Il coming out della Macedonia
Il 29 giugno 2019 si è tenuto il primo gay pride di Skopje nella storia della Macedonia del Nord. È uno dei cambiamenti epocali ( positivi) registrati dal giovane Paese negli ultimi anni.
«Per me è stato il giorno più bello. Ad un certo punto eravamo quasi 2mila persone, tutti erano contenti e c’era un gran senso di libertà». Pavle Bogoevski, giovane attivista ed ex deputato al parlamento di Skopje, racconta con queste parole il primo gay pride della storia della Macedonia del Nord. Lo scorso 29 giugno, la capitale della giovane repubblica balcanica è stata attraversata da un lungo corteo colorato, in una manifestazione che si è svolta senza incidenti e alla quale hanno partecipato anche alcune figure politiche di rilievo.
Per la Macedonia del Nord, si tratta di un altro evento epocale, dopo che negli ultimi anni, il paese ha visto la fine del regime di Nikola Gruevski (il Primo ministro al potere dal 2006 al 2016, scappato in Ungheria nel 2018 per sfuggire alla giustizia) e ha risolto una controversia con la Grecia durata quasi trent’anni (la repubblica ha cambiato nome a livello internazionale: da FYROM è diventata Macedonia del Nord). «Vedere tante persone al gay pride mi ha riempito di orgoglio, perché cammina
vano senza paura», ricorda Bogoevski. Attivista e politico poco più che trentenne, Pavle Bogoevski ha attraversato tutte le tappe che hanno portato all’organizzazione del primo gay pride in Macedonia. Dalla «settimana dell’orgoglio» del 2013 (durante la quale il centro LGBTQ fu prima preso a sassate e poi incendiato) alla formazione della «Rete nazionale contro l’omofobia e la transfobia» nel 2014. Nel 2016, poi, ricorda Bogoevski, «gli attivisti LGBTQ sono stati in prima fila nelle manifestazioni che hanno portato al cambio di governo».
Il 2016 è stato l’anno del cambiamento per la Macedonia. Dopo dieci anni di governo, il Primo ministro conservatore Nikola Gruesvki è stato travolto dagli scandali. Si è scoperto, tra le altre cose, che il suo esecutivo aveva intercettato le telefonate di 20mila cittadini (tra cui anche l’ambasciatore italiano). Sono seguite delle proteste di piazza e infine una mediazione tra governo e opposizione che si è risolta con delle elezioni anticipate, vinte dal partito socialdemocratico. Finito sotto inchiesta per diversi capi, Gruesvki è scappato in Ungheria.
In questo contesto, la Macedonia ha registrato dei progressi notevoli su molti dossier, tra cui quello della tutela dei diritti LGBTQ, su cui la giovane repubblica ex jugoslava, indipendente dal 1991, aveva ancora molto da fare. Skopje aveva infatti depenalizzato l’omosessualità appena nel 1996 (e dopo pressioni internazionali), mentre altri paesi della regione - come la Slovenia, la Croazia o il Montenegro - lo avevano fatto ancora nel 1977. Mancava poi una legge contro le discriminazioni sessuali e di genere. Ci si è arrivati nella primavera del 2019.
Oggi, il paese rimane ancora uno dei peggiori in quanto a diritti LGBTQ secondo la classifica di ILGA-Europe (anche se fa comunque meglio dell’Italia), ma il primo gay pride ha marcato una tappa importante. «Penso si possa dire che il gay pride è stato il momento più felice della Macedonia negli ultimi tre anni», afferma Antonio Mihajlov, del comitato organizzativo «Skopje Pride». «Abbiamo aspettato più di un anno affinché ci fosse il contesto politico favorevole, ma il risultato è stato sopra alle aspettative», assicura Mihajlov.
Non soltanto ci sono state «quasi 2mila persone», ma ha partecipato anche la cantante macedone Tamara Todevska esibendosi con la sua ultima canzone arrivata all’Eurovision 2019 (Proud), mentre la ministra degli Affari sociali ha tenuto un discorso dal palco principale. Altri politici hanno poi sfilato tra gli attivisti, mentre «il governo ha sostenuto il gay pride comunicando sui propri social network», conclude Antonio Mihajlov, soddisfatto del risultato del primo gay pride macedone, organizzato da un piccolo manipolo di 7 persone.
Non è mancato però qualche bemolle. Non soltanto una contromanifestazione è stata organizzata da preti di varie fedi cristiane e da membri della comunità musulmana, ma a margine dell’evento c’è stato anche un attacco fisico. «Dopo la parata, uno dei nostri attivisti è stato aggredito mentre con alcune amiche faceva ritorno a Skopje dal lago artificiale che si trova poco fuori la città», racconta Antonio Mihajlov. Il ragazzo è stato picchiato al volto ma fortunatamente la polizia, che si trovava nei dintorni, è intervenuta in fretta.
Si tratta di un’eccezione rispetto a quanto normalmente registrato in Macedonia, un paese dove gli attacchi fisici alle persone LGBTQ sono rari (ne sono stati registrati sei nel periodo 2012-2014 e da allora più nulla), ma fa capire quanto sia ancora lontana una piena e serena accettazione dell’omosessualità nel paese. Per la Macedonia del Nord, che aspetta di poter iniziare i negoziati di adesione con l’Ue nei prossimi mesi, si apre comunque un nuovo capitolo della propria storia.