THE UNTOLD HISTORY
Michelangelo, Leonardo, Caravaggio: la storia omessa nei tour che finalmente possiamo conoscere e ascoltare a testa alta e senza pregiudizi.
Viaggiare in Italia rappresenta per molte persone un modo per ritrovare le proprie radici. Aprire un libro di Virgilio, scoprire l’anelito all’ignoto di Omero lungo le coste del Sud, ritrovare a Firenze l’amore salvifico di Dante, le atmosfere di Tintoretto nei tramonti di Venezia. Molti stranieri, libro alla mano, arrivano per guardare ciò che già conoscono, e spesso si stupiscono sentendo dire dalla guida al loro fianco che Michelangelo “era sposato alla sua arte”, se non “tormentato da un amore per una donna che non poteva corrisponderlo”, attribuito da fantasiose biografie trasposte anche sul grande schermo. Ma ciò che invece fa più male al popolo colto, votato all’apertura mentale, sono i documentari: godibili, perfetti, con omissioni eclatanti sull’amore dichiarato di Michelangelo o di Leonardo per gli uomini. Nessuno dice del modello-allievo di Leonardo da Vinci: Gian Giacomo Caprotti noto come Salaì, mentre si fanno supposizioni su presunti legami di Leonardo con la “donna” ritratta come Gioconda, o sull’apostolo-Maddalena. Nei saggi invece l’omosessualità dei più grandi artisti diventa, finalmente, necessario approfondimento per un’analisi critica. Milioni di gay, e di persone che non si accontentano delle storie distorte, si sono affacciati in chiese e musei a cercare il pezzo della “loro” storia, quella vera, a trovare indizi di libertà culturale, guidati dai libri. Secondo Quiiky, primo tour operator italiano gay friendly, era ora che si uscisse da questa ghettizzazione per un’apertura pluralista, non solo letterata. “The untold history”- questo il nome dei tour Quiiky– segna il cambiamento. Non viene più omesso un aspetto così rilevante della vita di alcuni artisti e si guarda a tutto da un nuovo punto di vista, senza forzature. Qualcuno finalmente ha avuto il coraggio di dire ad alta voce che Michelangelo era gay,
e non è un fatto di pruderie o un pregiudizio verso l’ovvio. Michelangelo amava uomini come dimostrano le sue poesie appassionate. Per questo secondo il suo canone le donne ritratte nella Sistina sono massicce e scultoree, con corpi maschili. Per questo un Cristo possente coinvolge nel vortice della salvezza una coppia di uomini che si baciano in Paradiso. E prima di Michelangelo non è che i gay non esistessero in arte. Ci si rifugiava a cercare i San Sebastiano, icona di bellezza efebica. Uno stile che ritroviamo nella ritrattistica di Leonardo. La concezione di Bellezza di Da Vinci si esprime infatti nei tratti androgini, quasi femminili di Salaì, che ritroviamo nel ritratto di Giovanni Battista, e nel San Giovanni che siede alla destra del Cristo nel Cenacolo. Figlio prediletto nell’Umanesimo, Leonardo concepisce l’omosessualità come un rapporto fra filosofo e allievo, protettivo ed erudito. Caravaggio, bisessuale, all’opposto, prendeva le prostitute e ne faceva Madonne con i piedi zozzi di terra; prendeva i suoi “ragazzini” da postribolo per farne giovani San Giovanni nerboruti e imberbi. Il genio prediletto dai ragazzi gay resta però Michelangelo, per i suoi tormenti interiori tra
lo spirito e la fisicità che sono propri della giovinezza. Gli stessi che l’artista trasferì sui corpi dei suoi dipinti. Una pittura scultorea, dalla carne come pietra toccata dal divino, dall’amore. Quell’amore terreno che Michelangelo rivolse a Tommaso dei Cavalieri, giovane nobile romano per cui scrisse molte poesie meravigliose. La stessa omosessualità poneva gli artisti in una sintesi tra maschile e femminile, tra cielo e terra, tra carne e spirito, e tra quello che per gli altri era tenebra e per loro rappresentava invece una luce elettiva. E in alcuni casi, uno come Michelangelo, con un Papa come Giulio II, sapeva che poteva alla fine permettersi di “osare”, uscire allo scoperto, persino nella Cappella Sistina. Questo perché Giulio II all’alba del 1500 se ne fregava dell’omosessualità di Michelangelo: per lui era un genio. E questo dovrebbe essere anche per noi. Non dovremmo attribuirgli amori femminili: era gay, orgoglioso di esserlo, e al Papa non dava nessun fastidio. Il Papa aveva quell’apertura che a Milano, per altri versi, trovavamo alla corte Sforza. E oggi? Sembra incredibile che quando persino il Papa abbraccia una persona transessuale e dice “chi sono io per giudicare?” cinquecento anni dopo, ci sia invece qualcuno che si pronto a emettere sentenze.