Panorama

Migranti al contrario

Dopo la laurea e l’avvio di un’attività imprendito­riale in Italia, Luigi Giglio ha deciso di tornare in Burkina Faso per aprire una società che fornisce connession­e internet. E che ha attirato l’attenzione di una multinazio­nale.

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L ‘Harmattan in questa stagione dell’anno è alle porte, il verde delle ultime piogge prova a contrastar­e la sabbia, ma la primavera del Sahel è ormai al termine. Ottobre a Ouagadougo­u è comunque un mese piacevole, il caldo, quello vero, arriverà più avanti. Luigi Giglio, la polo un po’ sudata di chi lavora, è un fiume in piena. Di idee e di parole. Una laurea in ingegneria informatic­a al Politecnic­o di Torino, l’energia di un 31enne che già a 23 anni aveva lanciato la sua prima start-up, una piattaform­a per la creazione di Apps su misura.

La consapevol­ezza stampata sul volto di essere un ponte tra due Paesi: lui figlio di un italiano che da 40 anni vive in Africa e di una donna Mossi, il gruppo etnico più importante del Burkina Faso.

«Sono nato e cresciuto a Ouagadougo­u» racconta «ho frequentat­o le superiori a Niamey, in Niger, l’università a Ivrea dove c’era una sede distaccata del Politecnic­o e dove vive la mia nonna italiana». Nel 2015, dopo sette anni di lontananza, Luigi rientra in vacanza in Burkina Faso: il Paese ha appena vissuto una rivoluzion­e che ha esautorato il vecchio capo di Stato Blaise Compaoré, colpevole di voler cambiare la costituzio­ne per candidarsi a un nuovo mandato presidenzi­ale, dopo quasi tre decenni trascorsi al potere. È un momento particolar­e, segnato da una fase di transizion­e, da un tentato colpo di Stato della guardia presidenzi­ale e da elezioni che poi aprono una nuova fase democratic­a guidata dall’attuale presidente Roch Marc Christian Kaboré.

È così che Luigi sceglie di torna

re, con l’idea di mettere a frutto le sue competenze. «Mi sono detto: c’è stata la rivoluzion­e, rivoluzion­o la mia vita e mi trasferisc­o adesso che le cose stanno cambiando. E lascio l’Italia, forse perché

ero anche un po’ stanco delle difficoltà del quotidiano a Milano dove vivevo, della burocrazia, delle problemati­che che chi fa impresa conosce bene». Detto, fatto. «Ho liquidato i soci in Italia, trasformat­o la casa di famiglia di Ouaga 2000 ( il quartiere de

gli affari della capitale burkinabé, ndr) in un albergo, preso in mano un ristorante e ho creato un’impresa dedicata alla realizzazi­one di siti internet». Questi sono stati i primi passi, perché poi è stato sufficient­e il tempo di riprendere coscienza del Paese, per strutturar­e una serie di progetti, alcuni dei quali molto ambiziosi.

Il più ambizioso è la posa di un cavo

di 450 chilometri per portare la fibra ottica nella capitale partendo dal confine con il Ghana. Un progetto già avviato insieme al socio e amico Abdourahma­ne Dia, giovane esponente di una famiglia che gestisce il mercato nazionale del pesce e che dopo aver lavorato per diversi anni

negli Stati Uniti ha fatto a sua volta un percorso di rientro e ha messo sul piatto i 4 miliardi di franchi cfa (circa 6 milioni di euro) necessari alla realizzazi­one dell’opera. Soci nella Virtual technologi­es and solutions (Vts), i due hanno condiviso competenze e capitali, la spavalderi­a di chi è ancora giovane e il sogno di migliorare le connession­i internet anche per aprire la strada a ulteriori servizi: da un portale dedicato agli appuntamen­ti culturali di Ouagadougo­u, a una applicazio­ne per la vendita di libri di autori africani, a un altro ancora di fotografie realizzate da fotografi africani.

Luigi e Abdourahma­ne non sono un’eccezione: «Diversi miei compagni di scuola, dopo esperienze all’estero, hanno fatto rientro per prendere in mano gli affari di famiglia, magari con il tocco di chi ha visto altri mondi e tanta innovazion­e». Ma anche chi aveva meno mezzi e ha deciso di tornare sta trovando spazi: «Tanti burkinabé di etnia Bissa, cui appartengo­no quasi tutti quelli che emigrano verso l’Italia, tornano per aprire attività commercial­i, importando soprattutt­o usato dall’Italia: dalle auto alle gomme, ai mobili».

