Sale e Pepe

Brividi di gusto

IL GELATO, RE DELL’ESTATE, INTERPRETA UN’INSOLITA CROSTATA (TEATRALE E FACILISSIM­A). MENTRE LA VERDURA SI TRASFORMA IN SPAGHETTI, L’ANGURIA DIVENTA UNA TORTA E...

- Ritratto di Michele Tabozzi, foto delle ricette di Francesca Moscheni e Laura Spinelli, in cucina Antonella Pavanello

C’è sempre un posto preferito dove mangiare un gelato: un chiosco, un carretto, una gelateria. Il mio l’ho smarrito. Scherzo, oggi so benissimo dove gustare un cono o una coppetta superlativ­i, ma non posso più assaporare il gelato di “ieri”, quello che ogni anno per diverse estati ho mangiato avidamente sulla via delle vacanze. Diretto a San Sicario Torinese, oggi nota località sciistica, ieri un piccolo borgo di montagna, mio padre prima di affrontare i tornanti che portavano al Sestriere e poi ancora più su, faceva tappa a Pinerolo. Dopo aver parcheggia­to in una grande piazza, invitava me e mia madre ad aspettarlo in macchina (non ho mai capito perché) e tornava poco dopo con il cono più grande, goloso e cremoso che io ricordi. Non ho mai più assaggiato niente di così buono, o almeno credo, perché tutti i ricordi si amplifican­o con il tempo. Sono tornata a Pinerolo lo scorso autunno, dopo circa cinquant’anni, e ho provato a cercare la grande piazza dei miei ricordi, ma mi sono accorta che non avevo alcun punto di riferiment­o e che l’immagine impressa nella mia memoria era diversa dalla realtà. Chi sarà stato il gelataio? In realtà non l’ho mai conosciuto, poteva essere un ambulante o possedere una bella gelateria, ma per me era sicurament­e il più bravo. In ogni luogo c’è sempre qualcuno che ha una marcia in più. Come il pasticcier­e di Pizzo Calabro, Giuseppe di Maria, che inventò il “tartufo gelato” sessant’anni fa, o come Girolamo Caito di Marsala, conosciuto come “zi Mummino”, che negli anni ’40 divenne gelataio aprendo la “Casa del freddo” poi “Gelo bar” e “Bar moka”. Per battere la concorrenz­a inventò il “cono imperiale”, ricoperto di cioccolata fondente, la “bomba gelato”, ossia tre strati di pan di Spagna alternati a due di gelato, la “bananetta” di forma e gusto come l’omonimo frutto in versione da passeggio con lo stecco, la “fetta moka” e poi l’ultima invenzione, prima di chiudere bottega negli anni’80: un semifreddo di panna montata e meringa al gusto cioccolato o caffè con all’esterno una morbida crema al cioccolato. Alla storia invece è passata la bottega di Vito Pinto, famoso gelatiere dei Borbone, a Napoli, dove quotidiana­mente si fermava Giacomo Leopardi, ghiottissi­mo di gelati, che l’immortalò in un suo sonetto.

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Laura Maragliano

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