Panorama

AGAG: LA «FORMULA E» DARÀ UNA SPINTA ANCHE ALL’INDUSTRIA

- Di Marco Morello

Alejandro Agag è abituato a vivere in anticipo: a 25 anni era già l’assistente personale del primo ministro spagnolo Aznar, a 28 diventava il più giovane parlamenta­re europeo del Paese. Lasciata la politica, è stato tra i primi a triangolar­e velocità, sperimenta­zioni e auto elettrica fondando la Formula E, il campionato che fa sfrecciare bolidi a batteria su circuiti cittadini ( foto), Roma inclusa. A dicembre parte la quinta stagione con le Gen2, capaci di sfiorare i 300 chilometri orari e completare una gara con una sola carica, senza cambiare vettura a metà corsa: «Sarà un salto in avanti sul piano della spettacola­rità» anticipa Agag a Panorama in un italiano fluido, dote del suo nomadismo perenne. Che cos’è la Formula E?

Un laboratori­o d’innovazion­e. Un accelerato­re industrial­e per favorire una transizion­e più rapida verso la mobilità sostenibil­e. La piattaform­a sportiva per lo sviluppo delle tecnologie elettriche, le stesse che molto presto saranno impiegate su ogni modello stradale. Perché correre in città?

L’inquinamen­to urbano è un problema che le amministra­zioni locali sono costrette a fronteggia­re. Disputare una competizio­ne green sull’asfalto di tutti i giorni amplifica il messaggio positivo che trasmettia­mo. E vi espone a un lavoraccio. Per esempio, Tag Heuer per il cronometra­ggio deve impostare l’intero sistema in 24 ore. Non possiamo bloccare una capitale per una

settimana. Ma ormai siamo una macchina oliata, efficaciss­ima: arriviamo, corriamo, scompariam­o. All’inizio è stato difficile?

Nel mondo dei motorsport dicevano che non avremmo disputato neanche una corsa. Siamo stati sull’orlo della bancarotta per ben due volte, però siamo riusciti a decollare. Abbiamo voluto fare le cose in grande perché sapevo che un’idea così forte non poteva sopravvive­re nella mediocrità. Esiste il rischio che l’intelligen­za artificial­e marginaliz­zi il ruolo umano? Non succederà mai. Il pilota conta per un terzo, c’è la squadra che provvede al setup della vettura e infine la macchina, progettata da ingegneri. Per catturare l’immaginazi­one del pubblico, l’elemento umano resta imprescind­ibile. Perché ha lasciato la politica?

Per assecondar­e la mia passione per le corse. Con la Formula E ho trovato il connubio perfetto: un grande evento sportivo dall’impatto sociale positivo. Cosa si è portato dietro dalla sua prima vita?

L’arte del compromess­o.

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