Panorama

C’è da spostare un carrozzone in autostrada

Il consorzio che gestisce le grandi strutture viarie siciliane è un pozzo di inefficien­ze fuori controllo. Tra arresti, mancata manutenzio­ne e irregolari­tà nei lavori, adesso la Giunta ha deciso di voltare pagina e chiedere aiuto all’Anas. Ecco i numeri d

- di Antonio Rossitto

Chiusi nei loro bollenti gabbiotti, gli «esattori» del casello di San Gregorio, alle porte di Catania, sono schierati come un esercito già allo spuntar dell’alba. A turni, si alternano 30 dipendenti. Che fanno del varco autostrada­le siciliano il meno automatizz­ato d’italia. L’esempio più luminoso dell’uomo che resiste e fa polpette del progresso. Niente bancomat. Vade retro carte di credito. Bandite le casse automatich­e. Ogni pagamento è affidato al solido scambio di contanti. Ma i colleghi catanesi, nella lotta al progresso, non sono soli. La rete autostrada­le dell’isola si estende per 300 chilometri. Il pedaggio, però, si paga solo per 260. Presidiati da 250

casellanti: praticamen­te uno per chilometro. Oppure, variando unità di misura, più di 11 per accesso. In compenso, per l’ente lavorano appena sette ingegneri.

Così, mentre a Roma i gialloverd­i discutono di nazionaliz­zazione, a Palermo il governator­e Nello Musumeci tribola per l’arci sicilianiz­zazione delle sue tratte a pedaggio. Cas: l’innocuo acronimo cela la più disastrata delle carcasse isolane. Un carrozzone che, perfino giuridicam­entente venne partorito nel 1997 per agevolare lo scialo ed evitare tediosi fallimenti: da qui, il fregio di «ente non economico». Che fa rima con sperpero senza remore. Un baraccone che odora di stantia economia pubblica. Adesso Musumeci, dopo decenni di inerzia, sta faticosame­nte tentando di smantellar­e.

Vastissimo programma. In cui si cimenta da dieci mesi

senza riserve Marco Falcone, assessore siciliano alle Infrastrut­ture: «Abbiamo persino trovato in cassa 124 milioni pronti a essere spesi» scuote la testa. «Eppure non si spendeva un euro... E sa perché? Perché c’erano i cassetti vuoti. Da due anni non si redigeva nemmeno un progetto per la manutenzio­ne, nonostante lo stato drammatico delle infrastrut­ture». Del resto, con appena sette ingegneri... «E 250 casellanti: il mondo alla rovescia. Tutta la parte tecnica è stata esternaliz­zata, con i risultati che vediamo».

Cantieri eterni, arterie disastrate, abili maneggi e ataviche clientele. Il Cas è un emblema. La mano pubblica che si poggia, deleteria, su strade, ponti e viadotti. Lo rivela senza giri di parole un report riservato, che Panorama ha visionato. La relazione è arrivata il 26 aprile 2018 sul tavolo di Falcone. È firmata da Leonardo Santoro, appena nominato direttore generale del Cas. Sette pagine, e una caterva di allegati, in cui viene dettagliat­o lo stato comatoso del consorzio. A partire dalla «gravissima situazione di sofferenza manutentiv­a nelle intere tratte gestite». Lavori sia ordinari che straordina­ri. Tutto al palo. Bloccato da inerzia e indagini penali. Che, un arresto dopo l’altro, hanno coinvolto quasi tutti i tecnici in servizio al Cas.

L’elenco delle magagne è sterminato. Tre lotti della Messina-Palermo, completati nel 2005, non sono stati ancora collaudati a 13 anni dalla fine dei cantieri. In 40 gallerie mancano i sistemi di antincendi­o, telecontro­llo e sicurezza: vanno adeguate entro il 30 aprile 2019, altrimenti saranno chiuse. La summa dello sfascio è però il nastro d’asfalto (si fa per dire...) tra Siracusa e Rosolini. Qui, una variante dopo l’altra, i danari pubblici sono stati prosciugat­i. Così per 18 chilometri i nostri eroi si sono dovuti arrangiare. Rinunciand­o all’ultimo strato di asfalto, che manca ormai da sei anni. Percorrere la tratta è un’esperienza da appassiona­ti di rally: buche, dossi, avvallamen­ti. Una «trazzera», come i siciliani chiamano le disastrate strada di campagna destinate al transito del bestiame. E il limite di 80 chilometri orari non serve a evitare un incidente dopo l’altro. Questo tratto che corre a sud ovest dell’isola è l’epicentro di un’altra emergenza sottolinea­ta nel report: «La totale assenza di manutenzio­ne del verde». Qui, dopo otto anni di abbandono, le siepi sono diventate vigorosi fusti che invadono la carreggiat­a. Tanto da obbligare, in alcuni tratti, la chiusura della corsia.

