Sale e Pepe

Di cuochi e marinai

STORIA DI UNA ZUPPA DI COZZE (E DEL GRANDE UOMO CHE LA INVENTÒ). E POI TUTTO QUELLO CHE OCCORRE PER PREGUSTARE IL SAPORE DELLE VACANZE

- Laura Maragliano

La zuppa di cozze dello chef marinaio Ferrer Manuelli e idee per approfitta­re della bella stagione

Questa è la storia di un uomo che amava il mare e non riusciva a rimanerne distante. Nato mozzo, poi diventato cuoco di bordo e poi ancora uno dei pochi cuochi famosi in Liguria, diceva sempre: “Sul mare ho patito freddo, caldo, sonno, fame e nostalgia. Sul mare ho buscato botte, ho fatto naufragio e se ci penso bene ho più di un motivo per odiarlo. Eppure non posso stargli lontano più di tre giorni”. E dal mare Ferrer Manuelli ha tratto ispirazion­e per la sua cucina, “e che cucina”, ha scritto Veronelli, “un occhio al mare e uno alla terra, ha in sé la storia del suo popolo che ama il mare almeno quanto lo teme e lo rispetta e si contende tra le cotture semplici e dirette dei pesci e quelle altrettant­o semplici e dirette ma più pazienti delle carni e delle verdure”. Quando nel 1956 Ferrer decise di trasferire il suo locale da Loano a Borghetto Santo Spirito si giustificò: “A Loano ero troppo lontano dal mare”. Così gran parte della sua vita di ristorator­e si è svolta nel giro di 30 chilometri: quelli che separano Loano, Borghetto e Spotorno, sede successiva del suo locale. Eppure Hemingway avrebbe voluto portarlo negli Stati Uniti, un armatore greco gli propose di trasferirs­i ad Atene e un ministro italiano di aprire un locale a Roma. Diventato famoso con trasmissio­ni televisive degli anni ’70 come “Colazione a studio 7”e “A tavola alle 7”, Manuelli ha cavalcato gli anni del boom economico senza arricchirs­i. I clienti con cui non aveva empatia non tentava di tenerseli e nel suo locale campeggiav­a una frase di Veronelli “lascia ti serva lui come ti ispira”, perché da Ferrer non c’era lista, stabiliva lui cosa avresti mangiato. Il fisico Giovanni Tonzig ne fa un bel ritratto: “Grande, grosso, rosso, le mani enormi, il camicione a fiori aperto sul petto villoso, il naso adunco, i riccioli sul collo, la voce cavernosa, possente: sarebbe andato bene per un film su Polifemo. Vederlo in azione nella grande cucina del ristorante era uno spettacolo: il miglior antipasto”. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo Ferrer, ma di lui ho solo un libro, “Pesto e buridda”, il racconto di una vita e 100 ricette tra cui la favolosa zuppa di muscoli che vi propongo. Michelange­lo Antonioni e Monica Vitti ebbero occasione di mangiarla prima di girare “L’avventura”. La Vitti la definì divina e il regista la giudicò “il miglior omaggio reso da un artista della cucina alle esigenze dei palati raffinatis­simi”.

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