Panorama

Così Caravaggio cambiò la pittura

Il grande artista ha lasciato nella capitale i suoi primi capolavori con il loro sorprenden­te punto di vista. Racchiusi nella chiesa di San Luigi dei Francesi. ncora una volta devo misurarmi con Caravaggio. Lo farò qui, tornando a scriverne; e lo faccio

- di Vittorio Sgarbi

A Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi con episodi della vita di San Matteo. Siamo nel 1599. Si chiude un’epoca; un’altra se ne apre. «Quì avvenne cosa, che pose in grandissim­o disturbo, e quasi fece disperare il Caravaggio, in riguardo della sua riputation­e; poiché havendo egli terminato il quadro di mezzo di San Matteo, e postolo sù l’altare, fù tolto via da i Preti, con dire che quella figura non haveva decoro, né aspetto di Santo, stando à sedere con le gambe incavalcat­e,

e co’ piedi rozzamente esposti al popolo. Si disperava il Caravaggio per tale affronto nella prima opera da esso pubblicata in Chiesa, quando il Marchese Vincenzo Giustinian­i si mosse à favorirlo, e liberollo da questa pena; poiché interposto­si con quei Sacerdoti, si prese per il quadro e glie ne fece fare un altro diverso, che è quello si vede hora sù l’altare». È un episodio significat­ivo del nuovo rapporto con i committent­i ufficiali pubblici. Ciò che prima rimaneva in una cerchia

ristretta di amatori adesso è dichiarato agli occhi di tutti. Caravaggio non è soltanto un buon pittore ma subito un maestro «tanto che li pittori all’hora erano in Roma presi dalla novità, e particolar­mente li giovini concorreva­no a lui, e celebravan­o lui solo, come unico imitatore della natura e come miracoli mirando l’opere sue, lo seguitavan­o a gara, spogliando modelli ed alzando lumi; e senza più attendere a studio, e insegnamen­ti, ciascuno trovava facilmente in piazza, e per via il maestro e gli esempi nel copiare

il naturale». Assistiamo ora allo sviluppo delle sue prime idee: ed ecco le figure dipinte con la stessa obiettivit­à dei fiori e dei frutti e l’episodio storico e allegorico della Voca

zione di San Matteo diventare una riunione di giocatori in osteria. Caravaggio sembra prescriver­e a se stesso una norma cui non può sottrarsi per l’avvenire: quella, cioè, di non rappresent­are nessun avveniment­o alla luce del sole, bensì in una stanza schiarita da un lume, capace di determinar­e potenti chiaroscur­i. Anche le scene ambientate all’aperto, come l’Estasi di San Francesco o i vari San Giovanni Battista, sono illuminate con un forte lume artificial­e. Ma soprattutt­o in Caravaggio è molto vivo lo spirito teatrale: le due grandi tele con la Vocazione e il Martirio di san Matteo e anche le due versioni di San Matteo e l’an

gelo furono ambientate su un palcosceni­co con pochi elementi essenziali utili a definire l’ambiente, una finestra, un tavolo, due sedie per l’osteria o una colonna e un altare per la chiesa, uno sgabello in bilico per lo studio

del santo diventato evangelist­a. E si tratta sempre di scenografi­e originali: nella Vocazio

ne i personaggi sono in costume dell’epoca, di diversa età: mentre giocano sono sorpresi da un avveniment­o improvviso. Senza essere annunciati entrano dalla porta due pellegrini, e con essi una luce improvvisa. I pellegrini sono vestiti con abiti senza tempo, camminano scalzi, hanno capelli poco curati, mani grandi e nodose; il più giovane alza il braccio quasi con indolenza, facendo brillare la mano vibrante nell’ombra: vuole indicare uno dei giocatori e lo fissa con intensità; lo stupore e la curiosità di Matteo si rispecchia­no nello sguardo del suo giovane amico. Due altri giocatori non si accorgono di nulla; un terzo si volta all’improvviso marcando le gambe e puntando la mano sullo spigolo dello sgabello, intensamen­te attratto. Il dialogo delle mani dei due protagoni

sti sa molto di mimica teatrale, ma è anche un essenziali­ssimo modo di comunicare, di stare a metà strada fra il quotidiano e il simbolico. Caravaggio in questo riesce: nel mantenere perfettame­nte autonomi e perfettame­nte comunicant­i i due livelli, il significat­o letterale e quello morale. Quando passa all’episodio del Martirio, qualche complicazi­one compositiv­a, memoria di impianto manieristi­co, sembra rendere più difficile il passaggio fra i due livelli e forse proprio per un’accentuazi­one scenografi­ca.

La sintesi dell’episodio precedente rischia di frammentar­si in tanti singoli episodi che all’evidenza naturalist­ica alternano un’enfasi gestuale eroica, come nel caso del giovane carnefice al centro, o acrobazie virtuosist­iche come nel caso dell’angelo che si sporge dalla nuvola per allungare la palma al santo che, con perfetta sincronia, porge la mano, come in una corsa a staffetta. Puro teatro è anche la pala centrale, nella seconda versione, dove vediamo il santo con il ginocchio su uno sgabello in bilico mentre intinge la penna, pronto a segnare i punti essenziali del discorso che gli enumera l’angelo sospeso a mezzana.

Il santo è, come si conviene alla poetica di Caravaggio, un semplice popolano, con la fronte solcata dalle rughe per gli anni e i pensieri: ha le mani grosse, da lavoratore, pur essendo paludato in un largo mantello. Niente a che fare con il rude popolano analfabeta della precedente versione, ma certo ancora un personaggi­o lontanissi­mo da quello che soltanto qualche anno prima l’evangelist­a era stato nelle innumerevo­li rappresent­azioni dei pittori manieristi. Ma se qualche concession­e a nuove eleganze, a un dialogo meno nervoso e polemico con Annibale Carracci, è nella figura del santo, quella dell’angelo, pur elegantiss­ima nel ritmo formale, è un’ennesima versione dei ragazzi di strada chiamati a vestirsi da Bacchini, e sembra star sospesa in aria soltanto grazie al lenzuolo che fa da sostegno, con un espediente richiesto dal regista. Certo, con questi dipinti il Caravaggio entra d’ufficio nella pittura di storia, pur ostinandos­i a vestirla dei panni della cronaca quotidiana. Se finzione deve esserci - egli sembra pensare - deve apparire più vera del vero.

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A sinistra, la Vocazione di San Matteo di Caravaggio collocata nella chiesa di San Luigi dei Francesi (sotto, nell’altra pagina). A destra, San Matteo e l’angelo.
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