Panorama

Salvini sta prosciugan­do anche i grillini. E dopo il voto...

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Stati d’animo a 5 Stelle. Il motto di Roberto Fico, presidente della Camera:

«Intervengo per ricordare a tutti ciò che eravamo: il patto con la Lega ci sta costando troppo». La convinzion­e di Giggino Di Maio: «Non c’è alleato migliore della Lega per governare». La profezia di Davide Casaleggio: «Fra dieci anni è probabile che il Movimento non ci sarà più». La sentenza del fondatore, Beppe Grillo: «Se va avanti così dimostrere­mo davvero che è tutto uno scherzo». Un caravanser­raglio di analisi, sentimenti, ossessioni. I grillini dopo quattro mesi di governo sono in panne. Il trambusto registrato­si a Roma dopo l’insediamen­to dell’amministra­zione Raggi, sia pure in maniera più drammatica, si sta ripetendo con il governo Conte. E forse aveva ragione il comico-fondatore, il più diffidente e il più pessimista, sulle conseguenz­e negative dell’ingresso nella stanza dei bottoni.

C’è la sensazione diffusa, anche se non detta, che la parabola

pentastell­ata si sia invertita, che dopo l’ascesa sia cominciata la discesa. I segnali sono diversi. Tutte le elezioni regionali dopo le politiche del 4 marzo hanno visto il Movimento perdere almeno una decina di punti. Se si passa dai voti reali ai sondaggi, i grillini ormai veleggiano tra il 26 e il 27 per cento, cioè 6 punti in meno. Dal punto di vista dell’indice di gradimento, mentre Matteo Salvini continua a superare la soglia del 50 per cento, Di Maio si attesta attorno al 38. Nelle ultime consultazi­oni, quelle delle provincial­i di Trento e Bolzano, mentre il Carroccio è andato in orbita, i grillini sono stati stracciati da un dissidente, Paul Koellenspe­rger, una specie di Pizzarotti del sud Tirolo, che con la sua formazione ha preso il 15,2, lasciando il M5s al 2,5. Per cui non deve meraviglia­re se Salvini ai suoi, sempre più insofferen­ti con gli alleati di governo dopo la sceneggiat­a del condono fiscale, ripeta: «Io li ho sottomessi, con loro ci vado a nozze. Se poi il meccanismo si rompe, prendiamo un’altra strada».

Al di là delle dichiarazi­oni pubbliche e le cene di pace

in cui i due dioscuri della coalizione promettono che il governo durerà cinque anni, tutti, ma proprio tutti ora, infatti, non scommetton­o un euro sulla durata dell’alleanza dopo le europee. Certo non è vero neppure il contrario, viste la condizione dell’opposizion­e, più che precaria, ma il vero problema per la maggioranz­a gialloverd­e è tutto interno: l’equilibrio premia, almeno per il momento, Salvini e i grillini stanno pagando a caro prezzo l’alleanza. In più, mentre il leader della Lega ha una prospettiv­a in Europa come in Italia, i 5 Stelle no. Ad esempio, uno dei timori del leader della Lega è sempre stato quello che, in caso di crisi di governo, i pentastell­ati avrebbero potuto dare vita a un esecutivo con il Pd. Paure che dopo quattro mesi di esecutivo Conte, si sono affievolit­e. «Ora» è la tesi che il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ripete spesso a Salvini «non potrebbero più permetters­elo. La base del Pd si ribellereb­be, ci sarebbe la scissione di Renzi e il partito andrebbe in mille pezzi». Quindi, con i sondaggi in discesa i grillini sono alla mercé dei leghisti: non per nulla la minaccia, made in Carroccio, che ha avuto più effetto durante lo scontro sul condono è stata quella delle elezioni anticipate.

In Europa, poi, le prospettiv­e sono ancora peggiori.

O meglio, il Movimento non ha prospettiv­e. Se Salvini punta a essere il candidato alla presidenza della Commission­e Ue del fronte sovranista, i grillini nel Parlamento di Strasburgo non sanno neppure in quale gruppo accasarsi: loro sono confusi e nessuno li corteggia. Anche Macron che mesi fa aveva accarezzat­o l’idea di un’alleanza con loro a livello

europeo, dopo averli visti al governo ci ha ripensato. Per cui il movimento sta attraversa­ndo una fase di difficoltà e di impotenza (la peggiore), che rischia di avere un’unica conseguenz­a: il logorament­o più o meno lento, ma ineluttabi­le. Motivo per cui l’ala ortodossa si mostra sempre più nervosa, mentre quella governativ­a perde terreno: gli applausi a Fico alla kermesse di Roma e la freddezza verso Di Maio ne sono l’immagine. Una situazione interna che nei prossimi mesi

innescherà una sorta di guerriglia tra 5 Stelle e leghisti. I grillini, infatti, patrocinat­i da Fico, su alcuni temi puntano a giocare di sponda con il Pd. «Ad esempio» racconta il piddino Emanuele Fiano «ci hanno avvertito che sul decreto per Genova ci sono ancora molti problemi con i leghisti». Mentre al Senato c’è stata una pioggia di emendament­i al decreto sicurezza, a cominciare da quello di Gregorio De Falco che reintroduc­e, nei fatti, il diritto d’asilo per motivi umanitari. Salvini non l’ha mandata giù. Di contro, il Carroccio che ha molti suoi esponenti nelle amministra­zioni locali sotto la tagliola della legge Severino, punta a modificarn­e l’applicazio­ne con alcuni emendament­i nel provvedime­nto sull’anticorruz­ione. «Non possiamo presentarl­i noi, perché creeremmo il casus belli» spiega Guido Guidesi, sottosegre­tario leghista «ma se li presenta Forza Italia…valuteremo». «Io li ho già pronti», gli fa eco subito l’azzurro Enrico Costa.

Insomma, ne vedremo delle belle. Tant’è che tra le tante opzioni prospettat­e in questi mesi da Salvini agli alleati del centrodest­ra, è tornata in auge una a cui Berlusconi credeva poco: «Prima delle elezioni europee non succederà niente» aveva spiegato il leader della Lega tempo fa a un Cav scettico «ma dopo sarò più forte e troverò l’argomento su cui rompere con i 5 Stelle per dar vita a un nuovo governo o per andare ad elezioni a settembre». Una prospettiv­a vera, o una promessa scritta sull’acqua?

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di Augusto Minzolini
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All’attacco Beppe Grillo, fondatore del Movimento 5 stelle.

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