IL GENDER NELLE SCUOLE: SÌ O NO?
Non mi sono ancora fatto un’idea personale. Credo ci sia bisogno di una riflessione pacata e attenta sugli aspetti legati alla crescita dei minori. Tuttavia ho voluto condividere delle riflessioni sull’argomento con voi nella speranza di stimolare ulteriormente il dibattito. Mi capita spesso, dai trenta anni in avanti, di analizzare la mia infanzia, ripercorrendo con la mente momenti in cui avevo vissuto dei veri e propri conflitti interiori restando in preda della più profonda confusione sul chi fossi davvero. E pensare che prima di questa età, avevo sempre scambiato queste emozioni per una sofferenza, quasi fisiologica, legata all’adolescenza. Avevo nascosto a me stesso a cosa fosse legata. Credevo di essere stato in fondo fortunato avendo vissuto l’omosessualità in modo alquanto sereno. Solo andando avanti negli anni, prendendo sempre più coscienza di me e del mio “io” più profondo, ho compreso quale fosse stata la vera dimensione emotiva che mi aveva afflitto per molti anni.
Ricordo che soffrivo molto per quelle forti pulsioni ed attrazioni, che nell’età adolescenziale sono spesso amplificate, e che non riuscivo in nessun modo ad incasellare in uno di quegli stereotipi che la cultura sociale ci ha sempre imposto, inseguitrice di questa necessità spasmodica di attribuire ad ogni cosa dei criteri e delle regole ben definite. Per cui, nella mia mente, inconsciamente, io vivevo negli schemi e non appena ne uscivo mi sentivo perduto: il rosa era femmina ed il celeste era maschio – un uomo poteva amare una donna o viceversa, ma non era ammessa alcun altra combinazione, per cui non mi rendevo conto, perché nessuno me lo aveva spiegato, che quella pulsione per un altro adolescente del mio stesso sesso fosse una pulsione più che “naturale”. La mia cultura non comprendeva cosa fossero queste emozioni e quindi spesso, al fine di dargli una qualunque spiegazione logica, le confondevo con sentimenti di profonda ammirazione per il compagno di classe o l’amichetto della piscina, ma così non era. Solo oggi mi rendo conto di come sia stato difficile per quel bambino vivere quella condizione. Quando capisci ogni giorno di più su te stesso ti senti spaesato comprendendo di non appartenere a nessuna delle categorie che la società ha previsto. Ognuno affronta queste situazioni in maniera diversa, forte o meno del proprio carattere e dell’ambiente sociale che lo circonda. Ma un aspetto credo caratterizzi tutte le persone che vivono questa situazione, anche quelle apparentemente più forti: è il fatto di crescere e vivere con la consapevolezza inconscia di essere “diversi”. Ed è inutile nasconderlo. Il “diverso”, qualunque sia lo sforzo che la società possa fare per integrare le diversità, ad oggi resta sempre e comunque “diverso”. Chissà se, nel rispetto della psicologia dei più deboli, non sia davvero importante aiutare i bambini nelle scuole a prendere più facilmente consapevolezza di sé. Non lasciarli soli in preda ai dubbi. E come farlo se non insegnando loro cosa è realmente il mondo. In fondo parlare delle varie sfumature dell’amore non credo possa influenzare l’orientamento sessuale del minore. A meno che non crediamo che, siccome esiste nella vita il colore rosso e abbiamo imparato a conoscerlo fin da bambini, allora per questo alcuni di noi lo ritengono il proprio colore preferito.