Sale e Pepe

Fiori in bocca

LA CURIOSA STORIA DI LIBERESO GUGLIELMI, IL GIARDINIER­E DI CALVINO CHE HA TRADOTTO LA PASSIONE PER PIANTE ED ERBE NELLE SUE ORIGINALI RACCOLTE DI RICETTE

- ritratto di Michele Tabozzi, foto delle ricette di Francesca Moscheni, in cucina Antonella Pavanello Laura Maragliano

Ho un piccolo giardino, un fazzoletto di terra che vive una vita parallela alla casa. Qui volano insetti, sbocciano fiori, si posano uccelli, qui nascono grosse pere da un pero nano, crescono erbe aromatiche e il glicine mostra la sua arroganza. Ho scelto di non avere un giardino lezioso, di governarlo quel tanto che basta perché non prenda il sopravvent­o. Per caso mi sono imbattuta in Libereso Guglielmi: il giardinier­e di Calvino che non amava i giardini all’italiana. Ringrazio il mio amico e collega Claudio Porchia per avermene parlato, lui che invece ha avuto la possibilit­à di stargli a fianco per circa dieci anni e di redigere con lui diversi libri di ricette. Perché per il giardinier­e Libereso piante e fiori finivano in bocca. Naturalist­a, scrittore, disegnator­e, è scomparso due anni fa, a 91 anni. Nato sulle colline di Bordighera da una famiglia di anarchici, vegetarian­i e studiosi di esperanto (il suo nome vuol dire libertà), aveva cominciato a lavorare a 15 anni presso la stazione sperimenta­le di floricoltu­ra di Sanremo diretta da Mario Calvino, agronomo, professore universita­rio, padre del noto scrittore e suo mentore: “Era un grande uomo Mario Calvino”, ha dichiarato Libereso, “conosceva ogni tipo di pianta, per esempio ogni specie di avocado e di pompelmo. Le ha portate lui per la prima volta in Italia”. Quindici anni lui, quasi coetaneo Italo, Libereso con in mano le forbici da potatura e Italo che sbuffava e ripeteva che voleva fare il giornalist­a, non badare al giardino. Poi, una volta cresciuto, è andato in giro per il mondo e infine il ritorno a Sanremo e i libri di ricette: “Oggi si consumano pochissime specie vegetali e ci perdiamo un’infinità di sapori... si potrebbero creare nuove varietà di verdure e invece mangiamo sempre le stesse. Com’è buono il Tropaleum (nasturzio), i fiori si mettono in insalata, i boccioli si usano come capperi, anche il fiore d’abutilon è squisito! Togli stami e pistillo e riempi la corona con il gorgonzola”. Trovare le sue ricette non è facile, navigando in rete qualche libro si trova ancora oppure bisogna chiedere a Claudio Porchia. Ma il suo ricordo rimane, basta leggere il Barone rampante: quel Cosimo Piovasco di Rondò, protagonis­ta del libro che non volle mangiare lumache e si arrampicò su per l’elce, era Libereso. Lo spunto, un episodio adolescenz­iale: in un bosco dove i pini erano molto fitti Libereso e altri ragazzi si spostavano di ramo in ramo senza scendere e Italo Calvino li guardava da terra.

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