Panorama

Salvini-Di Maio e il fattore tempo

Tensioni e polemiche. Ma alla fine i due vicepremie­r trovano sempre il modo di fare pace. Perché conviene a entrambi per i loro progetti a medio e lungo termine. Matteo, infatti, vuole strutturar­e meglio la sua Lega. Luigi, invece, punta a superare la reg

- di Carlo Puca

M artedì 11 settembre. Dopo un’estate ad alta tensione, complice la riapertura del Parlamento, deputati e senatori tornano a Roma carichi di aspettativ­e. Attendono di sapere da Matteo Salvini se le voci sulle potenziali elezioni anticipate sono realistich­e. Pesano i tanti, forse troppi, attriti registrati con il Movimento 5 stelle durante l’estate - per esempio - sui migranti, l’Ilva, l’Europa, l’economia, il ponte di Genova. Né ha alleggerit­o la tensione l’intemerata dell’ultrà grillino Alessandro Di Battista sui 49 milioni di euro confiscati al Carroccio: «Restituisc­a il maltolto!», ha urlato dal Guatemala il «Dibba», più infoiato che mai; tesi peraltro accolta, seppur con toni assai più miti, da Alfonso Bonafede: «Le sentenze si rispettano», ha decretato il guardasigi­lli.

Nervosismi, insomma, che si sommano ad altri. È così che nella Lega cominciano a manifestar­si consistent­i malumori verso il M5s, considerat­o un problema da superare con le elezioni. Anche i seguaci del ministro per l’Agricoltur­a, Gian Marco Centinaio, non disdegnano il voto ma per altri motivi: ritengono che sarebbe un’occasione ghiotta per «mangiarsi» definitiva­mente Forza Italia, che temporeggi­a in attesa di un ritorno in campo di

Silvio Berlusconi e rimane ferma nei sondaggi (per esempio di Swg) intorno al 7 per cento. Tutto questo mentre il Carroccio vola al 32,1 e l’M5s cala al 27,9. Niente di meglio per andare alle urne e subito.

Ma i cultori delle elezioni anticipate dentro e fuori dalla Lega dovranno farsene una ragione: Salvini non pensa affatto a una crisi di governo, anzi. Sempre l’11 settembre, di buon mattino, al Viminale il ministro dell’Interno è stato molto chiaro con i suoi fedelissim­i: «Il fattore tempo gioca dalla nostra parte». Quindi, almeno fino alle Europee del 2019, e anche oltre, di elezioni politiche non si parla poiché la Lega è già nelle condizioni ideali per trionfare alle Europee e alle amministra­tive del 2019. E per cinque ragioni, a quanto risulta a Panorama, esposte da Salvini più o meno così.

Prima ragione: «C’è chi guarda i sondaggi, ma il voto è comunque un’incognita, non si sa mai come va a finire, a maggior ragione con un partito come il nostro, che al Sud è ancora troppo leggero. Prima dobbiamo consolidar­ci, poi potremmo capitalizz­are. Avete visto la Svezia? I sondaggi segnalavan­o un trionfo dei sovranisti, si sono fermati al 17,7 per cento, sono appena all’inizio del cammino». Seconda: «Se cade il governo Conte, nessuno ci garantisce il ritorno alle urne. Di sicuro il Quirinale farebbe tutto il possibile per evitare le elezioni con un esecutivo istituzion­ale. Il Pd e Forza Italia già sono pronti a sostenerlo e anche i 5 Stelle. Il perché sta nella terza ragione: «Di Battista. Il tema è uscito dal dibattito, e a noi conviene tenerlo nascosto. Ma per le regole del movimento sul doppio mandato, Di Maio, la gran parte dei ministri e una sessantina di parlamenta­ri sono alla fine del loro ciclo politico. Se si tornasse a votare e non cambiasser­o le regole, il leader lo farebbe Dibba, mentre Luigi e i suoi se ne tornerebbe­ro a casa loro». Quarta: «Proprio per questo, al momento i 5 Stelle sono gli alleati ideali. Hanno bisogno di noi per esistere e resistere il più

possibile e di certo non possono metterci in difficoltà, perlomeno non più di tanto». Quinta ragione: «La Lega è già leader del governo. Non guidiamo fisicament­e Palazzo Chigi, è vero, però lo guidiamo politicame­nte e da una posizione di privilegio, che scansa i dossier più scottanti». Insomma, «ci sarà un tempo in cui ci assumeremo anche la responsabi­lità di guidare il governo, però non bisogna essere impazienti. Quindi, per favore, con i Cinquestel­le bisogna essere morbidi. Concediamo loro le cose minori e teniamoci per noi le grandi scelte. È un grande affare politico, il nostro: se non sbagliamo, possiamo vivere di rendita».

Il risultato di questa chiacchier­ata informale si palesa poche ore dopo,

per la precisione alle 12.10, quando Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, esce dal Viminale e dà il via libera della Lega alla chiusura domenicale dei negozi, cara a Di Maio e ridimensio­nata, se non osteggiata, da Centinaio: «Si tratta di un provvedime­nto che ci chiedono le associazio­ni dei commercian­ti schiacciat­i dalla liberalizz­azione selvaggia di Mario Monti e dai vantaggi competitiv­i della grande distribuzi­one» ammicca Molinari. E i Cinquestel­le eletti, a differenza di Di Battista, applaudono.

D’altronde, come ha mirabilmen­te spiegato in privato Salvini, hanno bisogno di tenere in piedi il governo per evitare di chiudere anticipata­mente la loro carriera politica. Davanti all’opposizion­e del Dibba, Di Maio può solo sperare di rafforzars­i per cambiare in corsa la regola del doppio mandato elettivo. Per riuscirci ha bisogno di tempo e di ottenere i risultati abbondante­mente mancati nei primi cento giorni del governo di Giuseppe Conte. Pochi i provvedime­nti approvati, al punto che questo esecutivo - nonostante l’iperattivi­smo mediatico - detiene il record negativo di produttivi­tà della storia repubblica­na. Resta l’attesa per la legge di bilancio, ma di sicuro le promesse da campagna elettorale verranno annacquate.

Prendere tempo e far durare il governo può essere utile d’altronde anche alle opposizion­i, a Forza Italia come al Pd serve buttare la palla più avanti, altro che urne anticipate. Insomma, di fatto, per ragioni eterogenee, il «fattore tempo» condiziona tutti i leader politici italiani.

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 ??  ?? A destra: Luigi Di Maio, 32 anni, capo politico dei 5 Stelle. A sinistra: Matteo Salvini, classe 1973, leader della Lega.
A destra: Luigi Di Maio, 32 anni, capo politico dei 5 Stelle. A sinistra: Matteo Salvini, classe 1973, leader della Lega.
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Giuseppe Conte, 54 anni, dal 1° giugno è presidente del Consiglio.
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