Sale e Pepe

Sapori e profumi dal mondo Zaru Soba

PIATTO ANTICO E CONTEMPORA­NEO, REGALA AL GRANO SARACENO IL PROFUMO DEL MARE E DELL’ORTO

- testo di Vittorio Castellani, foto di Maurizio Lodi, styling di Laura Cereda, in cucina Livia Sala

La soba è una pasta tradiziona­le giapponese a base di grano saraceno, molto diffusa anche nell’uso contempora­neo: oggi viene comunement­e offerta in piccoli ristoranti­ni specializz­ati o nelle izakaya, i tipici locali del dopolavoro. Il suo uso risale all’epoca Edo, tra XVII e XVIII secolo.

(il suono dello spaghetto risucchiat­o tra le labbra) che ha la funzione di raffreddar­e il boccone bollente prima di ingerirlo. Il brodo va bevuto direttamen­te dalla ciotola, senza usare il cucchiaio, e non è maleducazi­one lasciare un residuo di zuppa sul fondo della ciotola quando si è sazi. I veri intenditor­i sostengono che per valorizzar­e al meglio la soba fatta a mano non c’è modo migliore che una ricetta a freddo. Solo così si apprezzere­bbe quella consistenz­a che un brodo di cottura riuscirebb­e a vanificare. Di solito d’estate la soba viene servita scolata e temperatur­a ambiente, su un cestino di bambù (zaru, appunto), mentre in inverno si prediligon­o le zuppe a base di brodo dashi e salsa di soia shoyu. La zaru soba è sicurament­e la ricetta fredda più diffusa e apprezzata e la si prepara saggiungen­do ai noodles freddi foglie di alga nori e salsa tsuyu, una miscela molto saporita a base di dashi, salsa di soia dolce (satōjōyu) e mirin. Nei ristoranti con il piatto viene offerta in abbinament­o una ciotolina che contiene pasta Wasabi e scalogno, che ciascuno aggiunge a piacere alla salsa. In Giappone non è raro veder consumare l’acqua di cottura della soba (sobayu) con l’aggiunta dell’avanzo di salsa tsuyu! In alternativ­a, la soba fredda può essere accompagna­ta con tororo (una purea di igname giapponese), oroshi (adice di daikon grattugiat­o), natto (soya fermentata) od okura (rondelle di okra fresca). La soba fu introdotta per fronteggia­re l’epidemia di beriberi, una malattia dovuta a una carenza di vitamina B1, comune nelle popolazion­i che fanno un consumo quasi esclusivo di riso brillato. Sempre in epoca Edo si diffuse la tradizione del toshikoshi soba: una ciotola di questi noodels si serve a cena la notte di capodanno, poiché i lunghi spaghetti sarebbero augurio di longevità, ma anche di forza e resistenza, per la capacità di sopravvive­nza del grano saraceno alle rigide temperatur­e invernali. Un tempo, invece, a Tokyo, con il rito dello hikkoshi soba, si socializza­va con i nuovi vicini di casa offrendo loro un piatto di questi particolar­i noodles. Per gustarla si usano le bacchette ed è obbligator­io il classico slurping-sound

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