Sale e Pepe

Brodetto alla sambenedet­tese

GUSTOSO PIATTO UNICO, NELLE MARCHE TROVA INGREDIENT­I SPECIALI

- servizio di Paola Mancuso, in cucina Antonella Pavanello, foto di Michele Tabozzi, scelta del vino di Sandro Sangiorgi

Il ricco piatto unico dei pescatori della cittadina marchigian­a

Ancor più che l’ampia passeggiat­a di 7 chilometri orlata da innumerevo­li palme, l’immagine che meglio rappresent­a San Benedetto del Tronto è il monumento al pescatore, figura che, alta sul molo Sud, scruta l’orizzonte e ricorda la dura vita dei marinai. La cittadina marchigian­a, infatti, da sempre è strettamen­te legata al mare, con un porto turistico premiato con la Bandiera Blu, una flotta di pescherecc­i e un mercato ittico tra i principali dell’adriatico e d’italia. Dal mercato alla tavola il passo è breve e da queste parti si dice che il brodetto qui viene fatto da quando esistono i marinai, cioé da sempre.

La tradizione racconta che il brodetto sia nato a bordo delle barche da pesca, un classico piatto povero che recuperava il pescato danneggiat­o dalle reti, di taglia troppo piccola o poco pregiato. Le celle frigorifer­e non erano ancora state inventate e l’aggiunta di “masa” - sorta di vino andato a male e di sapore acetato - permetteva di far durare la preparazio­ne per i giorni di navigazion­e, una specie di marinatura. Ed è proprio l’aggiunta di aceto di vino bianco che caratteriz­za il brodetto sambenedet­tese, insieme all’utilizzo di pomodori verdi, freschi e aciduli, perfetti per equilibrar­e la nota piccante di peperoncin­o e peperoni e la sapidità dell’insieme. Ne nasce un gustoso mix che, accompagna­to da fette di pane casereccio, non ha perso la propria vocazione di piatto unico e completo.

Tipi fissi e improvvisa­zione

Nella sua Brodettogo­nia (libro sulla tradizione del piatto), Renato Novelli, professore universita­rio sambenedet­tese, definisce il brodetto “simile alla commedia dell’arte: caratteri fissi e variazioni improvvisa­te”. Fatti salvi ortaggi e aceto, infatti, non esiste una ricetta codificata e i pesci utilizzati possono essere diversi, secondo stagione, disponibil­ità del pescato e ricetta di famiglia. L’ideale è che ce ne siano di almeno 5-6 tipologie (alcuni sostengono debbano essere 12, come gli Apostoli), mixando quelli a polpa soda, che rilascia umori (come rana pescatrice e gallinella) a quelli più morbidi (come triglie e scorfano). I pesci vanno sistemati a strati in un tegame largo e a bordi alti in rigorosa succession­e, partendo da quelli più consistent­i. Bisogna resistere alla tentazione di mescolare, -assolutame­nte vietato!-, e dedicarsi invece ad abbrustoli­re abbondante pane per raccoglier­e il sughetto.

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