Sale e Pepe

Memorie di viaggio

PAESAGGI CHE RIMANGONO NEGLI OCCHI PER BELLEZZA E IL PROFUMO INTENSO DI UN DOLCE CONTADINO, CON LA BONTÀ DELLE COSE SEMPLICI E GENUINE

- ritratto di Michele Tabozzi, foto delle ricette di Felice Scoccimarr­o, in cucina Claudia Compagni

Paesaggi unici e assaggi gourmand evocano la semplice bontà di un dolce contadino

Sono stata in Alto Adige molte volte; la prima, circa trent’anni fa, alla scoperta della Valle Aurina: una delle zone più autentiche e belle di tutta la regione. Ho percorso la Val Venosta in lungo e in largo: indimentic­abili il piccolo gioiello di Glorenza e il campanile immerso nel lago Resia, ma anche la mia curiosità, che mi ha portato sui sentieri di Solda per vedere (senza riuscirci) gli yak di Reinhold Messner. Ho valicato, naturalmen­te in auto, il Passo dello Stelvio con il cuore appeso al ricordo delle innumerevo­li volte che è stato tappa del Giro d’italia e non mi sono fatta mancare una visita all’elegante Merano. Di San Vigilio di Marebbe ricordo uno splendido Natale, un terribile freddo (-22°) e il magnifico panorama alpino dal Plan De Corones; soprattutt­o, ho ancora impressa negli occhi la bellezza del parco naturale di Fanes-senes Braies. Ho raggiunto Dobbiaco e ammirato le Tre Cime di Lavaredo e mi sono spinta sino a San Candido dove, poco dopo, l’italia lascia il posto all’austria. Innumerevo­li le passeggiat­e sull’altipiano dello Sciliar, memorabile una in particolar­e quando una mucca al pascolo aveva deciso di adottare i miei figli e imperterri­ta li aveva seguiti per tutto il percorso con amorevoli attenzioni. Vipiteno, Bressanone, Brunico e Bolzano le ho visitate tutte, ho passeggiat­o sotto i loro portici, ammirato gli eleganti negozi e naturalmen­te fatto acquisti. Non si può tornare dall’alto Adige a mani vuote: formaggi, speck, l’eccellente vino ma anche patate e altre verdure. E poi il pane: come andarsene senza una piccola scorta ? Sono riuscita a comprare un cappotto in loden nella famosa fabbrica Moessmer di Brunico, ho fatto incetta di stampini per biscotti (in tempi in cui anche a Milano non era facile trovare una vasta scelta) e naturalmen­te di libri di ricette e mi sono innamorata di un orologio a cucù che ancora oggi segna le mie giornate. In una scatoletta ho i miei piccoli trofei: una spillina per ogni rifugio raggiunto. Ce n’è una in particolar­e guadagnata in una giornata di bufera (sempre per cercare gli yak) dove l’acqua e il brutto tempo mi hanno colto impreparat­a: ma, aperta la porta del rifugio, un profumo intenso di dolce mi ha riparato l’anima. Dopo una fetta di strudel appena sfornato, ho assaggiato lo Scheiterha­ufen, un nome impronunci­abile (tradotto vuol dire “rogo” o “pira” perché fatto a strati come le cataste da incendiare) per un dolce contadino buonissimo: pane, mele, uvetta, zucchero e cannella. Nulla di più. La bontà appartiene alle cose semplici e genuine, e in Alto Adige lo sanno.

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Laura Maragliano

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