Memorie di viaggio
PAESAGGI CHE RIMANGONO NEGLI OCCHI PER BELLEZZA E IL PROFUMO INTENSO DI UN DOLCE CONTADINO, CON LA BONTÀ DELLE COSE SEMPLICI E GENUINE
Paesaggi unici e assaggi gourmand evocano la semplice bontà di un dolce contadino
Sono stata in Alto Adige molte volte; la prima, circa trent’anni fa, alla scoperta della Valle Aurina: una delle zone più autentiche e belle di tutta la regione. Ho percorso la Val Venosta in lungo e in largo: indimenticabili il piccolo gioiello di Glorenza e il campanile immerso nel lago Resia, ma anche la mia curiosità, che mi ha portato sui sentieri di Solda per vedere (senza riuscirci) gli yak di Reinhold Messner. Ho valicato, naturalmente in auto, il Passo dello Stelvio con il cuore appeso al ricordo delle innumerevoli volte che è stato tappa del Giro d’italia e non mi sono fatta mancare una visita all’elegante Merano. Di San Vigilio di Marebbe ricordo uno splendido Natale, un terribile freddo (-22°) e il magnifico panorama alpino dal Plan De Corones; soprattutto, ho ancora impressa negli occhi la bellezza del parco naturale di Fanes-senes Braies. Ho raggiunto Dobbiaco e ammirato le Tre Cime di Lavaredo e mi sono spinta sino a San Candido dove, poco dopo, l’italia lascia il posto all’austria. Innumerevoli le passeggiate sull’altipiano dello Sciliar, memorabile una in particolare quando una mucca al pascolo aveva deciso di adottare i miei figli e imperterrita li aveva seguiti per tutto il percorso con amorevoli attenzioni. Vipiteno, Bressanone, Brunico e Bolzano le ho visitate tutte, ho passeggiato sotto i loro portici, ammirato gli eleganti negozi e naturalmente fatto acquisti. Non si può tornare dall’alto Adige a mani vuote: formaggi, speck, l’eccellente vino ma anche patate e altre verdure. E poi il pane: come andarsene senza una piccola scorta ? Sono riuscita a comprare un cappotto in loden nella famosa fabbrica Moessmer di Brunico, ho fatto incetta di stampini per biscotti (in tempi in cui anche a Milano non era facile trovare una vasta scelta) e naturalmente di libri di ricette e mi sono innamorata di un orologio a cucù che ancora oggi segna le mie giornate. In una scatoletta ho i miei piccoli trofei: una spillina per ogni rifugio raggiunto. Ce n’è una in particolare guadagnata in una giornata di bufera (sempre per cercare gli yak) dove l’acqua e il brutto tempo mi hanno colto impreparata: ma, aperta la porta del rifugio, un profumo intenso di dolce mi ha riparato l’anima. Dopo una fetta di strudel appena sfornato, ho assaggiato lo Scheiterhaufen, un nome impronunciabile (tradotto vuol dire “rogo” o “pira” perché fatto a strati come le cataste da incendiare) per un dolce contadino buonissimo: pane, mele, uvetta, zucchero e cannella. Nulla di più. La bontà appartiene alle cose semplici e genuine, e in Alto Adige lo sanno.