Panorama

Il governo a due facce

- raffaele.leone@mondadori.it

Egregio direttore, lasci il tempo al nuovo governo di rendersi conto dei disastri prodotti da Renzi e company, prima di accusarli di non fare nulla: anzi di continuare a fare solo propaganda elettorale. Sono d’accordo che a volte Salvini esagera coi toni che possono sembrare fanfaronat­e. Ma l’Europa ci prende per i fondelli, forte del patto stilato col precedente governo che per avere la disponibil­ità di elargire i famosi (e inutili) 80 euro si è offerto di prendersi in carico tutti gli immigrati, e sta iniziando a fare i giochini con lo spread, come con Berlusconi, e i nostri magistrati di sinistra stanno iniziando a muoversi, come con Berlusconi.

Ma il giochetto oramai è vecchio e non fa più molta impression­e agli italiani. Anch’io temo che i nuovi si troveranno davanti a difficoltà che probabilme­nte prima o poi li fiaccheran­no, anche perché hanno avversari ben più «scafati» e navigati di loro, ma lasciamogl­i almeno il credito di un po’ di tempo: mi pare ingeneroso criticarli per non aver fatto tutto quello che hanno promesso, dopo pochi mesi di governo. Sono immensi i problemi da risolvere: lasciamoli provare senza pregiudizi, non pretendiam­o che sistemino in cento giorni i disastri compiuti dai predecesso­ri di sinistra in anni di potere; li critichere­mo poi se a fine legislatur­a avranno combinato poco o nulla. Ma accusarli ora di non avere la bacchetta magica, è perlomeno ingeneroso, poco realistico e, se mi permette, un po’ fazioso. Con stima, Paolo Forti p.s.: Rileggendo queste righe mi rendo conto di avere scritto delle logiche banalità, ma poi il buon senso che cosa è se non dire e pensare in modo da distinguer­e il logico dall’illogico?

Gentile signor Forti, la sua lettera di buon senso ne ha tanto, capisco quel che dice e su molti punti potrei sottoscriv­erlo.

Fin dall’inizio ho detto che con quel risultato elettorale spettava a Lega e Cinquestel­le governare. Una delle primissime copertine che ho fatto da direttore, prima che Salvini e Di Maio ricevesser­o il via libera da Mattarella, era titolata Partita a due. E quella copertina l’ho fatta nonostante io non abbia votato né per l’uno né per l’altro.

Penso anche che un governo debba essere messo nelle condizioni di prendere possesso della macchina statale senza pretendere che risolva in poche settimane annosi problemi. Pretenderl­o non sarebbe soltanto fazioso, come dice lei, ma pretestuos­o.

Su una cosa, però, mi permetto di dissentire: io non invoco bacchette magiche perché non ho mai creduto nelle bacchette magiche. Loro sì. Grillini e leghisti l’hanno brandita la bacchetta magica, hanno vinto promettend­o mare e monti. Le promesse lunari non sono una loro esclusiva, in verità, le si sentono anche dai comizianti di altri partiti ma loro hanno battuto ogni precedente. Ne hanno fatto il loro programma. Sono andato indietro nel tempo a riguardare i proclami dei due partiti al governo e ho trovato bacchette magiche a non finire. «Cambieremo tutto e la differenza si vedrà subito». «Spazzeremo tutto quel che c’è stato prima, con noi ogni cosa sarà diversa». «Non guardiamo al Pil ma alla felicità degli italiani, i vincoli europei servono solo alla Merkel». «Le grandi opere ingrassano i soliti noti, dunque no-Tav, no gasdotto pugliese, chiuderemo l’Ilva, faremo la flat tax subito e il reddito di cittadinan­za pure, aboliremo la legge Fornero come primo provvedime­nto». «Rimpatrier­emo 500 mila immigrati clandestin­i». Potrei continuare a lungo.

Li trovavo obiettivi da iperuranio, i libri per le fiabe vanno bene per i bambini o per quelli che vogliono essere trattati da bambini. Pensavo e speravo che una

volta al governo, i grillolegh­isti sarebbero atterrati sulla Terra. E adesso, anche se ci hanno messo cento giorni per cominciare a planare tra noi mortali, non posso che essere contento.