Giunti a Rosolini, la gimkana si ferma. Ecco l’eterna incompiuta. Doveva essere pronta nel 1973. Ma per arrivare a Gela mancano ancora 700 milioni di euro e 80 chilometri. E solo 30 sono in tribolata costruzion­e. A luglio 2017 l’impresa incaricata dei lavori è fallita. Gli altarini si scoprono qualche mese dopo. A marzo 2018, per presunte irre-

golarità nelle gare sui tre lotti, vengono arrestate 11 persone. Tra questi c’è Duccio Astaldi, presidente del consiglio di gestione della società Condotte, e Antonino Gazzarra, allora vicepresid­ente del Cas. Abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti e corruzione. Per i magistrati di Messina, sarebbe la solita storia: appalti truccati e mazzette. Elargite però tramite munifiche consulenze. Un modo per «corrompere funzionari alla luce del sole», con «un tasso di illegalità neanche facilmente immaginabi­le», scrive il gip Salvatore Matroeni, nella misura cautelare.

Sempre lo scorso marzo, sei persone sono state indagate

per disastro ambientale e irregolari­tà dei lavori per la frana di Letojanni, vicino Taormina. La notte del 5 ottobre 2015 il costone viene giù. La strage è solo sfiorata. E le operazioni di «somma urgenza» per la messa in sicurezza sono finite sotto inchiesta: la frana resterebbe instabile e non c’è stato nessun collaudo «esponendo a rischio e pericolo un numero indetermin­ato di persone», scrivono i magistrati. Sembrerebb­e la solita storia: «Il Cas ha consegnato all’impresa un mandato in bianco, non fornendo alcuna indicazion­e in ordine al tipo di lavori da effettuare e ai costi da sostenere». Amorale della favola: dal giorno della frana sono passati tre anni. La valanga è ancora lì. E la gara d’appalto per rimuoverla non è stata nemmeno bandita.

A novembre 2017 viene invece chiusa l’inchiesta in cui sono coinvolti 59 dipendenti del consorzio. Avrebbero ottenuto incentivi e bonus per progetti inesistent­i. Un modo per far lievitare gli stipendi fino a 140 mila euro l’anno. Insomma, esclusa la pletora dei casellanti, buona parte del Cas risulta sotto indagine. E un’ennesima inchiesta, da quanto risulta a Panorama, è ancora in corso. L’ha aperta, a carico di ignoti, la Procura di Messina. I magistrati vogliono far luce sulla pioggia di incarichi legali concessi dall’ente. Dal 2015 a oggi sono stati ben 531: 3,1 milioni di euro in totale. Ma oltre all’entità, scorrendo gli elenchi dei contenzios­i, si trovano sempre gli stessi nomi. Come quello del noto avvocato messinese che ha difeso il Cas in 177 cause, fatturando quasi 770 mila euro.

Santoro, nel suo report riservato, calcola che i debiti dell’ente sarebbero di quasi 714 milioni di euro. Tra cui ben 490 milioni, somma considerat­a eccessiva dalla Regione, per i contenzios­i in atto. E 50 milioni di mancati versamenti degli oneri di concession­e al ministero delle Infrastrut­ture e all’Anas. Così, per il direttore generale, non restano che due strade: «liquidazio­ne» oppure «trasformaz­ione in società per azioni e subentro di Anas». La Regione ha scelto la seconda opzione. «Il Cas da solo non ce la I può fare» ammette l’assessore Falcone. «Stiamo studiando la fusione con l’Anas. E la trasformaz­ione in società per azioni entro la prima metà del 2019. Adesso è una società pubblica, che non può scaricare nemmeno l’Iva: ogni appalto finisce per costare il 22 per cento in più. E intanto abbiamo sbloccato quei 124 milioni, fermi da anni, per i lavori più urgenti».

Post scriptum: l’11 luglio 2018, due mesi dopo aver consegnato il suo affilatiss­imo report, Santoro s’è dimesso: «Problemi personali». O una resa incondizio­nata. Dice un vecchio detto siciliano: «La migliore parola è quella che non si dice».

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Un’immagine dall’alto dell’autostrada A18 nei pressi di Catania.
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 ??  ?? Agenti della Dia durante l’operazione che ha coinvolto 59 dipendenti del Cas: avrebbero ottenuto incentivi e bonus per progetti inesistent­i.
Agenti della Dia durante l’operazione che ha coinvolto 59 dipendenti del Cas: avrebbero ottenuto incentivi e bonus per progetti inesistent­i.
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