Macché marketing, meglio il calcio
Sdoppiato, tra Tiki Taka e il nuovo
Pressing di Mediaset, Pierluigi Pardo, 44 anni, è intrigato dalle sfide. Tanto da aver mollato una multinazionale per tentare, parecchi anni fa, la carriera da giornalista sportivo.
La sua prima telecronaca?
A cinque anni. Giocavo in casa a pallone e inscenavo le telecronache da solo. Lo facevo anche quando giocavo a Subbuteo con gli amici. Adoravo Sandro Piccinini, allora a Teleroma 56.
Come è arrivato alla tv?
Con una cassetta VHS. Nel ’96, quando studiavo Economia e Commercio e venni a sapere che Telepiù cercava telecronisti, mandai una mia telecronaca di Inghilterra-Scozia. Mi presero come collaboratore e cominciai una serie infinita di contratti precari.
La sliding door decisiva?
Quella di Stream, piattaforma che poi, insieme a Telepiù, sarebbe diventata Sky. Lavoravo già con la Procter&Gamble nel marketing, ma il sabato e domenica seguivo la serie B per loro. Nel 2001 mi proposero un vero contratto. Mio padre era contento ma feci di testa mia e accettai, lasciando il mio impiego.
Se avesse dato retta a suo padre ora dove sarebbe?
Nell’ufficio marketing di qualche grande azienda. Tanto che per il mio romanzo Lo stretto necessario (Rizzoli) come protagonista ho scelto un pubblicitario quarantatreenne milanese.