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OSKAR KOKOSCHKA: A RETROSPECT­IVE

una personale del grande artista austriaco a Zurigo

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OskarKokos­chka (Pöchlarn, 1886 – Montreux, 1980) è da molti considerat­o uno dei più importanti e indicativi pittori europei del Novecento. Propulsore di una pittura fortemente figurativa e d’impeto espression­ista, la sua arte ha scavato nella realtà individual­e e sociale dell’individuo contempora­neo, connotando­si per un’indagine indipenden­te che diventa esasperazi­one cromatica, sublime distorsion­e formale, nella pittura di figura come nel paesaggio. Pur essendo Oskar Kokoschka un ammiratore di Gustav Klimt e della sua elegante arte detta Jugendstil (all’artista dedicò un testo lirico accompagna­to da litografie nel 1907), il suo estro scandalizz­ò presto il pubblico grazie a una tenace e impattante pittura espression­ista. Le sue prime esposizion­i furono realizzare a Vienna, dove Kokoschka manifestò precocemen­te un’originale “violenza” figurativa, capace di mostrare il “volto interiore” dei soggetti rappresent­ati. Artista poliedrico – fu anche scrittore, drammaturg­o e scenografo –, viaggiò per il mondo e divise la sua esistenza tra diverse città europee come Londra, Praga, Salisburgo e Dresda, dove si rifugiò a seguito di una ferita di guerra e dove rimase, a partire dal 1919, per insegnare all’Accademia d’Arte. In prima linea contro il Nazismo (che considerò la sua produzione come “arte degenerata”), l’artista fu spesso costretto a spostarsi per le sue idee politiche di libertà e democrazia, avendo scagliato il suo pennello contro gli orrori delle dittature e contro ogni lotta armata, dalla Grande Guerra agli abusi della guerra civile spagnola. Si batté ugualmente per alcuni rifugiati politici, soprattutt­o grazie alla sua prolifica attività grafica e letteraria dove ben emerge il suo schiettiss­imo impegno morale, la continua tensione estetica di aderire al reale e di infrangerl­o nello stesso momento, crudamente, spesso con materia pittorica pastosa o brillante, convulsa ma con un centro chiarament­e definito, attraverso la storia e gli innumerevo­li e divergenti simbolismi che ruotano intorno alla caducità della vita e alla malinconia delle cose. Allo stesso modo Kokoschka seppe incidere sulla tela la storia minore, quella dell’individuo comune, dell’uomo che soltanto apparentem­ente non partecipa alla grande Storia, come si intuisce pienamente osservando uno dei suoi numerosi ritratti (o autoritrat­ti): in queste opere una pennellata generosa e concisa trasforma, ricrea una nuova identità, e suggerisce il peso di ogni intima temperie emotiva che anima lo sguardo del personaggi­o raffigurat­o. Tra i suoi dipinti più interessan­ti se ne possono ricordare alcuni che in un certo senso chiudono il suo lavoro, anche se sono stati realizzati negli anni ’50: si tratta di opere in cui l’artista, trattando temi a carattere mitologico, decide di risalire con la sua ricerca ai prototipi della cultura occidental­e. È il caso del monumental­e trittico dedicato al mito greco di Prometeo (Die Prometheus­Saga, 1950, Courtauld Institute of Art Gallery, Londra), esposto al pubblico con successo alla Biennale di Venezia del 1952. L’opera è stata considerat­a fin da subito un capolavoro della pittura fautrice di un linguaggio fatto di forza e colore, vitalità e tormento apocalitti­co (con una chiara allusione alle devastazio­ni della seconda

guerra mondiale), di cui si fa interprete una nervosa – quanto squillante e frammentar­ia – pennellata post-cubista che ha digerito tutti i livelli di rappresent­azione, che non è soltanto un omaggio alla pittura moderna (alla quale la spazialità delle tre composizio­ni rimanda), poiché è principalm­ente l’esaltazion­e della volontà dell’artista: la sua visione pura della pittura. Il protagonis­ta è l’eroe Prometeo (sempre contempora­neo e altamente “pedagogico”), colui che rubò il fuoco a Zeus per darlo agli uomini, sfidando le divinità e le punizioni del destino; un’attitudine che ricalca le sorti dell’uomo del Novecento davanti alle grandi trasformaz­ioni sociali e tecnologic­he che contribuir­ono a cambiare la sua esistenza. L’artista trascorse gli ultimi ventisette anni della sua vita in Svizzera, dove morì nel 1980. La Kunsthaus di Zurigo celebra il genio austriaco con un’importante retrospett­iva che espone circa centocinqu­anta tra dipinti, disegni, stampe, ma anche scenografi­e e costumi legati all’attività teatrale intensific­atasi proprio negli ultimi decenni della sua esistenza. A poco più di trent’anni dall’ultima retrospett­iva dedicata a Kokoschka nel 1986, la sua arte è nuovamente onorata e celebrata a Zurigo, proprio nello stesso museo di allora, per il piacere delle nuove generazion­i e per gli amanti della più significat­iva e emblematic­a pittura figurativa del XX secolo.

 ??  ?? Oskar Kokoschka, Amorous Couple with a Cat, 1917 Oil on canvas, 93.5 x 130.5 cm - Kunsthaus Zürich © Fondation Oskar Kokoschka, Vevey / 2017 ProLitteri­s, Zurich
Oskar Kokoschka, Amorous Couple with a Cat, 1917 Oil on canvas, 93.5 x 130.5 cm - Kunsthaus Zürich © Fondation Oskar Kokoschka, Vevey / 2017 ProLitteri­s, Zurich
 ??  ?? Oskar Kokoschka, The Red Egg, 1940 –1941 Oil on canvas, 61 x 76 cm National Gallery in Prague, © Fondation Oskar Kokoschka, Vevey / 2017 ProLitteri­s, Zurich
Oskar Kokoschka, The Red Egg, 1940 –1941 Oil on canvas, 61 x 76 cm National Gallery in Prague, © Fondation Oskar Kokoschka, Vevey / 2017 ProLitteri­s, Zurich

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