L’arte di andare alla ricerca di opere d’arte
La passione per i dipinti, l’organizzazione di mostre esclusive e i viaggi esotici. Il principe Fulco Ruffo di Calabria racconta la sua vita cosmopolita tra Nepal, Maldive e passeggiate all’alba in Maremma. Sempre con lo zaino in spalla. Perché non soppor
Un principe cosmopolita e un po’ irrequieto. Fulco Ruffo di Calabria ha frequentato i salotti «upper class» dell’aristocrazia internazionale, ma ha l’animo anti mondano di chi alle feste preferisce le passeggiate all’alba in Maremma. Da anni Fulco Ruffo, la cui famiglia è tra le più antiche e blasonate d’Europa, si occupa di arte e organizza eventi culturali. La prossima mostra, dal titolo Cani in posa, verrà inaugurata il 20 ottobre alla Reggia di Venaria reale di Torino ed è «la prima grande esposizione sul tema del cane nell’arte, un unicum mai realizzato», spiega. Con il curatore e critico d’arte Francesco Petrucci ha messo assieme 120 capolavori provenienti da collezioni private e pinacoteche, comprese tre opere prestate dai Musei Vaticani, «un viaggio straordinario dall’iconico mosaico
Cave canem di Pompei ad Andy Warhol». Com’è nata l’idea di una mostra incentrata sui cani nell’arte? È l’animale più rappresentato dagli artisti, per il legame affettivo e perché è sempre stato accanto all’uomo, vuoi per la caccia o per compagnia. Ma lei ce l’ha un cane? Sì, un Welsh terrier di nome Ras, come i capi delle tribù etiopi. Qual è il suo luogo d’arte preferito? Villa Borghese, a Roma: uno scrigno di capolavori. Dove va quando vuole staccare la spina? A Panarea. Per me ha un fascino speciale e ogni
volta che sono lì mi sento come a casa. Ci vado spesso anche perché sono un amante della pesca.
Il suo buen retiro esotico?
Le Maldive. Ci sono stato una decina di volte: le immersioni fatte in quegli atolli sono uno spettacolo indimenticabile.
Un viaggio che le è rimasto nel cuore?
In Nepal. A Katmandu incontrai l’ambasciatore italiano che avevo conosciuto in Sudafrica, quando lavoravo per un’acciaieria. Andai a trovarlo e m’invitò all’investitura del primogenito del re: fu una festa indimenticabile, con centinaia di persone e un’atmosfera unica. Purtroppo, nel 2001, il principe ereditario prese un kalashnikov e sterminò la famiglia.
Il libro che le ha cambiato la vita?
Il deserto dei tartari. Lo rileggo una volta l’anno: dentro quel libro c’è tutto, un fondo di malinconia, la disillusione, la filosofia dell’attesa.
L’hotel dove si sente come a casa?
Il Ritz di Parigi. Non sono un habitué, ma è un albergo straordinario. In Italia, invece, il Cavallo bianco di Dronero, in provincia di Cuneo, un hotel piccolo e confortevole.
Che gusto ha la sua madeleine?
Il Mont Blanc. Mi ricorda il natale a casa Agnelli: quando ero piccolo, e abitavo a Torino, loro stavano in Corso Matteotti. Ho impresso le elegantissime cene natalizie alle quali venivamo sempre invitati. Questi Mont Blanc erano giganteschi e saporitissimi.
Il suo vino preferito?
Compro solo vini piemontesi. Mi piace, per esempio, il Barbera d’Alba delle cantine Cordero di Montezemolo.
In valigia che cosa non manca mai?
Pantaloni, giacche e camicie. L’uomo ha il vantaggio di poter fare bagagli light. Personalmente, adoro viaggiare con lo zaino più che con la valigia.
L’accessorio cui non rinuncia?
Le cinture. Ne ho di tanti tipi diversi, molte delle quali acquistate al Game fair di Grosseto, un evento dedicato alla caccia e al tiro sportivo, dove trovo accessori no logo di grande qualità.
Il suo profumo?
Eau sauvage di Dior, un must: lo uso da 50 anni.