Talento per l’export
TIl primo impiego nella moda a 13 anni, come commesso in un negozio di Londra durante le vacanze estive. Subito dopo la laurea in economia e commercio alla Bocconi di Milano, Gianluca Isaia, 55 anni (nella foto qui sotto), entra invece in azienda per seguire la direzione commerciale fino alla nomina di presidente e amministratore delegato. È lui che ha trasformato l’impresa familiare in un modello di business internazionale. utto è familiare, qui: i volti dei colleghi, il lavoro, i luoghi. A casa Isaia, il marchio napoletano che si è imposto nel mercato della moda maschile, assumere i parenti dei dipendenti è una scelta da tre generazioni. Da quando Enrico, il capostipite, si è reso conto che, per salvaguardare la conoscenza e la perizia artigiana, è essenziale far sì che si sviluppi una «tradizione» attraverso il passaggio di know-how tra genitori e figli. Con il risultato che il 20 per cento del personale oggi ha almeno un congiunto in azienda. E il fatturato cresce: da 24 a 59 milioni, solo negli ultimi dieci anni, tra il 2007 e il 2017. Non solo: la previsione è di 64 milioni per il 2018. Dal capoluogo campano l’impresa che, nel 1957, si è trasferita a Casalnuovo, il paese dei sarti (allora 7 mila su 14 mila abitanti), conta oltre 400 addetti e realizza 500 capi di abbigliamento e accessori al giorno, secondo antiche tecniche. Dal taglio dei tessuti esclusivi al collo con baffo delle giacche: tante micro-operazioni vengono fatte a mano, come ai tempi di Andrea Sirignano, ricamatore 72enne in pensione («Ma una passione non si abbandona mai») e icona perfetta di questa storia.
«Ho iniziato a cucire all’età di 10 anni e, diventato genitore, al primogenito ho subito tramandato i segreti del mestiere» racconta. «Appena c’è stata l’opportunità, i proprietari l’hanno assunto, dicendo: tale padre, tale figlio». Anzi, l’allievo ha superato il maestro. «Sono stato promosso caporeparto per il controllo qualità» aggiunge soddisfatto Mario, ex apprendista che oggi ha 39 anni.
Teresa Ercole, 42 ben portati, dolcezza e grinta senza eguali, guadagna più di mamma Caterina che l’ha coinvolta nell’impresa. «Ho avuto una chance di fare carriera dopo la terza gravidanza» sorride. «La più grande difficoltà resta separare i rapporti umani da quelli professionali». Perché genitori e figli, zii, fratelli e sorelle, cugini, cognati, ma anche amici e padri putativi si ritrovano fianco a fianco, nonostante il tentativo di evitare, almeno per i consanguinei, che stiano negli stessi laboratori. «Altrimenti potrebbe bastare un matrimonio o un lutto per svuotare interi settori» avvisa Felicetta Napolitano, responsabile della produzione.
«D’altra parte noi siamo venuti a stirare anche quando è morto papà» interviene Antonio Bile, 52 anni, addetto alla