Dopo pranzo e a merenda
Una volta fatte le “presentazioni”, si continua con una degustazione di carattere tradizionale. Una focaccia rustica (nell’impasto c’è anche farina di mais) accompagna salumi piuttosto sapidi, come il prosciutto crudo al coltello e la salsiccia stagionata, e magari un po’ di erbette saltate. A seguire, un vassoio di bruschette è perfetto per portare in tavola i sapori d’autunno: il cavolo nero spadellato, i carciofi e il cavolfiore da gustare crudi tagliati finissimi, e le scaglie di pecorino scaldato in forno e impreziosito da una grattata di tartufo. Il tutto, naturalmente, ben condito con olio nuovo. Fatta eccezione per gli astemi, gli altri si sentano pure liberi di brindare cospicuamente... Vuoi perché i sapori sono forti, vuoi perché un buon vino è il modo migliore per riscaldarsi, vuoi per pulire il palato in attesa delle main course. Il menu, che via via si disvela nella sua anima toscaneggiante, procede infatti con una portata degna di nota e di appetito: le pappardelle all’uovo condite con un impagabile ragù in rosso con salsiccia, fegatini, pancetta, pollo, mandorle e noci. Vale veramente la pena di farne un po’ di più e congelarlo.
In un crescendo di golosità, il secondo piatto è interpretato da un gustossimo cosciotto di agnello: la carne viene forata in più punti con un coltello e in ogni incisione viene infilato un pezzetto di acciuga e un tocchetto d’aglio. Il tutto cuoce in un fondo di olio nuovo e verdurine, da frullare e utilizzare per nappare il cosciotto. Difficile spiegare la bontà di questo piatto, decisamente saporito ma anche armonico nella fusione di sapori. Per accompagnarlo, bene dei fagioli tondini (in alternativa dei cannellini o dei fagioli dall’occhio) cucinati al pomodoro e rosmarino. A questo punto ci vuole una pausa, magari due passi tra gli olivi, di certo qualche altro sorso di vino. E per distrarre il palato dalla sapidità del pranzo, occorre anche un’insalatina: pere, spinacini e raperonzoli novelli. Un insieme originale anche nel condimento, un’emulsione di olio, sale, aceto balsamico, limone, prezzemolo e aglio. Per chi non li ha mai assaggiati, vale la pena di fare un piccolo focus sui rapereonzoli, una pianta spontanea con foglie di sapore leggermente amarognolo, lunghe radici bianche di gusto delicato e fiorellini rosa. Dei raperonzoli si mangia tutto, fiori compresi, a crudo o in cottura (le radici al burro sono deliziose). In alcune regioni rientrano tra le specie protette, ma sui banchi dei mercati si trovano (dall’autunno alla primavera) quelli coltivati dai contadini.
In questo menu di grande coerenza gustativa, l’olio nuovo partecipa persino al dessert, dove sostituisce il burro in un impasto sofficissimo a base di farina di castagne. La torta che ne nasce viene poi farcita, dentro e fuori, con confettura di marroni e panna montata. Una delizia sopraffina, concettualmente imparentata con il castagnaccio, ma meno diffusa e di altrettanta soddisfazione. Per la merenda, invece, ecco un corroborante pane dolce tipico nelle campagne toscane e laziali, anche lui fatto con l’olio. Nell’impasto, un trionfo di frutta secca e canditi. Va preparato con un certo anticipo perché richiede 12 ore di lievitazione e per gustarlo al meglio andrebbe lasciato in dipensa una notte dopo la cottura. Inutile dire che è un po’ calorico, ma vale assolutamente uno strappo alla regola. Anche più d’uno...