella sua casa sulle colline del Monferrato, ci dava da mangiare biscotti con marmellata e mandorle. Mi lasciava leggere i romanzi rosa di Delly, giocare a carte e guardare fino a tardi i film in tv dove si baciavano. Quando partiva per i suoi lunghi viaggi, preparava enormi valigie di pergamena, molto eleganti, dove piegava i vestiti con cura maniacale. Poi andava all’aeroporto sette ore prima del decollo. «Perché non si sa mai». E aveva ragione.
I nonni ti insegnano tutto, forse più dei genitori, ti danno la sensazione irripetibile di essere lì solo per viziarti. Nelle loro case ci sono spazi di libertà che diventano pura gratificazione. Immutabili, forti, custodi delle tue radici. Oggi, però, i nonni stanno cambiando pelle. Con l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, sono diventati i sostituti dell’asilo o della baby sitter e devono sottostare alle richieste, a volte eccessive, dei figli. Che li vogliono fin dal mattino presto a occuparsi dei pargoli. Se un tempo si diceva che dovevano solo viziare, oggi gli tocca il più impegnativo ruolo dell’educatore. Ricorda Franca Cancogni, traduttrice di James Joyce e Joseph Conrad, che a 98 anni fa il suo esordio con il romanzo Il
pane del ritorno (Bompiani), storia di una famiglia lungo lo scorrere di un secolo: «Mia nonna era una donna dura, distante. Io invece sono stata quella che cucinava il roast beef e giocava con i nipoti».
Lunga vita ai nonni dunque (a loro sarà dedicata, il due ottobre, la giornata nazionale). Secondo l’analisi Istat del 2017, le famiglie con pensionati sono oltre 12 milioni, e per quasi due terzi la loro pensione rappresenta il 75 per cento del reddito familiare. Per il 26,5 delle famiglie, poi, costituisce l’unica fonte di reddito, impedendo che il nucleo famigliare scivoli verso il rischio di povertà.
«I nonni servono a far fronte al pre
cariato. La generazione più colpita dalla crisi non è quella infatti degli over 65, ma quella dei quarantenni con prole» sostiene la sociologa Anna Laura Zanatta nel suo I nuovi nonni (Il Mulino). Cosa succederà quando a diventare nonni non saranno più i fortunati baby boomers, ma quelli che vengono dopo, che probabilmente non vedranno mai la pensione? «Avranno per fortuna meno figli da curare. Se oggi le statistiche parlano di 1,30 figlio a testa e di un calo costante delle nascite, significa che si passerà a un regime con molti nonni e pochi nipoti».
Che il ruolo dei senior oggi sia fondamentale, lo conferma il demografo Alessandro Rosina. «Soprattutto per le
coppie giovani con figli, per le quali è quasi impossibile conciliare lavoro e famiglia. Abbiamo un welfare “creativo”, dove sempre più spesso sono i nonni a compensare le lacune di un Paese che è sotto gli standard europei soprattutto per la prima infanzia».
Secondo i dati dell’indagine Share (Survey of Health, Ageing and Retire
ment) il 44 per cento dei 12 milioni di nonni italiani offre aiuto full time. Mentre la percentuale negli altri Paesi è molto più bassa: il 9 per cento in Francia, il 3 in Svezia e Danimarca. Da noi il 51 per cento delle madri lavoratrici fa ricorso ai genitori per la cura dei bambini. Avere o meno dei nonni può essere la «conditio sine qua non» per decidere se fare figli.
«Anche perché le condizioni della
terza età migliorano. Vivono più a lungo e in buona salute, hanno l’energia per seguire un bambino sin da quando nasce. La loro presenza non va più a integrare, ma a sostituire» osserva Paola Di Nicola, sociologa all’Università di Verona e autrice del saggio Famiglia: sostantivo
plurale (Franco Angeli), che indaga i cambiamenti in atto. «Mi raccontano amici medici che negli ospedali i piccoli arrivano accompagnati perlopiù dai nonni».
Maria Venturi, dopo essere stata direttrice di Novella2000, scrittrice e famosa per la sua posta del cuore, è oggi una nonna felice. «In fondo è l’esame di riparazione dei genitori latitanti» scherza. «Sempre più attivi: il nonno avvocato lavora fino a ottant’anni, io sono più occupata di prima. Ma non è facile, e con la crisi delle famiglie arrivano i problemi: i nonni devono a volte ricorrere ai tribunali per riuscire a vedere i nipoti. Nuove compagne, ex nuore rancorose, e guai se
si diventa amica della seconda moglie. Poi quando arriva la separazione, si torna a vivere dai genitori. E tocca a loro tenere insieme quel che resta del nucleo familiare» conclude.
Non solo. I nuovi nonni oggi inforcano il trolley e passano l’estate in giro per l’Europa non solo per fare i turisti, ma spesso anche per andare a trovare i nipoti che lavorano o sono andati a vivere all’estero (c’è chi deve arrivare fino a Miami o Singapore per vederli crescere). «È un fenomeno nuovo, i nonni in trasferta a causa delle migrazioni dei nipoti. Io ne ho sei, e andrò a trovarli a Bruxelles».
