Polpetti alla luciana
UN GRANDE CLASSICO DELLA CUCINA NAPOLETANA, ELOGIATO ANCHE DAL GRANDE EDUARDO
Luciana non è l’ipotetica creatrice, come si potrebbe pensare, di questo tradizionale piatto della cucina partenopea. Il nome si riferisce al borgo marinaro di Santa Lucia, nei pressi di castel dell’ovo, e ai suoi abitanti – i luciani, appunto – per lo più pescatori che catturavano i “purpetielle” all’interno di anfore. Veraci e saporiti, venivano gustati in modo semplicissimo: lasciati cuocere lentamente, senza aggiungere acqua (perché il polpo deve cuocere “nell’acqua sua”, come insegna il proverbio), poi accompagnati da freselle intinte nel loro brodetto.
Per una temperatura dolce e costante durante la cottura, veniva utilizzato il “pignatiello”, ovvero una casseruola di terracotta, coperta da un panno umido, sigillata dal coperchio, che non andava levato, per trattenere il vapore. Metodo ingegnoso, che assicurava polpetti morbidissimi, rimasto sostanzialmente lo stesso. Nel tempo, invece, la ricetta si è arricchita di varianti che cambiano di famiglia in famiglia, come sempre accade per le ricette tradizionali. Si possono utilizzare i prelibati pomodorini “al piennolo” vesuviani, preferiti dai napoletani per sughi di sapore intenso; oppure i pomodori San Marzano, privati della buccia e a pezzi, o passati per ottenere un sugo fluido e cremoso. Per bilanciare il gusto dolce acidulo dei pomodori, possono intervenire capperi e olive, amarognoli e profumati. Per l’ingrediente principe - i polpetti - sono da preferire quelli veraci (ovvero, di scoglio), più pregiati e saporiti dei “sinischi”, che vivono sui fondali, riconoscibili per una sola fila di ventose sui tentacoli. Il tempo di cottura dei polpetti varia a seconda della grandezza: dopo i primi 20 minuti, il suggerimento è di controllarli punzecchiandoli con una forchetta, per non rischiare che diventino stopposi.