Josh Brolin. Il mio primo sequel è un po’ italiano
In Soldado, esordio americano di Stefano Sollima, re della serie tv di casa nostra, Josh Brolin è di nuovo l’agente della Cia del film Sicario. Per saperne di più sul regista, l’attore ha dedicato due notti a una maratona dei suoi due cult: Gomorra e Roma
Facciamo un patto» esordisce Josh Brolin. «Se promette di non definirmi né a voce né per scritto il re dell’estate, le concedo dieci minuti in più di intervista».
E perché mai?
Non ne posso più, è un soprannome stupido, non definisce assolutamente chi sono davvero e probabilmente mi porterà anche jella. Mi fa diventare paranoico. Spiegazione: i suoi ultimi due film usciti a distanza di un mese, Aven
gers: Infinity war e Deadpool, hanno incassato rispettivamente 2,4 miliardi e 734 milioni di dollari. Una doppietta stupefacente, unica negli anni recenti. E lui invece di gonfiare il petto come farebbe la maggior parte dei suoi colleghi, cerca di sviare l’attenzione. «Mica sono Tom Cruise», scherza. Figlio d’arte (suo padre James è un bellone delle soap opera che si è risposato con Barbra Streisand), ha appena compiuto 50 anni, si è sposato per la terza volta con Kathryn, 19 anni meno di lui, e sta per diventare di nuovo padre, dopo aver avuto, quando era molto giovane, Eden Trevor, 30 anni, e Eden, 24. Incasso i dieci minuti extra promessi e dirotto il discorso su quello che interessa di più a noi italiani: l’arrivo in sala dal 18 ottobre di Soldado. È il primo film americano di Stefano Sollima, il re delle serie tv, appellativo che a lui si può dare (le ultime due che ha diretto sono
Gomorra e Romanzo criminale e ora è al montaggio di Zerozerozero, tratta dal libro inchiesta di Roberto Saviano sulla globalizzazione del traffico di cocaina). Soldado invece è il sequel di Sicario, che era stato diretto dal canadese Dennis Villeneuve, in concorso al Festival di Cannes 2015 e poi candidato a tre Oscar. Insieme a Brolin, l’agente della Cia Matt Graver,
Josh Brolin, 50 anni, tre mogli e un terzo figlio in arrivo. La sua «matrigna» è Barbra Streisand, sposata con suo padre, l’attore di soap James.
torna anche il suo amico Benicio Del Toro (che lui chiama Benny) nei panni del killer colombiano Alejandro: anche se stavolta i loro rapporti sono più competitivi e complicati. È il primo sequel della sua carriera. Cosa le ha fatto dire di sì? La sceneggiatura. Come in Sicario è di Taylor Sheridan, un attore che si è rivelato uno scrittore così eccellente da essere stato candidato l’anno scorso all’Oscar per Hell or high
water. Il sequel è ambientato al confine fra Usa e Messico, la «porta dell’inferno». Ma se in Sicario i cartelli dei narcotrafficanti si concentravano sul contrabbando di droga, in Soldado il loro interesse si sposta verso il traffico di immigranti. Molto più remunerativo, perché fra loro si nascondono terroristi disposti a pagare qualsiasi cifra. Conosceva le serie tv di Sollima? No, ma me le sono viste in una maratona di due nottate. Che tipo di regista si è dimostrato? Molto intuitivo e cooperativo. Non di quelli manipolatori, che ti costringo-
no a non abbassare mai la guardia. Lo era invece Villeneuve che sapeva talmente bene quello che voleva e lo perseguiva con ogni mezzo. Mentre giravamo Sicario, io e Benny spesso non avevamo la minima idea di cosa avesse in testa, e quindi non sapevamo neanche se lo stessimo assecondando o meno. Solo quando abbiamo visto il montaggio abbiamo capito. E ci siamo addirittura stupiti dell’ottimo risultato. Con Stefano invece non c’è mai stato il minimo dubbio, anche lui sa quello che vuole, ma gli piace giocare a carte scoperte. Non esclude mai gli attori, ma li coinvolge dandogli anche tempo e spazio necessari all’ improvvisazione. Il suo motto potrebbe essere «cerchiamo insieme».
E il suo inglese com’è?
Non proprio perfetto, ma passabile. Anche se io ogni tanto gli facevo il verso per la maniera un po’ strascicata con cui si esprimono gli italiani, non lo facevo con cattiveria, ma affettuosamente. E soprattutto mai di nascosto. Ma è un professionista serissimo, mi hanno detto che ha continuato a studiare l’inglese.
E lei ha imparato un po’ di italiano?
Un «poquino» (testualmente, in un misto di italiano e spagnolo, ndr). Amo il vostro Paese, l’abbiamo scelto con Katryn per una ultraromantica luna di miele: Firenze e Roma, saltando all’ultimo momento Venezia, perché temevamo i troppi turisti.
Sollima dice che lei e Del Toro siete eccezionali, ma avete due tecniche opposte….
Gli unici attori «uguali» sono quelli senza fantasia e personalità. È il quinto film che io e Benny facciamo insieme, ci siamo conosciuti nel 1987, sul set dei telefilm di
Anzi, per un po’ abbiamo anche condiviso un appartamento, poi ci siamo persi, ma sempre ritrovati. Per me è come un fratello.
Se non fosse diventato un attore? Racconti il suo piano B.
Forse sarei diventato un avvocato, amo la dialettica. In realtà non volevo fare l’attore. Soffrivo la vita di mio padre, avevamo una terribile instabilità finanziaria: un anno avevamo una bella casa, quello dopo dovevamo stare nella guest house di qualche amico.
E come ha superato la paura del futuro?
Non spendendo a vanvera, risparmiando e investendo. Ho studiato perfino il libro di Donald Trump,
Una sua passione segreta? Le moto, Ducati su tutte. E il surf. Per i suoi ultimi cinque film è dovuto ingrassare e dimagrire come una fisarmonica, da 87,5 chili su fino a 109, e poi giù fino a 79. Anche quando non lavora, va in palestra?
Ora più che mai. Ho 50 anni e se non mi allenassi con un certo rigore ci metterei una vita a riprendermi. La Gold’s Gym di Venice è ormai il mio ufficio giornaliero.
Tempo fa aveva annunciato il progetto del biopic di George and Tammy, lei nei panni di George Jones, il cantante country e Jessica Chastain in quelli della moglie Tammy Wynette. Che ne è stato?
Non sono sicuro di volerlo ancora interpretare, forse mi limiterò a produrlo.
Non sarà che teme il giudizio di una matrigna come Barbra Streisand?
No, lei non solo mi sprona, ma mi provoca: «Ehi Josh, quando è che facciamo un duetto?».
Ma è vero che quando suo padre gliel’ha presentata non sapeva bene chi fosse?
Credevo che la Streisand fosse più attrice che cantante. Poi ho sentito un suo concerto. Cavolo! È che io ero un ragazzo semplice, musica country e metallara.
Il riconoscimento che la rende più fiero è la nomination all’Oscar per il film Milk?
Sì. Ma sicuramente alla pari con il duo punk dell’Illinois che ha scelto di chiamarsi Josh Brolin.