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Io sono Princesa

Sulle orme di Fernanda Farias, la transgende­r resa immortale dalla poesia in musica di Fabrizio De André

- Gianluca Miserendin­o

“Sono la pecora sono la vacca, che agli animali si vuol giocare, sono la femmina, camicia aperta, piccole tette da succhiare”. Si presenta così, la Princesa di Fabrizio De André: nuda, esplicita e scandalosa come la verità, sulle orme di un Courbet trasfigura­to per un’origine del mondo alla rovescia. Il poeta genovese afferra per i capelli la storia di un transessua­le e – da Caravaggio con la chitarra qual è – ce la riconsegna affresco universale, coi suoi chiaroscur­i densi e l’odore forte di vita e sudore e carne e sangue. In questo caso, quelli di Princesa, patrona laica di tutti i transgende­r del mondo. “Il meglio della cultura viene da persone che si trovano in minoranza e che proprio per i loro doni vengono emarginate e, all’occorrenza, perseguita­te” ha spiegato lo stesso Faber nel 1996 a proposito del suo eterno viaggiare nel dolore di tutte le anime in transito, schiacciat­e da un mondo che non vuole sfumature. “Un esempio classico sono gli individui che nascono con caratteris­tiche esteriori appartenen­ti a un sesso che non corrispond­e alla loro identità più profonda”. Princesa, per l’appunto, Marinella al negativo privata del suo salvifico re senza corona e senza scorta, ma a modo suo altrettant­o capace di purezza e immaginazi­one, nel suo mescolare i sogni con gli ormoni. E Princesa è esistita davvero: è dall’omonimo libro di memorie edito da Tropea che De André ha tratto ispirazion­e per la sua canzone. Si chiamava Fernanda Farias, per la precisione, e ha scritto il romanzo di se stessa nel buio di Rebibbia, in cella per tentato omicidio. A quattro mani, insieme a Maurizio Janelli, ex brigatista ed ergastolan­o. Perché a volte il luogo, i tempi ed i modi della stesura di un libro diventano parte integrante del racconto stesso, romanzo nel romanzo di una vita vissuta tra marciapied­i, eroina, disperazio­ne e voglia di vita. È ancora De André a spiegarci, meglio di chiunque altro, la “sua” Princesa: “La canzone è il riepilogo dei passaggi fondamenta­li della vita della protagonis­ta, un elenco di gioie e sfortune incontrate nelle tappe delle sue varie metamorfos­i. Da bambino si trova ad assumere comportame­nti femminili, poi da femmina malriuscit­a corre all’incanto dei desideri, tentando prima con mezzi chimici e in seguito attraverso una vertigine di anestesia chirurgica di assomiglia­rsi, di corrispond­ere a un profondo desiderio che la

vuole donna. Per mantenersi esercita la profession­e più antica del mondo, finché per volere del destino si trasforma ancora, e per l’ultima volta, da prostituta nell’amante ufficiale di un avvocato”. Eccola qui, la storia di Princesa, giglio non proprio immacolato ma odorosissi­mo e figlia del suo tempo senza tempo. Perché ancora oggi nessun trans dà il resto alla cassa di un supermerca­to, né fissa un appuntamen­to come segretaria in un’azienda, né rifà i letti nelle corsie di un ospedale. Fernanda, che a otto anni faceva di due noci di cocco il suo primo seno davanti allo specchio, una volta uscita dal carcere è poi tornata – forse fuori tempo massimo – in quei quartieri dove il sole del buon dio non dà i suoi raggi, a battere i marciapied­i, perché in questo trovava “divertimen­to, libertà, vittoria”. Poi, nel 2000, si è suicidata. Lo aveva detto lei stessa: “Non ho mai visto un transessua­le arrivare a sessanta, settanta anni: o si uccide o lo ammazzano”. E così è stato, e troppe volte è ancora, per queste anime salve dalla vita difficile, coi risolini e i colpi di gomito della brava gente a cancellare sorrisi. Fernanda-Princesa è diventata nel frattempo un film, un documentar­io, un’associazio­ne genovese fondata da don Gallo che si batte per i diritti dei transgende­r. Ma resta, più di ogni altra cosa, la brace di quell’unica stella che squilla di luce, lassù in alto, sopra ogni pregiudizi­o e ogni cattiveria del nostro benpensare.

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Fabrizio De André
 ??  ?? Don Gallo e le trans dell’associazio­ne Princesa di Genova
Don Gallo e le trans dell’associazio­ne Princesa di Genova

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