Una questione di frollatura
Al sangue, ben caramellata in superficie, tenera ma non cedevole al morso: una buona tagliata, quando la incontri, resta nella memoria. A rendere così succulenta una preparazione apparentemente semplice, è l’incastro millimetrico di alcuni fattori. La materia prima innanzittutto: una tagliata da manuale richiede un ottimo controfiletto di manzo, o altri tagli di primissima qualità: la fesa, la noce o lo scamone. Ma per una cottura tanto priva di fronzoli, è la frollatura a costituire la variabile più importante. Quando è sottoposta a questo procedimento in modo accurato, la carne migliora sensibilmente sia la tenerezza che il sapore, due qualità che cambiano radicalmente il risultato finale. Per i produttori il prezzo da pagare è alto: la frollatura infatti determina una riduzione del volume e del peso della carne, senza contare la necessità di tempo e di celle frigorifere adeguate. Tant’è che il passaggio viene spesso ridotto al minimo. Puntare su macellai di fiducia ma soprattuto mettere in conto un investimento economico sembra quindi l’unico modo per procurarsi un controfiletto frollato ad arte. A questo punto non manca che metterla sulla griglia o la piastra di ghisa. Fermi tutti: lo sbalzo di temperatura dal frigo al fuoco indurirebbe la carne che invece deve attendere un’ora a temperatura ambiente. Un’ultima sosta va fatta appena dopo la cottura, posando la carne sul tagliere di legno avvolto in alluminio per pochi minuti: i liquidi si distribuiranno con uniformità rendendola più succulenta. Sale, pepe ed è pronta per il taglio.