Sale e Pepe

Caponate e caponatine

UNA SINFONIA DI MELANZANE E ALTRI ORTAGGI CHE SI FONDE A CAPPERI E UVETTA, MANDORLE E CIPOLLE, ZUCCHERO E ACETO: NOTE OPPOSTE CHE CREANO NUOVE ARMONIE

- A cura di Daniela Falsitta, ricette di Antonella Pavanello, foto di Francesca Moscheni, styling di Patrizia Cantoni

Se la ricetta della caponata fosse attaccata a un filo e tirandolo si potesse arrivare alla sua origine, ci troveremmo in mano tanti gomitoli quanti sono i suoi diversi ingredient­i e le sue diverse storie. Quest’incertezza, comune a tanti piatti di tradizione orale, per la caponata si fa paradosso. A cominciare da quel nome, così unico e così sbagliato. Perché non fa riferiment­o a nessuna delle verdure o dei condimenti noti, né alla melanzana né all’aceto insomma, e nemmeno a zucchero o sedano, ma all’unico che non c’è: il capone, ovvero il pesce lampuga in siciliano, la cui carne asciutta si giovava, sulla tavola dei nobili, di una salsa agrodolce. Oppure alle gallette dei marinai, così poco appetitose da essere soprannomi­nate con scherno “capponi di galera”, ma che migliorava­no parecchio intinte in una salsa saporita. O, ancora, alle taverne portuali, le cauponae in latino, dove si fermavano i marinai. Di certo c’è che la caponata deriva da un piatto marinaresc­o per eccellenza. Un piatto di cose varie, ma con il pesce tra gli ingredient­i principali, melanzane, olive e capperi solo tra i secondari. Come sia accaduto che i secondi abbiano scalzato il primo non è chiaro. Forse fu la solita creatività dei poveri che fece risparmiar­e su polpi, scampi e aragoste e aumentare la dose delle melanzane e delle cipolle. Fino ad accorgersi che, insieme ad aceto e zucchero, bastavano a dare quell’incredibil­e sapore. E anzi ne avanzava, tanto da potervi intingere molto pane e soddisfare di gran lunga gusto e fame.

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