STOP AI PERSEGUITATI CHE TORNANO IN VACANZA NEI PAESI CHE LI PERSEGUITANO
In un anno il Viminale ha contato 1.400 casi, soprattutto afghani e pachistani.
Il rifugiato afghano minacciato di morte dai tagliagole jihadisti, che torna tranquillamente in patria a visitare i parenti. I pachistani perseguitati per motivi religiosi, inclinazioni sessuali o dallo «zio» cattivo e capo clan, che poi trascorrono le vacanze in patria. Gli eritrei, in teoria fuggiti dalla dittatura, che non si perdono le feste nazionali a casa loro. Non solo in Italia, il fenomeno dei profughi «vacanzieri» è la presa in giro scaturita dall’abuso del diritto all’asilo e della protezione internazionale. Il Viminale, solo nell’ultimo anno, ha registrato circa 1.400 casi del genere. Una beffa stroncata dall’articolo 8 del decreto legge sull’immigrazione e la sicurezza approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri il 24 settembre. Al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è bastato aggiungere due righe a una norma del 2007 per far decadere la protezione al profugo vacanziero che torna a casa. Il Viminale «ha registrato un incremento dei casi di rientro per periodi significativi di titolari di protezione internazionale». Per intenderci non tre giorni per un funerale di un parente stretto. «Dal settembre 2017 si tratta di circa 1.400 casi, soprattutto tra afghani e pachistani» fanno sapere dal ministero dell’Interno. Una fonte di Panorama in prima linea sul fronte dell’immigrazione spiega che «esistono situazione imbarazzanti. Soprattutto fra i pachistani che arrivano in Italia e si dichiarano perseguitati. Una volta ottenuto il permesso di soggiorno di sei mesi, rinnovabile, spesso tornano in Pakistan e poi rientrano tranquillamente in Italia in attesa della decisione della Commissione sulla protezione internazionale». Il nuovo decreto ha sancito che «il rientro nel Paese di origine è indice, salvo la valutazione del caso concreto, della volontà del rifugiato di ristabilirsi in tale Paese o del mutamento delle circostanze che hanno determinato il riconoscimento della protezione sussidiaria». Le città più interessate dal fenomeno dei profughi «vacanzieri» sono Milano, Roma, e Napoli, ma il problema ha una dimensione europea. In luglio il vicepremier Salvini ha sollevato la questione al vertice in Innsbruck spiegando che «se ti do protezione in Italia perché scappi dalla fame, dalla guerra, dalla pestilenza e dalla carestia è strana cosa che poi torni nel Paese da cui saresti in teoria fuggito. Ci stai qualche mese e te ne ritorni bellamente in Italia». Il Belgio è uno dei Paesi europei dove la beffa è più sentita. La Commissione europea ha attivato un tavolo di discussione, «refu-return», che riguarda anche i profughi vacanzieri. Tre anni fa era stata per prima la Svizzera a denunciare lo scandalo dei rifugiati eritrei che tornavano a casa per le feste nazionali. Un anno dopo la Germania si è resa conto, grazie a un’inchiesta giornalistica, dei rientri sospetti in Libano, Siria e Afghanistan di chi aveva ottenuto protezione per le presunte minacce subite nei rispettivi Paesi di origine.