A tutto tonno
Se non ci si vuole allontanare troppo da Favignana paese, c’è infine la Praia, una lunga spiaggia dorata che finisce davanti alle architetture superbe dello Stabilimento Florio. Simbolo del dna isolano, il mega edificio è uno straordinario esempio di archeologia industriale, una delle tonnare più belle di tutta la Sicilia. Per secoli ha custodito macchine per la lavorazione del tonno, attrezzature per la pesca, vascelli in legno e ora ospita un museo con installazioni multimediali, un antiquarium, una raccolta di scatti, in prezioso bianconero, dei grandi maestri della fotografia (Salgado e Scianna, tra gli altri), video-installazioni per ricordare che per secoli il nome di Favignana è stato legato alla pesca e alla lavorazione del tonno. Proprio questo pesce, nelle sua varietà rosso, alalunga e palamita, è il mattatore dei menu isolani che inevitabilmente raccontano le lunghe dominazioni arabe e spagnole. Le massaie egadine lo preparano ai ferri, in agrodolce, in polpette, in involtini, crudo, con patate, stufato, fritto, ammuttunato (imbottito di cacio cavallo e aglio, menta e poi fritto) o ridotto a ragù per insaporire le busiate (la pasta fresca locale). Le regine di questo mare, le aragoste, che si avvistano anche nei bassi fondali, entrano nella preparazione di un piatto signorilmente povero, le frascatole. Un tempo si ottenevano riutilizzando parti della semola del cùscusu mal lavorate (“mal incocciate”). Oggi si preparano “incocciando” la semola grossolanamente e unendo un po’ di farina. Ma soprattuto si insaporiscono cuocendole nel brodo di pesce impreziosito dall’aragosta.