Lo zar di tutte le Italie
Ivan Zaytsev è il trascinatore della nazionale di volley che sta infiammando i tifosi. Un atleta unico. Un uomo che ci mette la faccia. Sempre. In campo e nella vita.
Ivan Zaytsev è un buono. Anche se schiaccia a duecento all’ora, anche se urla come un ossesso, anche se lo chiamano la bestia. Italiano, ripetere per favore: Ita-lia-no. Di più: capitano. Simbolo, dopo essere passato per agitatore solo perché voleva usare il suo sponsor personale, come tutti gli altri sportivi. I capelli biondi, la barba, gli occhi spiritati: 30 anni da compiere appena finito il mondiale di volley che sta esaltando l’Italia. E chi è il volto di questo mondiale? Lui. Ivan. Lo zar, per le sue origini russe. Figlio di un ex nuotatrice e di un ex pallavolista con il quale ha avuto un rapporto fatto di alti (pochi) e bassi (molto). Come ha scritto il Post, quando si parla di lui, in molti hanno ancora bene in mente i tre ace di fila con cui nella semifinale del torneo olimpico di Rio de Janeiro ribaltò da solo l’andamento della partita quando gli Stati Uniti erano a un passo dalla vittoria (due anni prima ne fece quattro, sempre contro gli Stati Uniti). La medaglia d’argento poi vinta dall’Italia a Rio de Janeiro fu uno degli esempi più evidenti di ciò che rende Zaytsev un giocatore formidabile e unico nella storia recente della pallavolo italiana.
Il romanzo della sua storia è fatto di simbologie forti. Per esempio: è nato nel giorno del 1988 in cui il padre perse la finale olimpica di Seul contro gli Stati Uniti, come entrambi specificano frequentemente. È nato a Spoleto, in Umbria, dove il padre si era trasferito nel 1987 per giocare nella Marconi, diventando il primo pallavolista sovietico a trasferirsi all’estero con un contratto da professionista. Altro simbolo: il ruolo. Era palleggiatore ora è l’opposto più forte d’Italia e tra i più forti del mondo. Opposto è il significato della vita: si opponeva al padre, si opponeva alle rigide regole del professionismo, poi ha scelto di essere opposto in campo ed è girato tutto. In meglio. Batte come pochi altri giocatori del panorama mondiale, mette a terra palloni da ogni posizione: non c’è una giocata che oggi sia tecnicamente impossibile per lui. È stato l’allenamento, sì. È stata la voglia, anche. Perché Ivan vuole vincere. È un leader, uno che non rinuncia a dire la sua anche se è scomodo. È diventato un testimonial pro vaccini e ha preso una valanga di insulti. No problem: ha continuato a credere in quello che diceva. Stesso discorso per l’esclusione (fortunatamente momentanea) dalla nazionale per aver indossato la scarpa di uno sponsor personale diverso da quello della Federazione. Ha la testa. Ha la faccia. Ha la forza. Dopo la generazione dei fenomeni Zorzi-Bernardi è l’uomo che sta facendo tornare la pallavolo uno sport popolare e amato. Faccia e storia sono da chiudere con un trionfo. Quel gruppo che portò il volley italiano a essere celebre in tutto il pianeta fu spinto dai risultati: i mondiali, gli ori olimpici sfiorati, i successi dei club italiani in Europa. Alla generazione Zaytsev manca solo questo. Ed è questo che vuole ora, in questo mondiale che si gioca in Italia. Con i palazzetti che urlano il suo nome, con i bimbi che vogliono essere come lui.