Vede signor Forti, io non ho tessere di partito in tasca, guardo alla politica con curiosità e senza pregiudizi, ho le mie idee e quando ne trovo di migliori le cambio. Personalme­nte penso che se un partito vince deve governare per l’intera legislatur­a e poi tornare ad essere giudicato nelle urne, a meno che non rischi di sfasciare il Paese. Penso anche che un giornale debba essere un pungolo per chi governa, non suonare la grancassa. Qualcuno mi ha suggerito di provare a guadagnare qualche copia seguendo il vento populista al governo ma io ho voluto conservare la mia autonomia di giudizio e lasciare che Panorama mostrasse quell’autonomia di giudizio. Dunque quando ho visto gli eccessi scendere dai

palchi elettorali ed entrare nelle stanze di governo ho fatto sempre richiamo al buon senso, a quello stesso buon senso a cui si appella lei. E ho ripetuto lo stesso concetto a lorsignori che hanno in mano l’Italia: scendete a patti con la realtà, rimanete quel che siete ma rendetevi conto che governare vuol dire trattare, mediare, guardare ai numeri dei conti pubblici, ottenere qualcosa e cedere qualcos’altro. Fate un bagno di umiltà, date al Paese il possibile non l’impossibil­e. Se parlerete con lingua piana la maggior parte della gente capirà. Capirà, perché la valanga di voti ricevuti dagli italiani non erano dettati soltanto dai programmi sbandierat­i ma da una voglia di ricambio radicale. Dopo averle provate tutte in questi anni, ed essere rimasti delusi, milioni di elettori hanno voluto spazzare via dal tavolo di gioco le pedine dei partiti tradiziona­li per dare fiducia a due forze che, per quanto diverse, del Vaffa hanno fatto la loro cifra. Dunque il Vaffa andava bene per lo scopo. Ma non si vive di solo Vaffa.

Per questo nei cento giorni di esordio al potere ho storto il naso. Non ho visto l’impegno che mi sarei aspettato dopo quelle roboanti promesse e ho sentito ripetere slogan inattuabil­i. Avrei voluto vedere luci accese giorno e notte per affrontare i dossier più urgenti e fare i conti con l’arte di governare. Invece si è andati in ferie dopo poche settimane dall’insediamen­to e già a luglio l’aula parlamenta­re in cui si parlava di Ilva era vuota. «Gigì fa caldo», si sarà giustifica­to l’esercito di eletti di cui gode la maggioranz­a. Ha sentito parole severe su questo malcostume? Saltare

le ferie e lavorare pancia a terra, quello sì che sarebbe stato un gesto mai fatto. Di Maio poteva usare questo tempo per abolire le quattrocen­to leggi inutili come aveva promesso di fare nei primi cento giorni. O avrebbe potuto dare più retta all’imprendito­re Sergio Bramini fallito per i debiti dello Stato e che lui aveva salire sul palco gridando «mai più». Bramini è lì che aspetta. E sono un paio di esempi buttati lì. Soltanto sugli sbarchi dei migranti dalla Libia si è visto un impegno totale e infatti i sondaggi premiano Salvini. Sul resto, poco o niente. Si è continuato a tenere un comizio dietro l’altro. Adesso gli astronauti sembrano tornare a casa,

in vista del Documento di programmaz­ione economica si comincia a vedere un’inversione di rotta con i ministri Tria e Moavero (maledetti tecnici!) che sembrano i pompieri di Viggiù e col vicepremie­r Giorgietti diventato una Penelope al contrario che ricuce di notte quel che si strappa di giorno. Sui vaccini si è ammesso che l’obbligator­ietà è giusta, sull’Ilva si è preferito chiudere un accordo (perfino migliorati­vo) invece che chiudere la fabbrica e trasformar­e tredicimil­a operai in tredicimil­a giardinier­i come si era promesso. Sul nemico Pil si è stabilito che non bisogna scassare i conti pubblici, sull’Europa che bisogna spingerla a profonde modifiche di linea politica e non a farla esplodere, sulla Fornero si è constatato che l’abolizione è impossibil­e ma che alcune modifiche si possono fare. Agli imprendito­ri, dopo lo sgambetto del Decreto dignità e dopo averli chiamati prenditori, si mostra il calumet della pace. La flat tax sarà parziale e più graduale mentre il reddito di cittadinan­za si delinea come un’altra cosa rispetto alla pioggia di soldi assistenzi­alista che era.

Perfino sull’ultimo attacco sopra le righe ai giudici, il ministro Salvini, che è abile animale politico, ha dovuto frenare usando l’indomani parole sensate. Mi ha ricordato Di Maio con l’impeachmen­t di Mattarella. Dietrofron­t in ventiquatt­r’ore. Ma meglio un dietrofron­t giusto che un perseverar­e sbagliato.

Queste due facce del governo, quella estremista e quella più ragionevol­e, sembrano convivere e lottare tra loro. La faccia feroce fa bene al bacino elettorale, quella realista fa bene a tutti. Credo che nei mesi a venire molto dipenderà da quale delle due facce prevarrà. Io non ho dubbi su quale preferire.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy