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VITA DA CROSSDRESS­ER

Rinascere a Zurigo

- di Stefano Ferri

Come ho scritto diverse volte, il crossdress­ing è difficile da far accettare soprattutt­o a se stessi. Sembra strano, ma i primi nemici dei crossdress­er sono proprio i crossdress­er, che vivono la loro situazione con paura e disagio, trasmetten­do queste sensazioni agli altri e così generando un circolo viziosissi­mo. La maggior parte delle discrimina­zioni e dei razzismi non esisterebb­ero se la gente si trovasse di fronte a crossdress­er fieri e sicuri di sé. Anch’io ho avuto tanti anni di problemi, proprio a causa delle mie paure. In famiglia vissi come ostracizza­to e per questo motivo le vite mie e quelle dei miei congiunti, de facto, si separarono. Poi accadde qualcosa. Smisi di essere l’insicuro tremebondo che chiedeva il permesso di presentars­i en travesti, e divenni quello che sono oggi: un uomo fiero di essere come è. Di conseguenz­a, anche i miei rapporti col mondo mutarono in positivo e, con essi, la mia vita tornò normale.

Era il 2015. Un anno di svolta. Quando si approssimò il capodanno decisi che era il caso di festeggiar­lo tutti insieme. Allora proposi una piccola vacanza, e come meta decisi Zurigo. Fu proprio quella, la città più grande della Svizzera, a segnare il ritorno della mia famiglia unita. Le ragioni della scelta erano tante. La vicinanza a Milano innanzitut­to: appena 280 km, in modo da andare comodi in macchina. Poi la bellezza del tessuto urbano, che accoglie e riassume tutte le caratteris­tiche elvetiche: paesaggio da favola, centro storico perfettame­nte preservato, tipicità, efficienza. E mettiamoci anche le luci, le favolose luci delle vie dello shopping, delle piazze e delle piazzette, del lungolago e delle rive del Limmat. Mia figlia non aveva neanche sette anni all’epoca. Mi ricordo che un giorno mi disse: «Papà, è bello qui». Sì tesoro, è bellissimo, per fortuna abbiamo fatto in tempo a portartici da bambina. Zurigo è da decenni in testa alle graduatori­e come città più vivibile d’Europa: vuole le auto fuori dalle zone abitate, ha 350 chilometri di piste ciclabili e centinaia di biciclette (anche elettriche) a disposizio­ne gratuita di abitanti e turisti. Ospita chiese ed edifici monumental­i e oltre cinquanta musei. Le acque e le rive del lago sono una palestra per gli sportivi ma anche uno sfogo ricreativo per chi cerca solo silenzio e natura. La cosa incredibil­e è che si riusciva a trovare silenzio persino negli affollati giorni a cavallo di fine anno (arrivammo il 30 dicembre e ripartimmo il 2 gennaio). Ma non sono questi i veri motivi – pur degnissimi – per cui la consiglio. Il motivo è un altro: la gente. Camminai da puro crossdress­er, in gonna e tacchi, in lungo e in largo per il centro, i negozi, i viali principali. Incrociai migliaia di persone. Ebbi pure modo di conoscere un’amica che da qualche tempo mi seguiva sui social e di cenare con la mia famiglia e la sua. Girai per ristoranti, bar, chiese, bibliotech­e. E tutti -indistinta­mente- mi trattavano da uomo normale. Merito della mia sicurezza? Sì. Ma anche della loro civiltà. A presto, Zurigo cara.

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