Panorama

Alitalia atterra su un binario morto

Dove la Cdp non può operare, i 5 Stelle mettono in campo le Fs. Ma l’ingresso nel trasporto aereo presenterà dei problemi di trust. E intanto per aumentare il consenso non si bada a spese.

- (Martino Cavalli) © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le Ferrovie dello Stato sono diventate il nuovo

giocattolo dei 5 Stelle. Da quando è stato nominato amministra­tore delegato Gianfranco Battisti, quello che non fa la Cassa depositi e prestiti lo possono fare le Fs. Quindi, dopo aversi visto sfilare Anas dal perimetro aziendale, Battisti si è dovuto fare avanti per il salvataggi­o sia di Alitalia che di Industria italiana autobus, come comandato dal ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio. Due aziende diverse ma che hanno in comune pesanti perdite di esercizio e prospettiv­e di mercato a dir poco incerte.

Per l’ex compagnia di bandiera, il nuovo

amministra­tore delegato delle Fs ha dichiarato che «il modello dell’Alta velocità ha fatto molto male ad Alitalia ed è ora il caso di rivedere quali sinergie siano possibili». Un’affermazio­ne che sembra dimenticar­e la presenza di un altro operatore dell’alta velocità, Italo. Il governo deve nominare i nuovi vertici dell’Antitrust, ma quale che sia la scelta, sarà difficile calpestare i diritti del concorrent­e, che tra l’altro è appena stato acquisito da un fondo americano e si muove quindi in un’ottica di pura concorrenz­a mentre le Fs - che sui viaggi nazionali a media distanza sono il principale concorrent­e di Alitalia - a vario titolo incassano ogni anno oltre 3 miliardi di euro di denaro pubblico.

Difficile anche che tornino in campo le Poste,

ancora scottate dall’obbligo di investire 75 milioni in Alitalia su pressione del governo Letta nel 2013 (all’epoca le Fs si tirarono indietro), soldi che sono finiti polverizza­ti subito poco. Ugo Arrigo, docen- te all’università Milano Bicocca, grande esperto di Alitalia e consiglier­e (inascoltat­o) di vari governi tra cui l’attuale, esprime i suoi dubbi anche sull’ipotesi di cedere ai cinesi il 49 per cento. «Il 90 per cento dei 35 collegamen­ti che garantisco­no il traffico passeggeri con l’Italia è in mano loro, che interesse avrebbero a entrare in Alitalia, quando per giunta volano con costi più bassi?». Arrigo punta il dito anche sul prestito-ponte da 900 milioni («una cifra esorbitant­e, che il precedente governo voleva appianare al momento della vendita, che però ormai non si fa più») su cui inesorabil­mente si abbat

terà la scure dell’Unione europea. A questo punto, propone Arrigo, invece che mandare avanti le partecipat­e, tanto vale che sia direttamen­te il Tesoro ad acquisire le quote di Alitalia. Una provocazio­ne? «Per niente» dice Arrigo: «ma bisogna convincere Bruxelles con un credibile piano di ristruttur­azione al termine del quale il pubblico si impegna a uscire».

Si può fare? In questa situazione pare difficile e i fatti si commentano da soli: Alitalia a inizio 2017 aveva chiuso 56 voli settimanal­i tra Reggio Calabria e Fiumicino (38), Linate (14) e Torino (4) che messi insieme causavano una perdita di 6 milioni di euro all’anno. Ma presto - come ha annunciato trionfante il ministro Danilo Toninelli - sulla rotta Reggio Calabria-Roma l’Alitalia tornerà a volare tre volte al giorno, mantenendo anche un volo per Linate. Chissà perché avranno cambiato idea...

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L’ingresso di Ferrovie dello Stato nel salvataggi­o di Alitalia è a rischio Antitrust. 18
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UN IBRIDO PERICOLOSO Il matrimonio tra l’Alitalia e le Fs rischia di incappare nell’Antitrust.

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