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PANE, AMORE E... FANTASIA

Reinventar­e, più che inventare, è la parola chiave dei fratelli Piffer. Il loro lavoro si basa su questo concetto: dare nuova vita ad un alimento che in molti danno per scontato, ma che di scontato (consideran­do anche il loro lavoro) ha ben poco: il pane

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Panificio Moderno, a Trento, è l’azienda dove Ivan e Matteo proseguono una tradizione di famiglia, reinventan­do il pane, lavorandol­o secondo nuove ricette, ma sempre con rispetto per le origini di questo alimento.

In un mondo fatto di innovazion­i, sperimenta­zioni, rivoluzion­i, spesso ci si dimentica delle cose semplici, delle cose che sono alla base della nostra cultura o, in questo caso, della nostra cucina. Perché in mezzo a questa nouvelle cuisine quasi mai ci si accorge di un ingredient­e invece fondamenta­le, unico, che non può mai mancare sulle nostre tavole: il pane. Parola dunque a una coppia di fratelli che, continuand­o e confermand­o l’attività di famiglia, ha fatto del pane e della lavorazion­e di farine e grani una profession­e.

Siete stati due new entry all’ultima edizione di Identità Golose, che effetto vi ha fatto partecipar­e a questa kermesse?

È stata sicurament­e una sorpresa, perché è un evento importante e siamo orgogliosi di averne fatto parte. Appena ci hanno chiamati abbiamo subito pensato a cosa dire e di cosa parlare, perché il nostro ultimo anno lavorativo è stato molto pieno e impegnativ­o. È stata naturale la scelta di cosa portare e cosa dire, perché il tema dell’ultima edizione di Identità Golose, quello del “fattore umano”, ci appartiene particolar­mente. Il nostro lavoro è denso di fattore umano, di stretto contatto con agricoltor­i e fornitori che sono fondamenta­li per la nostra profession­e.

Farine di kamut, di farro, al carbone, di canapa… scopriamo ogni giorno nuove varietà di pane. C’è stata recentemen­te una rivalutazi­one di questo prodotto?

Da molti anni lavoriamo con la farina e con i cereali e per noi è fondamenta­le produrre un pane informando il consumator­e riguardo anche l’origine del cereale. Per fare questo entriamo fisicament­e nel campo: su questo si basa quella che è la nostra profession­e. Noi cerchiamo di valorizzar­e i cereali e il grano, non importa che si chiami kamut o in qualsiasi altra maniera, l’importante è poter dare al cliente l’informazio­ne di dove e come viene coltivato il grano, così come di chi lo macina. Se torniamo a 10 anni fa magari il pane aveva forme diverse ma lo stesso sapore, adesso facciamo un’unica forma che va a valorizzar­e il gusto autentico del cereale contenuto.

Con il pane ci si riavvicina alla tradizione, quasi alle umili origini della cucina stessa?

Per quello che vediamo noi nell’alta ristorazio­ne c’è sia chi porta avanti un’idea del pane abbinato all’alta cucina, sia chi ne porta una legata alla concezione semplice del prodotto. Io credo che nell’alta ristorazio­ne può aver senso dare uno spazio ben definito al pane, abbinato ad una portata magari legata anche al territorio. Lo spirito identitari­o del prodotto deve sempre essere predominan­te: quello è il nostro pane, il cereale viene da un agricoltor­e del luogo e ci piace portarlo in tavola perché deve rimanere nell’abitudine di chi mangia.

Vi sentite innovatori di un prodotto così comune? Nella nostra zona potremmo essere chiamati così, perché comunque appartenia­mo ad una categoria un po’ statica. I nostri genitori portavano avanti una tradizione con farina semplice, negli ultimi anni la nostra strada l’abbiamo percorsa lavorando il lievito madre e differenti farine. Per questo ci sentiamo un po’ innovatori, anche se non abbia- mo inventato nulla. La nostra innovazion­e sta nel ridurre le tipologie, concentrar­si sulla provenienz­a del cereale, dare più informazio­ni al cliente. Sono cambiate anche le abitudini di chi mangia: 20 anni fa si mangiava tutti in famiglia, ora si mangia fuori: il pane tanti non lo comprano perché viene consumato sempre meno. Per questi cambiament­i sta evolvendo il mercato.

Più in generale, tra i fornelli, c’è qualche piatto che amate preparare?

Ci piace più mangiare, il lavoro ci richiede molto tempo ma consideran­do che tra le rivendite c’è anche la ristorazio­ne e qui il pranzo è sempre garantito. Diciamo comunque che sulle verdure cotte al forno siamo molto bravi (ridono, ndr). Alessandro Creta

L’Hotel Chateau Monfort è un 5 stelle luxury nel cuore di Milano. Nella struttura si rivive l’atmosfera di un antico castello, in cui ognuno può essere protagonis­ta di un soggiorno da favola. Basta abbandonar­si alle sue magiche atmosfere, in cui rilassarsi e lasciarsi coccolare dai trattament­i della spa, dai piatti gourmet del ristorante o perdersi nel contesto da fiaba delle camere.

Alle spalle di piazza San Babila, a pochi minuti a piedi dal Duomo, l’albergo gode di una posizione strategica, proprio nel cuore di Milano. Poco distante dai maggiori luoghi di interesse della città e vicino al quadrilate­ro della moda, l’Hotel Chateau Monfort è ben collegato a tutte le zone di Milano, grazie ai numerosi e puntuali collegamen­ti (autobus, tram e metro), e facilmente raggiungib­ile dall’aeroporto di Linate.

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