Le ore trascorse dai nonni con i ni
poti nell’ultimo anno sono state 1 miliardo e 322 milioni. Secondo l’Osservatorio di Peranziani.it, il 59 per cento dei senior dichiara di essersi avvicinato alle nuove tecnologie grazie all’insegnamento dei piccoli. Imparano l’uso del tablet, a scattare e spedire foto, creano gruppi su Whatsapp, aprono profili sui social; nel 77 per cento dei casi, questo li fa sentire meno soli, e nel 63 per cento li aiuta a restare in contatto con i familiari. Anche la fiaba della buonanotte si legge via Skype. Il 43 per cento degli intervistati over 65 ha dichiarato che nei momenti di sconforto sceglie di confidarsi con i nipoti. Per oltre il 70 per cento il rapporto con i giovani è fonte di buon umore e nuovi stimoli.
«Questi ragazzi sono la prima generazione che può salire in cattedra e insegnare qualcosa agli adulti» osserva la psicologa Silvia Vegetti Finzi, autrice di
Nuovi nonni per nuovi nipoti ( Mondadori). «Sono vissuta a cavallo tra due secoli, ho imparato a fatica a usare la tecnologia. Mia nonna, Liberata Bendoni, era una donna dell’Ottocento, fredda, ieratica, capace solo di insegnarci una religiosità superficiale. Io mi sono trovata i nipoti del Terzo millennio».
Una trasformazione epocale secondo la psicologa: «Vedo famiglie, che ho ribattezzato Ikea, composte e scomposte in moduli. Ormai il modello studiato da Freud non ha più senso. E la “nonnità”, parola che avevo inventato anni fa, ha mille sfumature: anche quella dei nonni che si vergognano a farsi chiamare così perché suona vecchio». Ai nuovi nonni appartiene anche la senilità «rampante» dei nostri tempi, i divorzi in aumento nella terza età, le nonne botulinate, i loro coetanei che si riaccompagnano con giovanissime. Li racconta Roberto Gilardi nel suo pamphlet Nonni in regola (Franco Angeli): «Vogliono mantenere la gioventù a tutti i costi. Hanno grosse difficoltà ad accettare il cambiamento. D’altronde ormai si esce dall’adolescenza quasi a 50 anni e subito si precipita nella nonnitudine. E ciò non sempre porta la saggezza».
In questo quadro fluttuante, dove i
nonni tornano giovani e si sostituiscono ai genitori, la sovrapposizione di ruoli crea problemi inediti. Come spiega la psicologa e sessuologa Fabiana Corica nel suo Nonni. Istruzioni per l’uso (Sovera Edizioni): «Ai nonni tocca prendere decisioni quotidiane, dal cibo ai compiti; e questo spesso è fonte di conflitti». Stili educativi diversi, entrano in guerra nuore e suocere e gli avvocati matrimonialisti sono concordi nell’affermare che la prima causa di separazione non è il tradimento, ma la pesante interferenza delle famiglie d’origine. In questo fragile equilibrio il ruolo del padre è quello più a rischio di evaporazione, superato dal nonno.
Enrico Smeraldi è stato un noto psi-
chiatra milanese e sul rapporto con la nipote Giulia, oggi adolescente, ha scritto
L’arte di essere nonni (Imprimatur). Titolo simile a quello del romanzo di Victor Hugo ( L’arte di essere nonno). Marito terribile, pessimo padre, a 75 anni il grande scrittore francese si riscattò. Per lo psichiatra è un’arte: «Nipoti si nasce, ma nonni si diventa. Bisogna fare fatica e tanti errori. Non è una questione d’istinto. Quando hai un figlio è la responsabilità il primo sentimento che provi, quando nasce un nipote lo ami e basta».
Secondo Smeraldi bisogna saper ascoltare: «I nipoti ti confideranno quello che ai genitori non diranno mai». E dare il senso della continuità: «La funzione del tempo è il concetto attorno al quale si costruiscono la personalità e la coscienza di sé». I nonni, anche quelli «sprint» e magari un po’ ritoccati, restano i depositari della storia delle famiglie, gli unici che ti possano raccontare come erano i tuoi genitori da piccoli.
«Nel rapporto molto intenso che ho
avuto con la nonna materna, ho imparato a capire mia madre, la sua storia, le difficili scelte compiute» racconta Massimiliano Stramaglia, docente di pedagogia all’Università di Macerata e autore di Una madre in più. La nonna materna,
l’educazione e la cura dei nipoti. (Franco Angeli). «Quando i miei si separarono, lei divenne il mio porto sicuro. Mi interessava capire come mai era stata così importante. Ho scoperto che c’è anche una ragione biologica: le pratiche di cura si trasmettono per via matrilineare. I nonni rappresentano il modello positivo e coeso. E nell’adolescenza ci consentono di capire le nostre paure».
Quando dalla Puglia partì per la carriera universitaria dalla casa della nonna, che ormai non c’era più, Stramaglia portò via le tende. Il motivo? «L’educazione materna ci fornisce la terra su cui poggiare i piedi, quella paterna la spina dorsale per affrontare la vita eretti. I nonni ci consentono di avere le spalle coperte. Quelle tende bianche erano la mia protezione».