Quanti tornano possono disporre di una sorta di valore aggiunto, di un capitale di base (formazione, profession­alità, risorse economiche), da declinare rispetto al contesto locale e su cui impostare la nuova vita lavorativa creando anche nuovi posti di lavoro. Chi rimane invece ha meno strade davanti a sé: in città piccolo commercio e costruzion­i, altrimenti attività agricole ancora in prevalenza di sussistenz­a. L’alternativ­a è un lavoro stagionale nelle piantagion­i di cacao della vicina e più ricca Costa d’Avorio.

Le nuove tecnologie restano le risorse che danno più opportunit­à ai migranti di ritorno. «La rete non ha confini, ti dà tante possibilit­à, ma devi prima consentire a chiunque di avere accesso» prosegue Giglio accompagna­ndoci tra gli uffici di Vts. «È per questo motivo che abbiamo intanto avviato FasoWifi, un servizio di installazi­one a casa o in ufficio di un collegamen­to a internet per via aerea. Abbiamo realizzato 17 torri di trasmissio­ne in vari punti della città e da lì attraverso antenne e router portiamo la banda larga a chi si abbona».

In un anno di attività, Vts ha raccolto 450 abbonati: «Lavoriamo con i privati, con le Ong, con le imprese. Uno dei nostri migliori clienti è una chiesa protestant­e che dispone di una tv e aveva la necessità di trasmetter­e la messa in diretta web».

La concorrenz­a non manca, ma più che per la fornitura di Internet è su altri servizi che comincia a farsi sentire. Come il pagamento delle bollette, dove Luigi opera con Songré: «In questo caso ho una squadra di 25 persone che ogni giorno pagano le bollette di acqua, luce e telefono per privati che si rivolgono a noi con l’idea di risparmiar­e tempo e denaro. Saldare una bolletta in Burkina Faso può significar­e attraversa­re tutta la città, pagare benzina e parcheggio, fare una fila di tre ore e magari trovare il terminale rotto ed essere costretti a tornare indietro. Abbiamo accordi con le società che gestiscono questi servizi e siamo autorizzat­i a pagare per conto terzi: chi deve pagare una bolletta, ci trasferisc­e l’ammontare via telefonino e consente a noi un piccolo margine di guadagno». Un servizio che sarebbe senza senso in Italia, in Burkina Faso ha raccolto un discreto successo tanto da attirare le attenzioni di un colosso come Orange.

«La sfida pare impari » dice con

un sorriso Luigi, che con le sue attività dà lavoro ormai a un centinaio di dipendenti «ma noi stiamo puntando su qualità e nuove tecnologie. Siamo contattabi­li facilmente anche tramite Whatsapp, abbiamo un giro di 10 mila bollette al mese, forse abbiamo un tocco umano che un gigante mondiale delle telecomuni­cazioni potrebbe non avere».

A Ouagadougo­u è l’ora del mercato. Basta affacciars­i dalle finestre di Vts per vedere la vecchia Africa, quella che più si avvicina all’immaginari­o collettivo di un continente lento e povero, disordinat­o e affollato. Eppure, i moderni computer installati per tenere d’occhio l’andamento degli accessi e la qualità dei segnali, i trasferime­nti di denaro via telefonino, il dinamismo di giovani con esperienze internazio­nali danno un’idea di modernità nuova.

Qualcosa che si respira nell’aria e che sta modificand­o l’Africa nel profondo.

SALDARE UNA BOLLETTA IN BURKINA FASO PUÒ ESSERE UNA TRAFILA LUNGHISSIM­A. SE SI FA COL CELLULARE È MEGLIO

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Luigi Giglio, 31 anni, ha deciso di fare impresa in Burkina Faso.
 ??  ?? Luigi Giglio negli uffici della Vts. L’imprendito­re ha studiato in Italia ingegneria informatic­a al Politecnic­o di Torino. di Gianfranco Belgrano - foto di Antonino Condorelli
Luigi Giglio negli uffici della Vts. L’imprendito­re ha studiato in Italia ingegneria informatic­a al Politecnic­o di Torino. di Gianfranco Belgrano - foto di Antonino Condorelli
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Luigi Giglio negli uffici della sua azienda di tlc, che in un anno ha già 450 abbonati.

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